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Quale sarà il futuro di Off-White?

Facciamo il punto sul brand in attesa del suo ritorno in fashion week

Quale sarà il futuro di Off-White? Facciamo il punto sul brand in attesa del suo ritorno in fashion week

Parlare di Off-White significa toccare un argomento delicato. In primo luogo perché il brand ha avuto una rilevanza culturale che va necessariamente rispettata, in secondo luogo perché anche a distanza di anni la community del brand continua a esistere rendendolo un fenomeno tanto presente quanto passato, in terzo luogo perché quella struttura che Virgil ha elevato gli è in effetti sopravvissuta e il brand ha anche annunciato il suo prossimo ritorno alla Paris Fashion Week con uno show che il CEO Cristiano Fagnani ha definito «divertente e giocoso: è un parco giochi per il marchio. La gioventù è al primo posto, con il nostro legame con la cultura e lo stile. Una celebrazione dei codici del marchio e un lancio verso il futuro che collega tutte le latitudini». Ma procediamo con ordine. Lo scorso marzo WWD scriveva che «una recente presentazione regolamentare da parte di Farfetch ha mostrato che Off-White rappresentava "la maggior parte del nostro volume di merci lordo della piattaforma di marca" l'anno scorso, quando il GMV ha raggiunto i $455,2 milioni. La piattaforma di marca di Farfetch è composta dalla sua divisione New Guards e i suoi ricavi sono "generalmente pari al GMV". Ciò colloca Off-White a vendite annuali di almeno $227,6 milioni». Nell’articolo a cui ci riferiamo, inoltre, si affermava non solo che il brand rappresentava tre quarti del volume lordo della merce venduta da New Guards Group facendone «una delle pietre angolari del business della piattaforma». Nel frattempo varie cose sono cambiate: in primo luogo il tracollo di Farfetch e la nuova ownership di Coupang, l’assenza di Off-White dalle fashion week durata circa un anno e il cambio di CEO avvenuto a giugno. Questa settimana, scrivendo del ritorno del brand nella programmazione di Parigi, Tamison O’Conor di BoF ha detto che «le vendite sono state colpite dalla crescente stanchezza dei consumatori verso lo streetwear di lusso e dalla crisi del carovita che ha rallentato le spese dei giovani consumatori aspirazionali di lusso negli USA». E dunque, quale sarà il futuro di Off-White?

È fuori di dubbio che, nel suo momento di massima popolarità, il successo del brand si basasse sul carisma del suo fondatore e direttore creativo. «Off-White dopo Virgil è come un corpo senza la sua anima», ci ha detto il content creator Sam Norris, «ha perso la sua essenza». E anche se «il brand in sé rimarrà sempre un pezzo di storia», continua Norris, «non vedo Virgil in quei vestiti. Non che i vestiti siano brutti in sé, ma non provo nulla quando li guardo». Senza dubbio, privo del suo creatore e bloccato nel crepuscolo del mondo streetwear, reinventarsi è stato difficile per il brand. Il co-founder di edition+partners e giornalista, Christopher Morency, spiega il cambio di contesto con motivi storici e cuturali: «Off-White è stato il leader di un movimento in un momento in cui streetwear e lusso si stavano fondendo. Sia per quanto riguarda l'estetica sia per quanto riguarda i modelli di business. Ora che quel movimento non è più nuovo, o non è più trattato dalla stampa come lo era dalla metà alla fine degli anni 2010, è naturale che anche l’eccitazione intorno al brand sia venuta meno». Anche per David Martin di ODDA Magazine, il brand «si trova in un’era più calma». Questo non significa che le attività del brand siano rallentate: il brand ha ancora rilevanza per «chi lo ha comprato per anni o per gli appassionati di streetwear», come ci dice Sam Norris (basti pensare che, in Italia, Sfera Ebbasta indossava un full-look di Off-White nel presentare al pubblico il suo nuovo album)  e secondo  uno studio di RunRepeat dello scorso agosto, «nel mercato secondario delle sneaker, le collaborazioni Nike x Off-White generano un sovrapprezzo medio del 296% quando vengono rivendute» classificandosi come le collaborazioni più redditizie da rivendere online. Tra l’altro, la collaborazione del brand con AC Milan e con i Chicago Bulls prosegue, così come quella con Nike, c’è la linea beauty aperta nel 2022 e affidata a Isamaya Ffrench e il brand ha anche firmato il takeover del resort Casa Jondal a Ibiza quest’estate. Tra l’altro, circola un insistente rumor per cui LVMH, che possiede il 60% del brand, potrebbe revocare la licenza di New Guards Group nel gennaio del 2026 e assorbirlo nel proprio portfolio. Il che anche se, come riporta Jing Daily, il brand ha chiuso cinque delle sue nove boutique in Cina nel periodo post-Covid, dimostra come il brand sia commercialmente vitale e il suo business appetibile.

