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Come saranno gli store nel futuro post pandemico

Mai come ora e-commerce e retail fisico saranno connessi

Come saranno gli store nel futuro post pandemico Mai come ora e-commerce e retail fisico saranno connessi

La pandemia ha drasticamente stravolto lo scenario del retail, cambiando in primis l'attitudine e le abitudini del consumatore. I primi player ad essere stati colpiti sono i colossi del fast fashion: nell'ultimo anno, Bershka, Zara, Gap, Pull & Bear e Stradivarius hanno accusato un calo delle vendite negli store fisici di circa il 50%. Anche oltreoceano la situazione non è rosea, con il 25% dei centri commerciali degli USA a rischio fallimento. A causa degli store chiusi durante la pandemia la maggior parte dei consumatori ha scoperto la fluidità e la facilità d'acquisto sulle piattaforme digitali, prediligendo un "comfy shopping" in ciabatte e pigiama, lontano dal caos delle vie dello shopping delle grandi città. 

Il settore del retail fisico era in difficoltà già prima del Covid-19: con l'ascesa dello shopping digitale, molti brand e aziende pensavano già da tempo a come reinventare la propria distribuzione. Una repentina scomparsa degli store fisici rimane per ora fuori da tutti i pronostici; d'altro canto, pensare ad una netta fusione tra distribuzione digitale e fisica è un’opzione più che concreta. Una delle opportunità più in voga è quella del "BOPIS" (Buy Online Pick-up in Store), che non porterebbe solamente vantaggi per il cliente, ma anche per il retailer. Attraverso questa modalità d'acquisto omnichannel, il retailer può infatti riscontrare vantaggi nel rifornimento dell'inventario, tema molto dibattuto soprattutto in chiave sostenibilità. "Grazie" al caso Primark la pandemia ci ha lasciato un insegnamento: l'equilibrazione dello stock è - e sarà - un aspetto chiave nel mondo del retail. Il colosso irlandese a causa della pandemia - e complice una mancanza di una distribuzione omnicanale - ha accumulato circa 1.7 miliardi di euro di merce invenduta: la main challenge per piccole e grandi realtà sarà quella di implementare una gestione ottimale del magazzino, offrendo al cliente una disponibilità di pochi pezzi d'abbigliamento in store, e al contempo l'opportunità di ordinare online l'articolo a cui si è interessati. La modalità BOPIS porterebbe lo store a trasformarsi in un vero e proprio touchpoint, creando un'esperienza multicanale per il cliente, seppur ancora lontana dai canoni di interattività che molti retailer vogliono implementare. 

Se da un lato molti marchi, fashion e non, potranno cercare di offrire esperienze d'acquisto totalmente fluide - sulla falsa riga di Amazon Go e Amazon Fresh Store - dall'altro molti cercheranno di attrarre i clienti in maniera più emozionale, tentando di abituare nuovamente il consumatore all'acquisto in store. Per questo motivo, l'idea del concept store continua ad essere sotto molto dibattuta ed apprezzata per il periodo post pandemico. Un esempio arriva dalla nuova sede di Browns, la boutique luxury di proprietà di Farfetch che sta cercando di reinterpretare il significato di store. Sandrine Neveux, vice presidente esecutivo di Farfetch, ha dichiarato che dopo i grandi investimenti nel settore digital - grazie alle collaborazioni con Taobao e Vogue - il prossimo step sarà quello di offrire al pubblico una propria visione del "physical retail entertainment", con l'obiettivo di "risvegliare" un'audience non più abituata a recarsi in store, attraverso una vera e propria esperienza a 360 gradi, un viaggio multisensoriale in grado di intrattenere e coccolare il cliente. Proprio come il nuovo store parigino di Kith, Browns ha puntato alla creazione di un vero e proprio microcosmo dove la clientela, tra le varie aree, potrà decidere di sorseggiare un drink, soggiornare per una notte e assistere a mostre di artisti contemporanei. Anche South Coast Plaza - celebre store multi marca high fashion degli Stati Uniti - ha saputo dimostrarsi resiliente di fronte questa crisi. I responsabili dell'area marketing - tra cui l'executive director Debra Gunn Downing - hanno deciso di trasformare i parcheggi adiacenti ai propri megastore in suite private dove i clienti possono prendere appuntamenti e acquistare item dei marchi distribuiti, non prima di aver effettuato il pagamento online. 

L'apocalisse del retail sembra non voler fare sconti a nessuno, e l'innovazione e la creatività saranno la chiave per rilanciare piccole e grandi realtà. Se la pandemia si è imposta portando con sé uno spettro d'incertezza, in questo senso potrà invece essere una ventata d'aria fresca, che fornirà ai retailer una doppia arma per colpire il target di riferimento. L'ipotesi di una distribuzione ibrida "phygital" sarebbe in grado di appagare in particolare l’iperconnessa Gen Z, creando un loop infinito di interazioni, permettendo esperienze di consumo fluide sul marketplace del nostro brand preferito come nel negozio di fiducia dietro casa. Dimentichiamoci il digital e il fisico come due discorsi nettamente separati, perché il ruolo del negozio sarà subordinato a quello dell'e-commerce come mai prima d'ora: puntare sullo store fisico per fidelizzare i clienti e farli attivare su altri canali sembra essere un giusto binomio pronto ad essere il game changer per gli anni a venire.