Vedi tutti

Chi è Yohji Yamamoto?

Storia del designer avant-garde che collaborerà con Supreme

Chi è Yohji Yamamoto? Storia del designer avant-garde che collaborerà con Supreme
Yohji Yamamoto FW20
Yohji Yamamoto FW20
Yohji Yamamoto FW20
Yohji Yamamoto FW20
Yohji Yamamoto FW20
Yohji Yamamoto FW20
Yohji Yamamoto FW20
Y-3 FW19
Y-3 FW17
Y-3 FW16
Y-3 FW16
Y-3 FW16
Y-3 FW11
Y-3 FW16
Fluence: The Continuance of Yohji Yamamoto by Takay
My Dear Bomb by Yohji Yamamoto & Ai Mitsuda (2010)
My Dear Bomb by Yohji Yamamoto & Ai Mitsuda (2010)
My Dear Bomb by Yohji Yamamoto & Ai Mitsuda (2010)
Fluence: The Continuance of Yohji Yamamoto by Takay
Fluence: The Continuance of Yohji Yamamoto by Takay
Fluence: The Continuance of Yohji Yamamoto by Takay
Fluence: The Continuance of Yohji Yamamoto by Takay
Fluence: The Continuance of Yohji Yamamoto by Takay
My Dear Bomb by Yohji Yamamoto & Ai Mitsuda (2010)
Fluence: The Continuance of Yohji Yamamoto by Takay
Fluence: The Continuance of Yohji Yamamoto by Takay
Yohji Yamamoto SS99
Yohji Yamamoto SS99
Yohji Yamamoto SS99
Yohji Yamamoto SS99

Lo scorso lunedì, Supreme ha annunciato ufficialmente l’imminente release della sua prossima collaborazione con Yohji Yamamoto. Il designer giapponese va così a unirsi alla schiera di designer di culto che hanno collaborato con Supreme negli ultimi anni e di cui fanno già parte Jean-Paul Gaultier, Nigo e Jun Takahashi. Di tutti questi designer Yamamoto è però il meno commercialmente famoso, almeno relativamente alla moda più mainstream: ciò per cui è più noto presso le giovani generazioni è la linea Y-3 co-prodotta con adidas, che fu anche una delle prime collaborazioni fra luxury fashion e un brand di sportswear. Al di là di Y-3, la carriera di Yamamoto dura da oltre 50 anni – durante i quali il designer ha coltivato un’estetica molto precisa, caratterizzata dalla destrutturazione delle silhouette tradizionali, da un’esplorazione di temi visivi di matrice romantico-dark venata di ironia e dalla predominanza di un colore: il nero. È proprio Yamamoto che pronunciò la celebre frase sul colore nero in un’intervista del 2000 al The New York Times :

«Il nero è modesto e arrogante allo stesso tempo. Il nero è pigro e facile - ma misterioso. Ma soprattutto il nero dice questo: "Io non disturbo te e tu non devi disturbare me"».

L’inizio della storia personale di Yohji Yamamoto è legato alle vicende della Seconda Guerra Mondiale. Nato nel 1943 nella prefettura di Shinjuku, a Tokyo, Yamamoto perse in giovane età il padre, morto nelle Filippine combattendo contro gli Alleati. Dopo questo lutto, la madre si iscrisse al prestigioso Bunka Fashion College diventando poi una sarta. Il percorso di studi del designer si snoda attraverso una scuola cattolica francese, l’Ecole de L'Etoile du Matin; attraverso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Kaio e, infine, dopo un ripensamento dettato dal desiderio di emulare la madre, al Bunka Fashion College dove si laureò nel 1968. Dopo nove lunghi anni di preparazione, lavoro e viaggi a Parigi, Yamamoto sfilò con la collezione di womanswear Y’s al Tokyo's Bell Commons nel 1977 ottenendo recensioni entusiaste che lo portarono al suo debutto parigino con la mainline solo quattro anni dopo, nel 1981. Tre anni dopo arrivò la linea Pour Homme che contiene alcuni dei suoi item più artistici e sperimentali. 

