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La sostenibilità illustrata - intervista a WRÅD

Il brand italiano ci ha spiegato perché la moda è la seconda industria più inquinante al mondo

La sostenibilità illustrata - intervista a WRÅD Il brand italiano ci ha spiegato perché la moda è la seconda industria più inquinante al mondo

Nel 2030 la popolazione mondiale raggiungerà gli 8 miliardi di persone e la produzione tessile è desinata ad aumentare del 67%, con un conseguente aumento del consumo d’acqua del 51% ed energetico del 55%.

Molto più semplice ragiorare di moda in termini puramente artistici, più complicato prendere atto che la moda sia la seconda industria più inquinante al mondo e, nonostante negli ultimi anni si stia aumentando la sensibilità rispetto all'argomento, i margini di miglioramento sono grandi. 
Abbiamo parlato di tutto questo con il brand italiano WRÅD, prossimo ospite di White Street Market di giugno, per capire come scongiurare il pericolo che la sostenibilità rappresenti nient'altro che una delle tante mode passeggere, e non un reale senso d'urgenza. 

L'approccio migliore per parlare di tematiche così concrete e reali è sempre quello di snocciolare alcuni dati significativi, tuttavia la percezione che la moda e il design in generale stiano promuovendo iniziative per la tutela dell'ambiente è un segno di risveglio civile. L'ultima Milano Design Week ha dimostrato come la sostenibilità possa ispirare eccome anche i processi creativi, Nike dal canto suo ha appena rilasciato una circolare con le linee guida per tutti i progettisti. Altri brand come Timberland, Freitag, Patagonia o WRÅD da anni basano tutto il loro lavoro su una produzione ciclica, come ci ha confermato Matteo Ward, co-founder del brand.

L'obbiettivo finale deve essere il passaggio da un’economia lineare ad un’economia circolare, che oggi nel mondo della moda è ancora purtroppo lontano, non possiamo certo pensare che l’asimmetria informativa rispetto al reale costo ambientale e sociale della moda sia risolto quando ancora oggi spesso all’interno delle stesse case di moda è ancora sconosciuto.

Kering, il gruppo che gestisce Gucci, Balenciaga, Bottega Veneta e Saint Laurent ha annunciato al Copenhagen Fashion Summit standard più rigidi in materia di benessere degli animali, un esempio seguito anche da Miuccia Prada, che ha scelto di non utilizzare più pellicce a partire dalla stagione SS20. I cambiamenti per il futuro non riguarderanno solo la produzione ma anche la distribuzione, Melanie Hultsch, senior corporate responsibility manager di Zalando in questi giorni ha evidenziato come la sostenibilità nell’e-commerce della moda non si applica solo al settore tessile, ma anche al modo in cui gli articoli sono confezionati per la consegna. 

Parlando con WRÅD abbiamo capito come sia importante più di ogni altra cosa una reale coscienza di causa.

Il prodotto deve essere il manifesto di un messaggio che trascende il prodotto stesso, non deve essere inteso come un prodotto fine a sé stesso, funzionale e mirato semplicemente a far aumentare il fatturato di un’azienda, ma come ad un servizio, ambientale oppure sociale, in cui il prodotto diventa manifesto.

Una mission che trova una realizzazione solo quando è recepita dal consumatore finale, e proprio per questo il primo grande sforzo di WRÅD è stato quello di educare 

Per i primi due anni non abbiamo rilasciato niente, il nostro prodotto è entrato sul mercato solo una volta riusciti a mettere a punto un processo innovativo che secondo noi meritasse di essere portato alla luce, amplificando questo processo attraverso un prodotto che potesse poi inspirare altri brand. Un prodotto fine a se stesso non è attivismo, un prodotto con uno scopo lo è.

Nel 2015 quando il brand ha iniziato la sua attività, con un progetto formativo da portare all’interno delle scuole, il più grande ostacolo da superare era quello delle istituzioni. Allo scetticismo frequente si sono sostituite nuove guidelines comuni, collaborazioni tra brand e associazioni ambientalistiche, convegni dedicati al tema e campagne social

La consapevolezza da parte del cliente è aumentata grazie anche al lavoro di organizzazioni come Fashion Revolution che attraverso un semplice hashtag (#whomademyclothes) ha innestato una campagna social media con l’obbiettivo di chiedere maggior trasparenza ai brand. Solo durante la Fashion Revolution week di fine Aprile hanno raggiunto 275 milioni di persone.

La comunicazione deve aiutare a considerare la moda non come un qualsiasi trend. Come ci ha confessato Matteo Ward, molte volte alle riunioni dedicate alla sostenibilità si ripetono le stesse strategie, le stesse dinamiche con il quale si trattavano le collezioni all’interno delle case di moda. 

Questo approccio è fondamentalmente errato per due motivi: non si può pensare di risolvere un problema seguendo gli schemi che hanno portato al problema stesso e le reali motivazioni oggi dietro campagne dedicate alla sostenibilità non devono essere acquisire un nuovo market share, le agenzie di consulenza di tutto mondo ci dicono che la generazione z è attenta ai valori ambientali e sociali, ma la sostenibilità deve essere alimentata e motivata da un reale senso d’urgenza.