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Il Calcio Catania non esiste più

Nelle serie minori dal 2000 ad oggi sono fallite circa 190 squadre tra cui quella che tifo da 28 anni

Il Calcio Catania non esiste più Nelle serie minori dal 2000 ad oggi sono fallite circa 190 squadre tra cui quella che tifo da 28 anni
Photo by Marco Coniglione
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In Italia si parla spesso di ripensare la Serie A, introdurre strani play-off e modificare la formula del torneo, spesso ritorna anche l'ipotesi di ridurre il numero di squadre partecipanti, ma poco si parla della surreale situazione che si respira nelle emarginate e dimenticate categorie minori, specialmente nella terza serie italiana che dal 2008 ha cambiato nome in Lega Pro. Il Catania, la squadra che dal 10 ottobre 2005 alla tenera di 9 anni ho deciso di sostenere, è solo l'ultima in ordine di tempo ad esser fallita perdendo la sua storica matricola. Ma andando a ritroso per trovare un campionato senza squadre fallite dobbiamo ritornare al 1999, quando come abbiamo detto l'attuale Lega Pro era divisa due moduli: C1 e C2. Una mattanza che non ha permesso al calcio italiano di crescere ed evolversi come doveva ma che soprattutto ha spezzato i sogni di migliaia di tifosi che dall'oggi al domani si sono ritrovati - come me - senza più una squadra da tifare.

Come avrete abbondantemente capito, chi sta scrivendo queste righe, è indissolubilmente legato al Calcio Catania e, con l'ufficiale estromissione dal campionato arrivata sabato mattina da parte della Lega Calcio, è stata cancellata anche una parte di me. Era il 10 ottobre 2005 quando ho capito che non avrei potuto tifare un'altra squadra se non quella a tinte rossoazzurre con il "liotru" (elefante) sul petto. Pioveva a dirotto e come sempre aveva dovuto fare il diavolo a quattro per convincere papà a portarmi con lui allo stadio e alla fine ci riuscii. Ricordo quel giorno come se fosse oggi, sotto quelle gradinate dove anche se non so come arrivava l'acqua piovana, vidi il Catania rimontare una partita che sembrava ormai persa, con due eurogoal. Il primo in verità fu un autogol di tacco e il secondo uno di quei tiri fantascientifici da fuori area di Orazio Russo, che solo 1 volta su 100 si insaccano alle spalle del portiere. Da quella giornata nonostante i rossoazzurri non uscirono vincitori, conquistarono definitivamente il mio cuore, non chiedetemi il perché, un vero e proprio colpo di fulmine. 

Ma riavvolgendo il nastro cosa ha portato il Catania dall'essere soprannominata la "piccola Barcelona" alla bancarotta? La data cruciale che segna l'inizio della fine è il 23 novembre 2019 e il Catania milita in Serie B dopo la retrocessione arrivata nelle ultime giornate. Quella mattina la Guardia di Finanza si recherà in via Magenta, sede del Calcio Catania, per sequestrare e mettere i sigilli nell'intera area. Nella notte erano già arrivati i primi avvisi di garanzia al presidente Pulvirenti e a diversi membri dello staff dirigenziale, facendo presagire la gravità della situazione. Da lì in poi la società etnea scivolerà nell'oblio, sopravvivendo stagione per stagione. Dopo Pulvirenti, il club siciliano sarà acquistato tramite bando pubblico dalla SIGI, una cordata di imprenditori locali e non che, nonostante i vari contatti con Joe Tacopina (ex presidente di Bologna e Venezia) e altri acquirenti, non riuscirà a rivendere la società (primario obiettivo della cordata siciliana), arrivando a dicembre 2021 senza soldi nelle casse e costringendo il Tribunale ad assegnare la gestione del club a dei curatori fallimentari. Sabato scorso si è chiuso definitivamente il cerchio con la Lega Pro che ha ha estromesso il club siciliano del campionato, alterando un campionato in parte già deciso (il Bari è matematicamente in B) a sole tre giornate dalla fine.

Devo essere onesto, quando ho capito che non c'era più nulla da fare ho tirato un sospiro di sollievo. Come stessi esalando l'ultimo respiro. Chi tifa Catania lo sa o meglio può capirmi, da anni non si parla più di calcio giocato, playoff o partite perse ma la narrazione che concerne il Catania è incentrata su soldi, debiti, penalizzazioni, multe e tribunali vari. Tutto ciò per cui un tifoso non segue il calcio, insomma. Ero felice perché il Catania tracciando un paragone poco simpatico, mi sembrava una di quelle persone in coma irreversibile (e cosi nei fatti è stato) e ogni rinvio del tribunale, ogni closing saltato, era solamente utile ad allungare agonia e sofferenza. Strano, non pensavo che nella vita sarei mai arrivato ad una conclusione del genere, eppure così è stato. Nonostante tutto, nonostante il calcio della Lega Pro, i campi angusti, giocatori svogliati e sogni infranti ho continuato a seguire la mia squadra fino all'ultimo secondo, ho fatto i salti mortali per vedere l'ultimo derby di dicembre contro il Palermo e quella che a metà marzo è stata la mia ultima partita al Massimino, persa contro il Picerno. Quello che per 28 anni ho provato è stato un sentimento unico, un amore che difficilmente ho provato per altre persone, un'ossessione per questi colori che ha influenzato e plasmato i miei primi anni di vita.