Yohji Yamamoto SS99
Yohji Yamamoto SS99
Yohji Yamamoto SS99
Yohji Yamamoto SS99

Il periodo in cui Yamamoto iniziò a lavorare e a produrre le sue prime collezioni corrispondeva a una fase storica di forte crescita economica per il Giappone, nota anche come Miracolo Economico (in giapponese 高度経済成長). Dopo la disfatta della Seconda Guerra Mondiale, il Giappone riacquisì la sua ricchezza grazie alla partnership economico-militare con gli Stati Uniti durante la guerra di Corea. Questa portò a una costante crescita culminata negli anni ‘70 che si sarebbe conclusa con la grande crisi del Decennio Perduto solo alla fine degli anni ‘80. Erano anni di crescita tecnologica e creativa e di prestigio internazionale che aiutarono lo sviluppo del brand di Yamamoto. Già l’anno successivo al suo debutto, il brand fatturava 15 milioni di dollari l’anno. Ciò che rendeva uniche le creazioni di Yamamoto (che all’inizio erano esclusivamente femminili) era il carattere androgino delle sue silhouette che andava contro la tradizionale distinzione fra menswear e womanswear. Parlando con il The Wall Street Journal nel 2013, Yamamoto spiegò il suo interesse nell’abbigliamento femminile:

«Adoro le donne e il modo in cui i loro abiti sono tanto belli quanto funzionali sui loro corpi. Questo è ciò che mi inspira. Ma i vestiti devono funzionare e, almeno agli inizi, erano ispirati a quella sorte di uniforme che è l’abito maschile».

Fluence: The Continuance of Yohji Yamamoto by Takay
Fluence: The Continuance of Yohji Yamamoto by Takay
Fluence: The Continuance of Yohji Yamamoto by Takay
Fluence: The Continuance of Yohji Yamamoto by Takay
Fluence: The Continuance of Yohji Yamamoto by Takay
Fluence: The Continuance of Yohji Yamamoto by Takay
Fluence: The Continuance of Yohji Yamamoto by Takay
Fluence: The Continuance of Yohji Yamamoto by Takay

Il mondo estetico di Yamamoto è insieme ironico e romantico. I suoi abiti sono spesso del tutto neri e avvolgono il corpo di uomini e donne insieme in una serie di drappeggi teatrali che distruggono simmetria e proporzioni e creano spazi tra la stoffa e la pelle per far circolare l’aria - secondo la nozione giapponese di spazio negativo o ma. Le sue creazioni che stravolgono le normali concezioni occidentali del vestire sembrano uscite da un romanzo steampunk post-Vittoriano. Accanto agli abiti più sartoriali, sempre scuri, destrutturati e dalle silhouette morbide, esistono item come maglioni di lana a intarsio e camice oversize decorate con stampe di teschi e ossa, ma anche con pin-up, grafiche floreali massimaliste e opere calligrafiche giapponesi. I suoi abiti rievocano atmosfere gotiche e retrò, ma sempre con una edginess distintiva e un elemento di sovversione e decostruzione - sono abiti eleganti, ma anche dotati di un elemento straniante, che diventa ora ironico, ora giocoso, ora vagamente inquietante. 

Yohji Yamamoto FW20
Yohji Yamamoto FW20
Yohji Yamamoto FW20
Yohji Yamamoto FW20
Yohji Yamamoto FW20
Yohji Yamamoto FW20

Secondo il designer, la divisione tra generi e la rigidità del classico completo maschile erano espressioni di un’autorità eurocentrica che, a partire dal colonialismo inglese, aveva reso la sartoria di Savile Row lo standard dell’eleganza . L’intera carriera di Yamamoto rappresenta un tentativo (riuscito) di liberarsi di queste convenzioni attraverso la contaminazione di codici occidentali e orientali. Un conflitto estetico risolto a favore dei codici orientali che portarono Yamamoto a fare della curva, piuttosto che della linea, l’elemento geometrico di base delle sue creazioni. Come si legge in My Dear Bomb:

«L’ossessione delle proporzioni a discapito di ogni altro elemento è la prova di come l’estetica occidentale abbia avvelenato la nostra sensibilità. L’antica cultura giapponese trovava la bellezza nella curva della nuca e della schiena. Ma a un certo punto questa sensibilità si è avvizzita […]. Personalmente mi ha sempre affascinato la lunga, estesa curva che dal costato scende oltre la vita e arriva ai fianchi. È la linea più sottile  di tutte, che si curva come un serpente».

