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Lo street football non é morto

Nonostante non se ne parli più molto, ecco perché non passerà mai di moda

Lo street football non é morto Nonostante non se ne parli più molto, ecco perché non passerà mai di moda

Negli scorsi giorni abbiamo riflettuto su quanta e quale sia stata l'importanza dello street football per le ultime generazioni: un occhio poco attento potrebbe trarre conclusioni affrettate e pensare che il calcio di strada abbia subìto negli ultimi decenni un rallentamento della propria diffusione, come se fosse ''passato di moda'', ma non è affatto così.

Uno dei motivi per cui siamo portati a pensarlo può essere che le trame dei commercial o dei film football-themed non raccontano più storie cominciate per strada, nei campetti di periferia o negli oratori, ma preferiscono parlare solo dei campi amatoriali, quelli terrosi, con l'erba spelacchiata e con le linee sbiadite, ma non abbastanza brutti per colpire dritti al cuore. I brand stessi non associano più la propria immagine alle partitelle in strada: lo spot della gabbia di Nike, rimasto nella storia, è di 20 anni fa; quello di Ooredoo con Messi che sfida i bambini del 2014 e quello di Nike per il lancio delle Magista Obra del 2016 sono gli ultimi due esempi di ''calcio in strada'', seguiti da una serie di adv dove la parte giocata si è vista solo nei campi a 11.

Le immagini di ragazzini che perseguono un sogno partendo dal loro quartiere delle favelas e riescono ad ''arrivare'' senza sforzi, ponendo al centro del loro viaggio il proprio talento, sono sempre meno, sostituite da quelle di giocatori con la mentalità tipicamente americana dell' ''hard work pays off'', facendo sempre meno leva sulle umili origini loro e dei campetti dove hanno segnato i primi gol, come se quel tipo di retorica legata alla povertà non funzionasse più.

Le strade vere e proprie, quelle in cui una volta si potevano mettere due felpe per terra per ricreare un campo in pochi istanti, ormai sono completamente invase dai mezzi di trasporto e quel classico ''aaaaaalt! macchina!'' diventerebbe troppo ripetitivo e spezzetterebbe troppo il gioco. E quindi noi il calcio per strada non lo vediamo più.

''Noi'' inteso come italiani, infatti è difficile portare a termine questo tipo di ragionamento senza fare delle nette differenziazioni di carattere geografico: quello che possiamo definire streetfootball si poteva svolgere in strada fino a qualche decennio fa, ma il luogo d'aggregazione per antonomasia dove questo movimento si è sviluppato negli ultimi 40 anni è l'oratorio; in Brasile sono i campetti delle favelas i centri aggregativi, in Africa sono appezzamenti di terra arida o distese infinite di erba. L'unico esempio di community streetfootballer che ha un centro nevralgico che perdura nel tempo è quella francese, radicata nei campetti delle banlieu da cui sono ''usciti'' - molto recentemente - Riyad Mahrez, Wissam Ben Yedder e Kylian Mbappé. Una relazione, quella dei francesi con i campetti, documentata nella saga ''Ballon sur bitume'', dove vengono approfondite tutte le dinamiche che portano un ragazzo a fare affidamento su questo tipo di contesto per farsi largo nel calcio e nella vita.

Forse un qualsiasi ragazzo del giorno d'oggi non ha la possibilità di riuscire ad incastrare del tempo libero nella propria routine, spinto dalla costante brama da parte dei genitori di vedere il proprio figlio eccellere in qualsiasi contesto. O, senza puntare il dito contro nessuno, magari è il figlio stesso che preferisce spendere il proprio tempo libero con FIFA 20 piuttosto che sbucciarsi le ginocchia nella realtà. Si, FIFA 20, non FIFA STREET: anche i videogiochi infatti hanno avuto un'inversione di tendenza, solo quest'anno si è ripreso con la modalità ''volta football'' che permette di giocare a futsal, ma non a streetfootball come si poteva fare con l'indimenticabile gioco prodotto fino al 2012.

Abbiamo anche provato a chiederci quale fosse il motivo che ha portato il comitato olimpico ad accogliere il basket 3vs3 tra le proprie discipline e, invece, a non prendere in considerazione il futsal né tantomeno lo streetfootball.

La prima differenza è di carattere strutturale: come detto prima, per ricreare un campetto di calcio bastano 4 felpe; le linee del campo, le reti e l'altezza di una porta che non esiste sono tutte frutto dell'immaginazione dei giocatori. Per il basket questo non può succedere perché è necessaria la presenza almeno di un canestro; 

Il calcio di strada non ha regole precise, è duttile: non serve un'area con una determinata grandezza, non serve un pallone gonfiato con le atmosfere precise, non esiste un numero predefinito di giocatori (e se una squadra ha un giocatore molto forte, gli avversari possono giocare con un uomo in più a patto che sia scarso), non esiste un limite temporale di gioco se non il ''chi segna il prossimo vince tutto'', i falli sono relativi alla soglia del dolore di chi li subisce, e così via.

Nel basket questo non può succedere perché tra infrazioni, palla che deve necessariamente rimbalzare e violenza dei falli bisognerebbe fare troppe valutazioni di carattere oggettivo, motivo per cui è qualche anno che lo streetball, pur rimanendo uno sport che si gioca sull'asfalto, ha assunto dei connotati più rigidi, tanto da essere integrato ed affiliato alle federazioni nazionali di pallacanestro di tutto il mondo, seguendo quel trend culturale cominciato nei ghetti afroamericani e cavalcato ormai dai maggiori brand di tutto il mondo, facendolo diventare un vero e proprio business.

Per lo streetfootball immaginare un'amministrazione ''dall'alto'' è pura utopia: si tratta principalmente di pick-up games, ogni quariere/paese/regione/stato ha le proprie regole etiche e neanche troppo definite, un'eventuale imposizione di rigidità significherebbe snaturare lo spirito del gioco. Lo street football non ha nulla a che vedere col global football, il calcio delle manifestazioni ufficiali, delle immagini mediatiche, dei prodotti commerciali: con il calcio di strada si forma il carattere di un ragazzo, si assumono per la prima volta le proprie responsabilità e si impara a pagare le conseguenze delle proprie azioni, si consolidano amicizie e inimicizie, si affronta la cruda realtà della vita correndo dietro ad un pallone, senza quel ''protezionismo genitoriale'' a cui le nuove generazioni si stanno adagiando.

Lo streetfootball non ha bisogno di un pubblico perché vive ancora di sogni e di immaginazione, dove vincere 10-9 contro i vicini di casa è come vincere una finale di Champions League, e gli 80000 tifosi sono solo nella propria testa.

Siamo convinti che il calcio di strada abbia vissuto un'epoca d'oro, ma non è così: il calcio di strada è l'oro; ognuno di noi attraverso questo sport ha imparato tanto ed ha immagazzinato ricordi ed esperienze personali, quelle comuni probabilmente legate a degli spot televisivi o ad una condivisione dell'esperienza a livello temporale, ma non se n'è mai andato dalla nostra vita; semplicemente, dopo averci insegnato tanto è scomparso dai nostri schermi.