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Vandalizzare la Monna Lisa può essere una performance d’arte?

Ragionando sull’episodio del “vandalo della torta”

Vandalizzare la Monna Lisa può essere una performance d’arte? Ragionando sull’episodio del “vandalo della torta”
"Le Pont d'Argenteuil" di Monet dopo il pugno di Andrew Shannon (2012)
Lazslo Toth colpisce con un martello la Pietà di Michelangelo (1972)
Il Rothko deturpato da Wlodzimierz Umaniec (2014)

Ieri, al Louvre, un uomo il cui nome non è stato ancora rivelato, ha provato a vandalizzare la Monna Lisa di Leonardo da Vinci lanciando una torta contro il quadro. Dopo aver lanciato la torta, che si è ovviamente sfracellata contro la teca di vetro antiproiettile che protegge il dipinto, l’uomo ha lanciato rose intorno a sé prima di essere trascinato via dalle guardie del museo urlando delle frasi che un utente di Twitter ha trascritto: «Pensate alla Terra. Pensate alla Terra, ci sono persone che la stanno distruggendo. Pensateci. Tutti gli artisti pensino alla Terra. Ecco perché l'ho fatto. Pensate al pianeta». La vicenda ha sicuramente dei contorni grotteschi, dal fatto che l’attivista si fosse vestito da anziana signora disabile e avesse una parrucca, fino ai lanci un po’ comici di torte e petali di rose – non di meno, la lucidità del gesto, la sua premeditazione e soprattutto la chiara consapevolezza da parte del vandalo/attivista di non poter effettivamente danneggiare il quadro fanno sembrare l’intero episodio una specie di gesto performativo. L’uomo doveva sapere che la Monna Lisa non sarebbe stata danneggiata, che il suo gesto sarebbe stato probabilmente inutile – e questo perché il vero motivo del suo gesto era lanciare un messaggio, non diversamente da quell’attivista che lo scorso ottobre interruppe lo show di Louis Vuitton.

Tra le opere d’arte più famose del mondo, questa non è l’unica volta che la Monna Lisa diventa vittima di vandali. Nell’agosto del 2009 una donna russa che non aveva ricevuto la cittadinanza francese aveva lanciato una tazza di porcellana contro il quadro che, anche quella volta, si era infranta contro il vetro antiproiettile che lo proteggeva. Nell’aprile del 1974, poi, mentre il quadro di Leonardo si trovava al Tokyo National Museum una donna spruzzò contro il quadro della vernice rossa per protestare contro la mancanza di accessi per i disabili del museo mentre nel 1956, mentre l’opera era esposta a Montauban, due diversi vandali l’avevano danneggiata tirandole contro rispettivamente una roccia e dell’acido. Proprio come capitato con innumerevoli altri capolavori d’arte, dalla Pietà di Michelangelo a Guernica di Picasso, i gesti di vandalismo sono spesso dovuti all’azione di individui con problemi mentali (dopo aver danneggiato la Pietà, nel 1974, Laszlo Toth si proclamò come nuova incarnazione di Cristo) o, nella maggioranza dei casi, a gesti di protesta. Nel 1914 la suffragetta Mary Richardson tagliò la Venere di Velazquez a Londra per protestare in favore del diritto di volto alle donne, nel 1970 Il Pensatore di Rodin venne fatto esplodere a Cleveland da membri del gruppo terroristico Weather Underground in protesta verso la presenza americana in Vietnam. Un’altra categoria più trasversale include vandali/artisti che trasformano il vandalismo stesso in performance: l’uomo che nel ’74 scrisse Kill Lies All sulla Guernica di Picasso con la vernice spray urlò «Chiamate il curatore, sono un artista»; mentre nel 2014 Wlodzimierz Umaniec scrisse con un pennarello nero su un quadro di Rothko firmandosi con uno pseudonimo artistico.

Lazslo Toth colpisce con un martello la Pietà di Michelangelo (1972)
"Le Pont d'Argenteuil" di Monet dopo il pugno di Andrew Shannon (2012)
Il Rothko deturpato da Wlodzimierz Umaniec (2014)

Senza comunque voler giustificare il gesto del “vandalo della torta”, in se stesso anche abbastanza innocuo, colpisce molto la maniera in cui attivisti e artisti decidano, se non razionalmente, almeno lucidamente di vandalizzare grandi opere d’arte come forma di rivalsa sulle istituzioni. Atteggiamento esemplificato dalle parole di Andrew Shannon che nel 2012 tirò un pugno a un quadro di Monet in Irlanda per «vendicarsi sullo stato». Come si diceva, il lancio di rose e il messaggio urlato agli astanti fanno dell’episodio di ieri una specie di performance artistica – una performance abbastanza scioccante per un pubblico abituato a un tipo di arte addomesticata, inoffensiva e marketizzabile come quella presa di mira dal vandalo. Nello specifico la Monna Lisa è diventata negli anni un simbolo dello stato, delle sue istituzioni e della sua arte rassicurante e tranquillamente museificata – è contro questo stato che l’uomo ha lanciato la sua torta, o contro questo status quo, di cui la Monna Lisa è solo la più palese incarnazione.

Il gesto fa inevitabilmente riflettere su come, in fondo, grande parte della nostra arte contemporanea non riguardi tanto la creazione di icone per il futuro ma la relazione che intratteniamo con le icone del nostro passato. Ogni opera d’arte che ridisegni un personaggio iconico della cultura pop, dalla Marilyn Monroe di Andy Warhol fino ai Pokèmon di Daniel Arsham, rappresenta questo tipo di atteggiamento – eppure dalla pop art in avanti il gusto generale del pubblico ha favorito di gran lunga un’arte addomesticata e neo-bourgeois a un tipo di arte performativa assai più radicale, iconoclasta e sovversiva di cui il caso del “vandalo della torta” rappresenta forse un involontario e tragicomico esempio. E in un mondo in cui l’arte, e specialmente la sua nuova frontiera degli NFT si riduce sempre di più a veicolo di messaggi politico-sociali o a semplice asset da vendere e scambiare, un “prodotto” come un altro che deve essere solvibile prima che significativo, servirebbe forse tornare col pensiero ai tempi in cui l’arte non ci consolava, anzi, un periodo in cui il mondo della creatività aveva ancora la capacità di sferzare la consapevolezza del pubblico con la brutale sincerità dei suoi gesti eversivi.