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Mathieu Flamini e la responsabilità sociale dei calciatori

Intervista all'ex centrocampista dell'Arsenal e fondatore della GF Biochemicals

Mathieu Flamini e la responsabilità sociale dei calciatori Intervista all'ex centrocampista dell'Arsenal e fondatore della GF Biochemicals
Fotografo
Giacomo Cosua / Positive Agency

Non c'è più solo il calcio nella vita dei giocatori. La lotta alle disuguaglianze sociali, la sensibilizzazione sul cambiamento climatico e l'importanza della sostenibilità sono alcuni dei nuovi interessi del calciatore moderno, anche se c'è chi, queste cose, ha iniziato a interessarsene da diversi anni. Mathieu Flamini, infatti, durante la sua carriera di calciatore si è occupato anche di altro. Dal 2008, è founder e project manager di GF Biochemicals, un'azienda che produce derivati dell'acido levulinico (solventi a base biologica) per combattere l'impatto negativo dei prodotti petroliferi nell'industria chimica - che sono derivati da impianti e rifiuti agricoli. I solventi a base biologica sono sostituti sicuri e in grado di ridurre il monossido di carbonio (CO2) rispetto agli operatori storici a base di petrolio.

Dall'acqua, come tutto, nasce l'interesse e la missione di Flamini per la sfida ambientale. È da bambino, infatti, che sulla costa marsigliese (dove è nato) vive personalmente il dramma dell'inquinamento marino, e proprio guardando alle condizioni del Mediterraneo arriva la sua sfida contro la plastica e l'inquinamento. Una sfida personale che, nel tempo, si unisce a quella globale. Nel frattempo, ha trovato l'interesse del compagno di squadra dell'Arsenal Mesut Özil, che insieme a Flamini progetta la formula per combattere le disuguaglianze sociali e il cambiamento climatico attraverso la sensibilizzazione e l'educazione delle persone su come avere uno stile di vita sano. Non puoi vivere sano se anche la Terra non è sana.

Mathieu, hai mischiato due mondi apparentemente distanti come il calcio e la bioeconomia. In quale momento hai capito di dover fare qualcosa di concreto per migliorare la situazione ambientale?

È partito tutto dal mare. Sono cresciuto guardando i problemi del mare, i problemi che hanno iniziato ad avvolgere la natura in generale. In particolare, quello dell'impatto della plastica sull'ambiente, una delle cose più gravi che, poi, si riflette sulla nostra esistenza. Successivamente, quando ho avuto l'opportunità di poter lavorare a contatto con l'energia e le fonti rinnovabili, ho iniziato a essere coinvolto nel movimento sostenibile e portare soluzioni per quello che ritengo uno dei più grandi problemi del nostro tempo: il cambiamento climatico.

É qualcosa di difficile per un calciatore trovare il tempo - oltre il calcio - per un interesse così importante. Anche perché siamo abituati a vedere i calciatori solo come tali. Perché tanti giocatori non riescono a far emergere il loro pensiero su certi argomenti?

Per tanti anni è stato più difficile per un calciatore parlare di cose che non fossero calcio. Ma questo sta cambiando, e molto. Adesso, nel mondo dove viviamo c'è un problema di sfiducia in generale (verso la politica, ad esempio), ma il calcio sa essere ancora un'industria capace di far sognare, anche se questo - soprattutto oggi - è molto difficile. Lo sport, il calcio, può permettere alle generazioni più giovani di sognare. Per questo lo sport deve diventare un simbolo ancora più importante di prima e deve diventare un leader nella sensibilizzazione. I calciatori, i club hanno capito che è importante avere un'opinione. Vedo che molti giocatori hanno deciso di utilizzare la propria risonanza per avere un impatto positivo e per creare un cambio. Lo abbiamo visto negli ultimi mesi: guarda Marcus Rashford con i bambini poveri. Ora ci sono molti più atleti che hanno deciso di parlare e combattere per cose importanti. Direi che al giorno d'oggi parlare di cose importanti è meno un tabù rispetto a prima. Le persone condividono sempre più le proprie opinioni e anche i calciatori possono e devono farlo, soprattutto tramite i social media.

