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Cosa c’entra l'emoji dell'anguria con la resistenza palestinese?

Come un'emoji è diventata sinonimo di sovversione

Cosa c’entra l'emoji dell'anguria con la resistenza palestinese? Come un'emoji è diventata sinonimo di sovversione

Oggi sui social non è raro vedere l'emoji delle fetta d’anguria, utilizzata per esprimere solidarietà e vicinanza alla resistenza palestinese. Allo stesso modo, nelle numerose manifestazioni in favore della Palestina e contro la guerra tra Israele e Hamas, ripresa il 7 ottobre, è comune imbattersi in cartelli e striscioni che riportano il disegno del frutto. Ma da dove deriva questa associazione? L’anguria cresce tipicamente nella striscia di Gaza e in Cisgiordania, e i suoi colori – il rosso della polpa, il verde e il bianco della buccia, e il nero dei semi – sono gli stessi della bandiera palestinese. Per molto tempo questa è stata un’associazione conosciuta e compresa da una piccola nicchia di sostenitori della causa, ma di recente la rappresentazione è diventata sempre più popolare e diffusa, così oggi viene riconosciuta in tutto il mondo. Ad esempio, un artista palestinese che è stato molto ripreso è Khaled Hourani: vive in Cisgiordania e inserisce spesso l’immagine del frutto nelle sue opere. L’uso dell’emoji dell’anguria, soprattutto online e sui social media, è di fatto un modo per esprimere solidarietà al popolo palestinese pur mantenendo un basso profilo, evitando così una presa di posizione eccessivamente esplicita, soprattutto in quei Paesi dove le rivendicazioni politiche potrebbero generare gravi conseguenze. Veicolare i propri contenuti pro-Palestina sfruttando l’emoji dell’anguria permette inoltre di non essere penalizzati dall'algoritmo delle piattaforme, che negli ultimi ha bloccato o rallentato la circolazione di post sugli attacchi da parte dell’esercito israeliano nella striscia di Gaza.

Quando nasce l’associazione tra l’anguria e la Palestina?

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Il frutto è da decenni il simbolo della resistenza palestinese, ma in maniera quasi segreta. Secondo il New York Times le sue origini sono incerte, e si possono datare in un intervallo di tempo piuttosto ampio, compreso tra il 1967 – quando Israele occupò Gerusalemme est, la Cisgiordania e la Striscia di Gaza – e il 1993 – quando furono ratificati gli accordi di Oslo, con cui Israele e Palestina si riconobbero per la prima volta come legittimi interlocutori. L'associazione tra l’anguria e la Palestina nacque molto probabilmente in seguito alla soppressione della bandiera palestinese da parte di Israele, che anche se non la vietò mai formalmente la fece di fatto sparire dai territori occupati: fu così che al posto delle bandiere – che venivano abitualmente confiscate a forza – si cominciarono a usare immagini di angurie. Secondo un’altra ricostruzione, invece, tutto ebbe inizio dalla reazione di alcuni artisti palestinesi a cui intorno agli anni Ottanta l’esercito israeliano vietò di inserire la bandiera della nazione nelle loro opere. Sui social media si iniziò ad associare l’emoji dell’anguria (introdotta nelle app di messaggistica nel 2015) alla Palestina a partire dal 2021, quando le tensioni tra Israele e Hamas sfociarono in una nuova guerra. Con la recente esposizione di questo simbolo il significato è anche mutato: se prima si trattava di un gesto per lo lo più sovversivo, basato principalmente sull’intento di non dare nell’occhio, oggi la rappresentazione dell’anguria è diventata una pratica alla portata di chiunque voglia esprimere solidarietà alla resistenza palestinese, non solo in Occidente.