My Dear Bomb by Yohji Yamamoto & Ai Mitsuda (2010)
My Dear Bomb by Yohji Yamamoto & Ai Mitsuda (2010)
My Dear Bomb by Yohji Yamamoto & Ai Mitsuda (2010)
My Dear Bomb by Yohji Yamamoto & Ai Mitsuda (2010)

Seguendo le varie diramazioni di una creatività debordante, le linee di abiti disegnate da Yamamoto iniziarono a moltiplicarsi nel corso degli anni, creando un albero genealogico a dir poco contorto. Y’s, Yohji Yamamoto, Yohji Yamamoto Pour Homme e Costume D’Homme, Y’s for men SHIRTS, Red Label e Black Label, Gothic Yohji Yamamoto Homme, Haute Couture. Queste sono solo alcune delle molte linee che andarono accavallandosi nel corso degli anni che poi si fusero, si mescolarono fra loro o semplicemente vennero chiuse. In tutte dominava la sperimentalità di Yamamoto, il suo romanticismo oscuro e le sue molte curiosità culturali come i classici anime giapponesi, cha apparvero in varie collezioni della linea Pour Homme e specialmente nella FW07 dove vennero usati gli artwork del leggendario disegnatore Shotaro Ishinomori

View this post on Instagram

Releasing Friday: Yohji Yamamoto Pour Homme AW2007 Shotaro Ishinomori Sweater. Throughout his career, Yohji has elevated his own work with visuals from an eclectic blend of artists, ranging from Saeko Tsuemura to Justin Davis. In 2007, he channeled imagery from legendary manga artist Shotaro Ishinomori, whose career included such famous works as Cyborg 009, Super Sentai, and Kamen Rider. Shotaro was so prolific that he was posthumously given a Guinness World Record for most comic books published by one person. Though this was his lone appearance on the runway, Yohji would continue to use his work several more times, both on his mainline and on his Y's for Men and Ground Y sub-labels. The focal point of this turtleneck is a character of Shotaro's, knit atop a fair isle wool sweater. Numerous iterations of these sweaters appeared on the runway, with varying patterns and figures, often layered under heavy outerwear, while the fair isle patterns likewise resurfaced on the sleeves of coats. Size 3. Available Friday the 22nd, 12:00PM EST (-5 GMT), at Middlemanstore.com. #middlemanstore

A post shared by Middleman Store (@middleman.store) on

La linea più importante di tutte fu però Y-3, creata nel 2003 in collaborazione con adidas e co-diretta con Nic Galway che in seguito collaborò anche con Kanye West al design delle Yeezy. Questa collaborazione fu rivoluzionaria: si trattava del primo caso in assoluto in cui un designer di alta moda disegnava una linea di sportswear insieme a un brand-simbolo dell’industria bilanciando due codici estetici del tutto diversi. Qualcosa di completamente diverso dal fenomeno delle linee sportive di fine anni ’90 o dalle diffusion line in generale – una collaborazione che anticipò tanto le venture di adidas con Raf Simons e Rick Owens quanto quella fra Jun Takahashi e Nike. Come raccontò a i-D nel 2016:

«La moda era diventata noiosa. Ero andato troppo oltre il mondo della strada. […] All’epoca gli uomini d’affari di New York avevano iniziato a indossare sneaker insieme ai loro completi. Era strano ma anche incredibilmente affascinante, un ibrido».

Y-3 FW11
Y-3 FW16
Y-3 FW16
Y-3 FW16
Y-3 FW16
Y-3 FW17
Y-3 FW19

Yamamoto chiamò Nike, che declinò rispettosamente l’offerta. Fu poi la volta di adidas, che si mostrò interessata. Dopo aver disegnato una sneaker in edizione limitata per il brand, Yamamoto ottenne di poter creare un’intera linea collaborativa. La collezione Y-3 debuttò a New York con la collezione SS03 e divenne un successo planetario. Nel 2003, commentando l’allora scioccante mescolanza di avant-garde e sportswear, Janet Ozzard di Vogue disse che «se le predizioni di adidas dovessero avverarsi, il mainstream sta per assumere un aspetto molto migliore». Il moderno luxury streetwear era nato, e portava la firma di Yamamoto. La collezione migliore della linea fu la FW07, che sfilò sul campo da basket dell’Hunter College di New York portando al grado di perfezione la sintesi dei due linguaggi estetici. Nel 2013 si toccò un altro highlight con la creazione della adidas Y-3 Qasa, una riedizione della adidas Tubular Runner che ha conosciuto un successo che dura fino a oggi. Le collezioni di grandi successo continuarono con almeno due anni di grazia, il 2015 e il 2017, ma ancora oggi Y-3 prosegue nel suo lavoro a oltre diciassette anni dal suo inizio. A 76 anni, Yamamoto non accenna a fermarsi, collaborando col cinema, con il mondo dell’opera e con adidas. La sua filosofia riassunta nella frase:

«Con gli occhi sul passato cammino all’indietro verso il futuro».