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Quello che più mi fa rabbia è che è bastato un comunicato, un pezzo di carta se ci pensate bene, a spazzare via tutta la storia dell’unica squadra siciliana a non aver mai perso la matricola dalla prima affiliazione alla FIGC, dopo la Seconda Guerra Mondiale. Un fattore differenziante che ci definiva unici, almeno nella nostra regione. Un po' come se quel comunicato avesse lavato via con un colpo di spugna tutti i bei momenti passati allo stadio, molti di questi con mio padre e mio fratello Tonino o con Fabio, l'amico con cui nella vita ho condiviso un po' tutto, colori rossoazzurri in primis. Trovarsi dall'oggi al domani senza una squadra da tifare è qualcosa di indefinibile per uno che che vive letteralmente 90 minuti a settimana. Come se una parte di me si fosse scissa, un puzzle a cui manca un pezzo. È vero direte voi, è solo una squadra di calcio, morta una se ne rifarà un'altra, come è successo con Parma, Bari, Palermo e ancora prima Napoli e Fiorentina. Eppure no, per un catanese quella maglia rappresenta tutto, un attaccamento che non saprei descrivervi ma quello che accadde a Messina il 13 Dicembre del 1998 può farlo al posto mio. Un amore profondo per cui nel 1993 il presidente Massimino perse la vita, proprio per portare dei documenti in lega.

Quello che è accaduto a Catania è il perfetto riassunto o lo specchio se volete, della situazione sociale e politica che si respira nella città siciliana. Un altro instancabile tifoso (purtroppo non firmandosi) di cui voglio condividere un passaggio che evidenzia perfettamente quanto ribadito sopra. "Catania non perde solo una squadra di calcio, perde turismo, aziende disposte ad investire, perde dignità, NON per colpa del popolo, ma per come è stata trattata negli ultimi anni (anche e soprattutto da gente della città). Catania in questo momento è una città allo sbando che non ha un’amministrazione, non ha una classe politica adeguata. Basti vedere cosa è accaduto, con l’amministrazione che si è fatta viva solo quando c’erano delle passerelle da calpestare o quando ormai era troppo tardi."

Mi ricorderò per sempre della festa promozione del 2002 vissuta in uno stadio gremito, arrivata dopo quell'esclusione legata a delle presunte inadempienze finanziarie. Mi ricorderò del cavaliere Massimino che perse la vita per la sua squadra. Mi ricorderò delle trasferte folli, dei fumogeni, degli arancini. Mi ricorderò per sempre di Lulù Oliveira che quando segnava si levava sempre la maglietta. Mi ricorderò per sempre dei racconti di mio fratello che non perdeva mai occasione di ribadirmi quanto sia fortunato di far parte di una tifoseria del genere. Mi ricorderò di Vargas che con il suo mancino ha buttato giù le porte di mezza Serie A. Mi ricorderò di Jonathan Spinesi, uno degli attaccanti più prolifici passati per questa piazza. Mi ricorderò di Martinez e dell'incredibile dribbling a Materazzi nel 3-1 inflitto all'Inter del triplete. Mi ricorderò del Pitu Barrientos, un giocatore che mi ha fatto sognare con le sue giocate anche se non è stato capace di lasciare il segno in altre squadre. Mi ricorderò di Carrizo, Terraciano, Andujar, Gillet, Iezzo, Pantanelli, Pisseri e tutti gli altri portieri che mi hanno fatto urlare come non mai. Mi ricorderò di Luca Moro, un grande prospetto che non vedo l'ora di vedere in squadre di Serie A. Mi ricorderò di Biagianti, un fiorentino trapiantato a Catania che ha dato l'anima per questa squadra. Mi ricorderò di Gomez che prima che esplodesse a Bergamo, dispensava classe e magia sotto l'Etna. Mi ricorderò del 4-0 inflitto a Palermo, del gol di Mascara da fuori campo, di Montella, Zenga, Simeone e tutti gli argentini passati in Sicilia. Mi ricorderò anche di chi non ho citato in questo articolo, per dimenticanza o perché semplicemente non ho avuto l'opportunità di viverli. Mi ricorderò per sempre della matricola 11700

Ad oggi non saprei ancora dirvi come mi sento, proprio domenica un mio compagno di squadra mi ha chiesto che squadra tifassi. "Una che non esiste più", ho risposto di getto non pensandoci più di tanto. Come fosse venuto a mancare qualcuno per me molto caro, subito dopo quella risposta ho provato una sensazione di vuoto mista a rabbia che per un po' di tempo mi farà compagnia, specialmente quando ripasserò da quello stadio che da sabato ha ufficialmente chiuso i battenti. Un luogo dove ormai rimarranno incastonati i miei ricordi, sia i più cari che anche quelli più tristi, ad i quali mi dovrò abituare perché da sabato scorso il Calcio Catania non esiste più.