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«Per avere successo non basta la creatività» intervista a David Koma

Abbiamo incontrato il designer durante il suo primo press day italiano

«Per avere successo non basta la creatività» intervista a David Koma  Abbiamo incontrato il designer durante il suo primo press day italiano

Nell’universo di David Koma, la sensualità pesca dal passato tutti i codici stilistici della vecchia Hollywood. Illuminati dai raggi di sole che filtrano attraverso le vetrate dello showroom di Reference Studios, i capi della Pre Fall 2024 del brand, per la prima volta su suolo italiano, ci danno il benvenuto. Fiocchi, dettagli cut-out e inserti in pizzo si stagliano da abiti bianchi e neri, aggiungendo accenti rosa e rossi ad una collezione dark. Sulle silhouette più audaci, grandi piume brillanti avvolgono il petto, mentre su un paio di jeans sono stampate a mano in bianco. Racchiuso nel semicerchio che compongono le sue creazioni siede David Koma, che ci racconta la sua concezione di femminilità. «Mi sono sempre sentito ispirato dalle donne e volevo celebrarle, ma non solo per la loro bellezza fisica,» racconta il designer. «La donna di David Koma che ho in mente è un personaggio complicato, una cosiddetta femme fatale moderna, forte e sicura di sé, con un sofisticato sex appeal. È anche piena di contrasti: dura ma sensuale, libera ma controllata, giovane ma matura. Il mio obiettivo è creare pezzi che facciano sentire le donne più sicure di sé.» 

Negli anni, le collezioni di David Koma hanno preso spunto da icone storiche della femminilità: da Afrodite, che infonde il brand di toni iridescenti, a Marlene Dietrich, da cui prende il colore rosso delle labbra e delle unghie, c’è un po’ di storia in ogni look. Il colore, come ci racconta Koma, è uno strumento imprescindibile per veicolare un’estetica. «Adoro le tonalità cangianti e metalliche, le utilizzo stagione dopo stagione,» ci spiega. «Che si tratti di incredibili creature marine o della dea Afrodite che emerge dalla schiuma del mare, sono fonti d’ispirazione eterne per me». Così come la “Donna Koma” attinge dalle pagine di storia più disparate, il brand posa le sue radici in città distanti tra loro, contando presenze a Londra, dove Koma ha studiato nella prestigiosa università Central Saint Martins, a Parigi, dove ha lavorato per anni in quanto direttore creativo di Thierry Mugler, e a Berlino, una capitale a cui è molto affezionato. «Mi sento molto a mio agio lì», svela Koma, che dice di identificarsi completamente sia con la scena musicale che con quella artistica della città. Malgrado il DNA del suo brand si divida tra Berlino, Parigi e Londra, racconta, i suoi design ha conosciuto il successo grazie al mercato americano. «Quando la mia collezione MA è stata presentata alla London Fashion Week, avevo nove abiti», ricorda Koma, pensando agli inizi di carriera. «Tutti sono stati subito richiesti da nove mega star: Beyoncé, Lady Gaga, Kylie Minogue, Rihanna. Siamo stati fortunati ad avere il sostegno di donne incredibili». Quanti brand emergenti, prima di lui, possono nomi di questo calibro tra i membri della propria community? 

Malgrado il nome di Koma sia stato proiettato tra le stelle ancor prima che il suo nome diventasse un brand, la scalata al successo non è stata semplice, come per ogni azienda indipendente. Per fare questo mestiere, non bastano l’artisticità, la creatività e le buone idee, serve avere anche un buon senso del business, cosa che per Koma sembra essere naturale. «È una necessità», afferma il designer, certo che avere conoscenze imprenditoriali sia una caratteristica obbligatoria per chiunque voglia intraprendere il suo stesso cammino professionale. «Ho sempre avuto l'ossessione di avere un mio marchio, e questo mi ha spinto a lavorare molto più duramente», aggiunge, ricordando però il supporto che ha ricevuto dal British Fashion Council, che lo ha incluso fin da subito nel suo talent incubator, dalla stampa e dagli stylist. «In fin dei conti, ci occupiamo di moda. Non importa quanto siano belli i vestiti, se non c'è il business, ti conviene fare qualcos'altro.» 

A conferma che tra i piani di David Koma non ci sono solo show e collezioni, il designer promette che in futuro assisteremo alla grande espansione del "Koma World". Dopo il lancio delle calzature e degli accessori, una linea di pochette, crossbody e stivali che portano le iniziali del designer, quest’anno lo stilista punterà tutto su "Club Koma", in pieno stile berlinese. «Sto progettando di espandere gli after party del brand e di portarli a livello globale», rivela, ma in quel momento l’argomento della nostra conversazione cambia bruscamente. Da grande appassionato di tennis, Koma commenta i risultati degli Australian Open ricordando i suoi giocatori preferiti, e così viene spontaneo chiedere al designer se ha mai pensato di addentrarsi nel settore dello sportswear. Non ammette pienamente di stare lavorando ad un progetto legato al mondo dell’atletica ma, a giudicare da come il suo sguardo si è illuminato quando abbiamo nominato le finali di domenica, possiamo cominciare ad immaginarci un Jannik Sinner in divisa targata DK.