Quest'estate hai spiegato al Guardian che senti la necessità di vedere più giocatori "che pensano fuori dagli schemi". Tu sei un esempio di questi qui, ma per un giovane giocatore pensi che oggi sia più facile esprimere le proprie idee o, al contrario, con la pressione (mediatica, dei tifosi, delle aspettative in campo) sia più difficile?

Nel tempo diventerà più facile, adesso i ragazzi che entrano nel mondo del calcio hanno dei modelli di riferimento (Rashford, Bellerin, ndr), vedono che grandi calciatori lo fanno e ciò ispira i più giovani. cosa che alla mia età non succedeva, ma parlo anche fuori dal campo. Quando avevo 15 anni non c'erano ragazzi che protestavano nelle strade per certi valori o cause come quella climatica. Noi, i calciatori ma in generale quelli delle generazioni più grandi, dobbiamo imparare da questi ragazzi. Rashford e Bellerin mi rendono orgoglioso di far parte del mondo del calcio perché usano la loro visibilità per sensibilizzare su questioni importanti. Mi danno anche più fiducia nel fatto che saranno sempre più nel futuro. Diciamo che oggi i giovani hanno sì più possibilità, ma hanno anche molta più consapevolezza di cosa li circonda.

Insomma, i grandi giocatori dovrebbero utilizzare di più la loro visibilità. Una cosa che hanno fatto alcune squadre di calcio. Le politiche green stanno emergendo in molte realtà sportive, come il tuo Arsenal o il Forest Green Rovers. Come può il calcio avere un impatto importante in questa challenge che coinvolge tutta l'umanità?

Ho sempre detto che i calciatori e gli atleti hanno una responsabilità sociale, sono fondamentali in questo senso al 100%. Quando un atleta ha milioni di follower capisci l'impatto che il suo messaggio può avere, e non solo nel calcio: possono avere un impatto positivo per parlare di argomenti importanti. Colin Kaepernick in questo è stato fantastico. Un atleta, infatti, può parlare di tutto, dal Black Lives Matter, al clima o all'educazione. Lo sport è una delle piattaforme più importanti e seguite ed è normale che le società, gli atleti, abbiamo tutti la responsabilità sociale di avere un impatto positivo e creare un cambio di mentalità. Il calcio può aiutare a sensibilizzare ma quello del cambiamento climatico è una questione che va oltre. 

Che cosa si può fare concretamente?

La prima cosa da fare necessariamente è spiegare alle persone il problema del cambiamento climatico, aumentare la consapevolezza di come piccoli cambiamenti possano dare un contributo importante per l'ambiente. Personalmente trovo tre grandi fattori che influiscono nel cambiamento climatico. Innanzitutto la nutrizione: mangiare più sostenibile aiuta a contenere il problema climatico. Le industrie della carne rappresentano oggi il 17% dell'emissione di CO2 nell'aria, e riducendo la consumazione di proteine animali si può avere un impatto decisivo nella riduzione di carbonio nell'aria, e inoltre, la carne aumenta l'acidità nel corpo e ciò porta a stanchezza, anche per un atleta: io ho smesso di mangiare carne per ridurre problemi muscolari. É tutto un ciclo indotto dall'acidità della carne e questo necessariamente ti porta a una vita meno sana, e al contempo, intacca l'ambiente. 

Poi l'inquinamento, che soprattutto nelle città è gravoso. Ogni anno, dalle 4 alle 5 milioni di persone nel mondo muoiono per l'avvelenamento dell'aria, e questo è impressionante, anche perché tutti ormai viviamo sempre più in città e questo coinvolge molte più persone rispetto a prima. Dovremmo cambiare le nostre abitudini per ridurre l'impatto sulla terra, è il nostro tipo di contributo. Ad esempio, mi ha fatto molto piacere sentire dei cambiamenti di Milano e i provvedimenti per ridurre l'utilizzo del trasporto pubblico voluti dal sindaco Sala: io anche, quando vengo a Milano, mi sposto il più possibile in bici.

