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Quando Umbro dominava i campi da calcio

La collaborazione con Supreme certifica l'heritage di un marchio che ancora oggi continua ad affascinare gli appassionati di calcio e moda

Quando Umbro dominava i campi da calcio La collaborazione con Supreme certifica l'heritage di un marchio che ancora oggi continua ad affascinare gli appassionati di calcio e moda

In questi giorni Supreme ha annunciato che nella prossima stagione metterà in vendita anche delle felpe e dei palloni in collaborazione con Umbro. Non è certo la prima volta che un marchio streetwear piazza sul mercato una serie di item calcio-related, ma con Umbro, il marchio di New York promette di riscoprire un pezzo di storia dello sportswear europeo. Che vuol dire molto per la storia del calcio. 

Una volta relegato agli armadi dei nostri genitori o alle pareti dei bar sport, oggi le maglie e le giacche con i due rombi orizzontali sono tornati di moda, esaltati da un fetish ricorrente per l’estetica anni novanta frutto non solo dell’effetto nostalgia nel mondo del calcio, ma anche per un sentiment dello sportswear contemporaneo che ama dialogare con quei canoni. Il ritorno di Umbro, che adesso sponsorizza il West Ham, il Brentford, il Derby County, lo Schalke 04 e la nazionale irlandese, è parallelo alla riemersa passione per marchi mai dimenticati ma sicuramente sbiaditi, come Kappa o Ellesse. Solo che Umbro, nel calcio, è stato sempre un gradino sopra a tutti. Dagli anni Ottanta ai primi Duemila, infatti, i migliori club d’Europa (e le Nazionali di tutto il mondo), quelli che oggi vestono Nike o adidas, avevano come partner tecnico il marchio inglese. Fondato nel 1924 dai fratelli Harold e Wallace Humphrey, il suo nome nasce dall’unione di cognome e nome dei due fratelli, l’Um di Humphrey e il Bro di brothers. Poi una storia divisa fra il calcio e il rugby, sport che oggi ha vanta la maggior parte di squadre con la griffe dei due rombi.

I fratelli Humphrey iniziano a lavorare per il calcio prima e poi nel rugby e, negli anni Trenta, si aprono al grande pubblico con la prima sponsorship per il Manchester City. Produrranno, nei vent’anni successivi, in occasioni delle guerre mondiali anche divise militari per i soldati, utilizzando per le mise camouflage le stesse fabbriche impegnate per i palloni e le casacche che in quegli anni vestivano i giocatori del Blackpool, del Manchester United, del Tottenham. Nel 1958, un urlo che entra nella storia. Il Brasile vince il suo primo titolo mondiale con la maglia Umbro. Fra gli anni Sessanta e i Novanta Umbro è il brand di calcio per eccellenza. L’Ajax, il Manchester United e il City, il Chelsea, l’Arsenal, l’Aston Villa, e le italiane Inter, Fiorentina, Parma, Napoli, Lazio: tutti club che hanno vestito il design di Umbro. Un fenomeno che era talmente largo che anche realtà provinciali più secondarie erano griffate con il brand inglese. Due esempi. L’Ancona, nel ‘96 in Serie B, e anche il Cagliari durante gli stessi anni. 

In Italia la fortuna di Umbro è legata soprattutto a due realtà, Inter e Lazio. Non solo perché con il brand sulle maglie i due club vinceranno degli importanti trofei - rispettivamente Coppa Uefa e Coppa Italia -, ma anche perché in quei pattern si univano i migliori stilemi dell’estetica del marchio. Al di là dell’oversizing normale per quei tempi, i vari punti di forza erano il colletto con bottone e i template stampati sulle divise. Nel primo caso, l’esempio lo porta benissimo alcune mise dell’Inter con lo sponsor Fiorucci. Strisce nerazzurre sottili e orizzontali, con un colletto slabbrato e il logo del club cucito al centro del petto. Nel secondo, la Lazio di fine Duemila con due esempi principali: lo squarcio celeste su sfondo blu della divisa da trasferta 1994-96 e il pattern grigio melange della terza maglia di quella stagione (colletto blu e righine biancocelesti, mentre il template sembra una fantasia cubista con lo sponsor Banca di Roma al centro). Inter e Lazio definiscono al meglio il rapporto di Umbro in Italia. Nel maggio 1998, le due squadre si affrontano a Parigi nella finale di Supercoppa Uefa, entrambe griffate con il brand inglese. Il risultato premiò l’Inter grazie ad uno dei gesti tecnici più iconici di Ronaldo, il doppio passo a Marchegiani.


Ma l’Inghilterra, come si intuisce dalla biografia del brand, è il vero centro per l’azienda dei fratelli Humphrey, e in particolare, l’area di Manchester. Il sodalizio con il City è storico, molto più denso rispetto a quello con lo United, visto che i citizens hanno vestito Umbro dal ‘75 al ‘97 per poi riprenderlo in tempi più recenti dal 2009 al 2013. Mentre nell’altra metà della città, i Red Devils si sono lasciati sedurre dalla popolarità di Nike prima dei cugini citizens, ma anche loro attraverseranno il loro momento più vincente con dei kit firmati Umbro, come ad esempio quando vince la Champions all’ultimo respiro con quel gol di Solskjaer contro il Bayern Monaco. La mise total red vista nella finale di Barcellona però non è la miglior divisa del brand inglese. Il ventennio Umbro del Manchester United infatti ha proposto non tanto memorabili divise rosse, quanto molte altre casacche da trasferta e da allenamento - sempre mantenendo i punti cardinali dell’estetica del marchio. Colletto bianco, rifiniture sulla scollatura, rombi e varie figure geometriche stampate in rilievo sul pattern della maglia con colori sperimentali e insoliti.

Umbro nei Novanta aveva concentrato i suoi template su proiezioni cromatiche in stile mattone, con molto grigio, viola, sparks variopinti con tonalità accese che in quegli anni erano il codice estetico prediletto. Le divise Umbro, dalla seconda dell’Ajax a quella del Chelsea di Gullit, erano proposte con iconografie da un lato cubiste e dall’altro futuristiche, come quelli che comparivano negli spot televisivi della metà degli anni Novanta. Quelle fantasie si sono protratte per tutti gli anni Novanta definendo lo stile dentro il campo ieri e fuori dal campo oggi, continuando ad ammaliare tanto i nostalgici quanto gli hypebeast. E ora che anche Supreme ha ceduto al fascino del doppio rombo, tutti di corsa a ripescare le maglie chiuse in cantina.