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La vita per il calcio di Maurizio Zamparini

È scomparso a 80 anni l'ex presidente di Venezia e Palermo, una delle figure più controverse ed allo stesso tempo irrinunciabili della Serie A

La vita per il calcio di Maurizio Zamparini È scomparso a 80 anni l'ex presidente di Venezia e Palermo, una delle figure più controverse ed allo stesso tempo irrinunciabili della Serie A

Si è spento stanotte a 80 anni Maurizio Zamparini, uno dei personaggi che nel bene e nel male ha dominato per oltre un ventennio il calcio italiano, dopo alcune complicazioni legate a un intervento di peritonite. Ci lascia uno degli ultimi presidenti romantici del nostro campionato, animato da una passione travolgente che spesso non ha saputo fermarsi in tempo, distruggendo in una notte quanto di buono costruito nel giorno. In primis con il Pordenone Calcio, poi lasciato per tentare la scalata alla Serie A con il Venezia, acciuffata nel 1998 con Walter Novellino in panchina. Poi la lunghissima storia d’amore con il Palermo, segnata da straordinarie vette quanto drammatiche cadute, conclusa nel 2017 dopo la vendita della società rosanero a Paul Baccaglini.


Sono rimasti celebri i suoi esoneri, che si succedevano a ritmo incontrollato, e che segnavano grandi ogni volta grandi ritorni, in una giostra sulla quale ogni personaggio sembrava un attore della commedia dell’arte. Da Delio Rossi a Dario Ballardini, da Francesco Guidolin a Giuseppe Iachini, tutti ad orbitare per anni come satelliti attorno al vulcanico presidente che in Sicilia aveva trovato la sua dimensione ideale. In totale saranno 51 esoneri in meno di quindici stagioni, un record che difficilmente verrà mai avvicinato.

Ma di Zamparini rimane soprattutto il suo puro, senza filtri e quasi infantile amore per il calcio. Un'ossessione più che una passione, lontanissima dall’idea di business che domina nel calcio contemporaneo ma che nei picchi più luminosi è riuscita a trascinare intere piazze in una sorta di allucinazione collettiva. Come le due volte che il Palermo ha sfiorato la qualificazione in Champions, arrivando al quinto posto in campionato nel 2006, nel 2007 e nel 2010, solo una manciata di stagioni dopo la promozione in Serie A. Risultati semplicemente strabilianti, creati grazie all’energia e ai capitali investiti da Zamparini nella società rosanero ed alla sua intesa con Walter Sabatini, che condivideva con il suo presidente lo stesso gusto per il talento cristallino, raffinato e barocco come una cattedrale siciliana. 


Era l’epoca degli attaccanti sudamericani, di Amauri, di Edinson Cavani e di Javier Pastore, e che successivamente diventò di Abel Hernandez e Paulo Dybala. Ma anche delle grandi invenzioni di Sabatini come Josip Ilicic o El Mudo Vasquez, simboli viventi di un calcio fatto di pause e sospiri. Lo stesso che dipingeva il giocatore più rappresentativo del Venezia di Zamparini, quel Alvaro Recoba che ancora oggi nella Laguna è considerato alla stregua di San Marco. Giocatori che appartenevano forse ad un’altra epoca, fatto di tocchi di suola e ritmi compassati, la stessa nella quale ha vissuto Maurizio Zamparini. Che trattava gli allenatori come vecchie amanti ed i giocatori come proprietà personale.

Appena dopo aver comprato 
il Palermo da Franco Sensi, caricò su un pulmino 12 giocatori del Venezia, all’epoca in ritiro estivo a ​​Pergine Valsugana, e li portò a Longarone, dove invece si allenavano i rosanero. L’operazione di mercato meno ortodossa del calcio italiano, una delle tante iniziative tra genio e follia che hanno definito i contorni di uno dei personaggi più controversi, ma allo stesso tempo irrinunciabili di una Serie A che non tornerà più.