La plastica è il terzo grande problema. Secondo il WWF, ogni anno ingeriamo 250 grammi di microplastica presente nei pesci, l'equivalente di una carta di credito che, tra l'altro, in mare, è sempre meno. E il problema è che alla gente non interessa, ma non possiamo più chiudere gli occhi. Se noi sensibilizzassimo i più piccoli sull'importanza di questo problema, se facessimo capire anche a chi non ha contatto diretto con il mare la gravità della situazione, sarebbe già un contributo enorme. La sensibilizzazione su questi temi è fondamentale.

Alcuni giocatori come Dybala e Bellerin si sono dimostrati attivi socialmente. Con quali giocatori ti confronti o parli di temi extrasportivi?

Con Bellerin abbiamo fatto un podcast tre mesi fa in cui abbiamo parlato dell'ambiente. Cose di questo tipo mi fanno molto piacere. Vedere giocatori come lui alzarsi e mobilitare le persone che lo seguono per creare un ricambio di mentalità è un gesto fondamentale e che dovrebbe essere di ispirazione per tutti. Spero infatti che giocatori come lui ispirano altri atleti per parlare di più. Anche Mesut Özil ha lavorato molto con me.  

Esatto. Mesut Özil è stato un tuo compagno di squadra, ma adesso è anche un tuo partner commerciale. Avete lanciato insieme il progetto 'Unity', una piattaforma per il miglioramento della salute delle persone e che sensibilizza sui temi ambientali. Un'iniziativa importante.

Siamo amici dai tempi dell'Arsenal e ha sempre avuto progetti legati alla lotta delle disuguaglianze sociali. Lui lo vive come una questione fondamentale, mentre fra i due io ero più legato all'ambiente. In comune abbiamo che siamo atleti e che condividiamo la consapevolezza che spiegare come stare in salute può salvare una vita. Noi parliamo di healthy living: avere una vita sana può salvarti da molte cose. Io, Mesut e altri atleti siamo molto fortunati per avere accesso a informazioni su come stare in forma. Sentiamo dottori, nutrizionisti, mental coach e questi ci aiutano a essere al massimo nel nostro lavoro, dato che siamo performer. Abbiamo capito che la prevenzione è fondamentale. Per questo la nostra attività è importante: con i social e internet la gente non si informa bene, non sempre si trovano informazioni verificate. Abbiamo voluto creare una piattaforma che dia a tutti la possibilità di imparare come vivere meglio. Così noi abbiamo la possibilità di condividere informazioni affidabili basate sulla nostra esperienza di sportivi e sul parere di esperti, essendo tutte informazioni verificate da esperti e accademici.

Chiudiamo con un aspetto più personale. Le squadre di calcio sono ormai delle aziende a tutti gli effetti. Adesso sei un leader di un'azienda di un altro tipo e continui a lavorare a contatto con le persone. Per il tuo ruolo attuale quanto ritieni sia stato utile l'aver vissuto lo spogliatoio di una squadra di calcio?

Disciplina, dedizionee spirito di squadra. Questi sono i valori che ho imparato dal calcio. Mi sono allenato per arrivare e rimanere sempre al top, ai massimi livelli, quindi ho lavorato soprattutto per migliorare le mie performance e gestire la pressione, che a questi livelli è molto alta. La pressione ti aiuta a responsabilizzarti anche fuori dallo sport ed è importante anche quando sei un leader. Fin da giovane frequenti lo spogliatoio, dove ci sono figure più grandi di te ed è da loro che impari a comportarti, soprattutto impari lo spirito di squadra, che in azienda è fondamentale. Ho sempre paragonato il calcio dei massimi livelli alle forze militari: lì hai bisogno di una gran forza mentale, come nel calcio e nella vita.