L’empasse principale, dunque, rimane quello di confrontarsi con l’ombra del proprio creatore. E anche qui la questione è più spinosa del solito dato che quest’ombra («un’eredità impareggiabile», la definisce Sam Norris) non va superata, né imitata né sovrascritta. Bisognerebbe piuttosto farla proseguire: «Per prosperare in futuro, Off-White deve continuare a pensare: "Cosa farebbe Virgil?"», ci dice invece Morency. E anche se «Ib Kamara sta facendo un ottimo lavoro», prosegue, «tornare a quello che era è un compito impossibile, perché ha catturato qualcosa che può essere creato solo una volta a generazione». Anche Sam Norris riecheggia questa sensazione: «L'impressione è che si rivolga a consumatori di livello più basico. Realizzano prodotti semplici che la gente può acquistare nei negozi. Ma, non producono nulla di rivoluzionario».  Dovunque ci si giri, insomma, l’eccezionalità di Virgil come uomo, come creativo e come fenomeno culturale non è sintetizzabile né imbottigliabile. Più che di estetica, però, si tratta di approccio. «Ib Kamara ha una prospettiva molto diversa da quella di Virgil Abloh», dice invece il critico indipendente Odunayo Ojo, «e si vede. Le collezioni sono bellissime, ma non si sembrano affatto legate alla filosofia di Virgil Abloh». Proprio Ojo, però, ci ha offerto forse la chiave di lettura più interessante per leggere il fenomeno di Off-White: una concezione che intende il brand come un progetto artistico che come un produttore di beni di lusso. «Virgil Abloh esprimeva molti commenti sociali attraverso i suoi abiti», ci ha detto Ojo, «cosa che è mancata da quando è scomparso. Domande come "Cos'è la proprietà?", "Cos'è la moda?", "Come può un turista nello spazio della moda navigarlo superando le barriere, ma rispettando contemporaneamente la sua storia?" Queste sono le domande che poneva. È famoso per aver detto "Duchamp è il mio avvocato". Il lavoro di Duchamp esplorava l'idea che se si prende qualcosa e si cambia il contesto intorno ad essa, si fa diventare quell'oggetto arte ma si cambia anche il significato dell'oggetto stesso. […] Queste idee sono andate perse nella traduzione attuale di Off-White. Come stanno esplorando questi temi o idee o sviluppandoli? Non credo che lo stiano facendo affatto e, anche se i vestiti sembrano belli, è tutto quello che sono a questo punto... bei vestiti». David Martin continua a porre l’accento sui rischi di imitare troppo l’estetica che aveva funzionato passato: «Virgil era Virgil e la sua visione era in costante evoluzione e la sua sensibilità era legata ai suoi gusti e alla sua personale esperienza di vita», aggiungendo che, «Off-White ha bisogno di trovare nuovi codici in grado di connettersi con la nuova direzione creativa».



Per il futuro, i pensieri dei nostri intervistati suonano diversi ma si somigliano nella sostanza. Secondo Norris, bisogna evitare che «il brand si allontani da ciò che era destinato a essere» » e che diventi «un momento passato per la cultura»; mentre per Ojo è importante, più che imitare il passato, tenere ben presente «ciò che ha attratto le persone in primo luogo, non si trattava solo di vestiti, ma anche di sostenere un creativo che non apparteneva alla moda e anzi ne stava rompendo i cancelli dorati». Per Morency, invece, la questione riguarda anche la comunicazione e il comportamento del brand, che in ragione della sua natura così unica di progetto creativo aperto non dovrebbe seguire il classico manuale dei brand di lusso, sempre in linea con le intenzioni del founder. «Credo che Virgil avrebbe continuato a seguire una strada diversa rispetto agli altri», dice Morency riferendosi alla comunicazione martellante di molti brand. «Penso che avrebbe adottato un approccio più tranquillo e riflessivo all’esposizione mediatica, dato che tutto oggi è così rumoroso». Sia come sia, c’è come la sensazione che siano stati i problemi di Farfetch, specialmente finanziari, a rallentare la ripresa di un brand che, già prima della scomparsa di Virgil, si stava trasformando. Secondo David Martin: «Per un futuro a lungo termine, il brand dovrebbe chiudere un capitolo e iniziarne uno nuovo, creando un nuovo domani basato su logiche più primarie e sul DNA che Virgil ha creato quando ha avviato Off-White». Tre mesi dopo l’addio al designer, il consigliere di Bernard Arnault ed ex-CEO di Louis Vuitton, Michael Burke disse: «Off-White si trova nella posizione in cui si trovava Dior nel 1957. Monsieur Dior era in azienda da soli 10 anni quando morì. Anche Off-White è stato concepito quasi 10 anni fa. La domanda è: cosa ha lasciato il padre fondatore? Se l'eredità è ricca, autentica e intrisa di valori che vanno oltre la moda, le probabilità di trasformare un passaggio in qualcosa di eterno sono spettacolari». Speranza, potremmo aggiungere, a cui l’enorme archivio di idee, bozzetti, concept e idee che Virgil ha lasciato dà una base più che solida. Si tratta dunque di un problema di metodo: non chiedersi cosa farebbe Virgil ma piuttosto come lo farebbe. E la risposta è: non come gli altri.