Vedi tutti

5 motivi per restare svegli stanotte

Si gioca Houston-Golden State, gara 7 delle Wester Conference Finals

5 motivi per restare svegli stanotte Si gioca Houston-Golden State, gara 7 delle Wester Conference Finals

Da un punto di vista medico, i Playoff NBA possono danneggiare gravemente la salute. Serate passate sul divano con popcorn e Coca Cola: malnutrizione. Urla isteriche e strappi di capelli in occasione della dodicesima palla persa consecutiva: ipertensione. Nottate in bianco passate a vedere tutte le partite di tutte le serie Est/Ovest: grave carenza di sonno. Nonostante ciò, tutti i tifosi NBA hanno imparato a convivere con queste condizioni per due mesi circa ogni anno, soprattutto quando cominciano le Finali di Conference e poi le NBA Finals.

Ma visto che non tutti possono permettersi una notte insonne dietro l’altra - dando per scontato che però VOGLIANO farlo - bisogna saper scegliere con molta cura su quali partite puntare, per evitare di ‘sprecare’ ore e ore di prezioso sonno. E potrebbe non essere sempre così facile. Se dovessimo prendere come riferimento la teoria - gran cosa, sta teoria - dovremmo infatti puntare tutte le nostre energie sulle ultime partite della stagione, ovvero le NBA Finals. Quest’anno, però, vogliamo darvi un consiglio: non importa cosa facciate domani mattina, ma questa notte (tra lunedì 28 e martedì 29) guardatevi gara 7 delle Western Conference Finals tra gli Houston Rockets e i Golden State Warriors. Ecco perché.

 

The Best in the West

Negli ultimi anni, in pratica da quando LeBron James si è trasferito a Miami, tantissimi addetti ai lavori hanno sostenuto la teoria (supportata in parte dalle statistiche) della superiorità della Western Conference nei confronti della Eastern, coadiuvata dalle otto NBA Finals consecutive conquistate dalla squadra di King James. Che sia una questione di superiorità o semplicemente la mancanza di un giocatore dominante, è indubbio che la lotta per lo slot alle Finals nella parte occidentale della NBA sia quasi sempre stata molto più serrata e quest’anno non fa eccezione. In molti sono arrivati addirittura a considerare Houston-Golden State come una vera e propria ‘finale anticipata’. E non hanno completamente torto.

 

Game 7

La citazione “Best two words in sports: Game 7” compare ogni volta che una serie arriva fino alla settima gara, la decisiva, quella da dentro o fuori. Che sia retorica o verità, è indubbio che poche cose possano regalare emozioni come una sfida decisiva nei Playoff NBA, in particolare quando si arriva nelle fasi finali e decisive. Se in più si mettono di fronte due delle migliori squadre nella lega - se non le migliori in assoluto - la partita diventa assolutamente un ‘must’, una di quelle che potreste raccontare agli amici negli anni a venire.

 

Harden v Durant

I due signori che abbiamo messo in copertina non sono certo lì per caso. James Harden è l’ovvio MVP della regular season (seppur non ufficialmente), ma forse deve ancora fare quel passetto per diventarlo anche nei Playoff e nelle eventuali Finals. Intendiamoci, non è che stia giocando male, ma senza Chris Paul - fuori al 90% anche da Gara 7 - dovrà dimostrare di valere il titolo di ‘Most Valuable Player’, per sé stesso e per la sua squadra. Dall’altra parte Kevin Durant, che per lunghi tratti della serie (e dei playoff, e della vita) ha dimostrato di poter fare letteralmente quello che gli pare su un campo di basket e che vale sempre una notte insonne passata ad ammirarlo. Poi Curry, Draymond, Ariza, Gordon… Non è che gli altri siano scarsi eh.

 

Si gioca al Toyota Center

Poco fa parlavamo di quanto siano belle ed emozionanti le ‘Gare 7’ nel basket NBA. Ecco, pensate cosa può diventare quando una partita del genere si gioca in una città che ha vinto due titoli, ma nel biennio 94-95, toccata dalla recente tragedia della Santa Fe High School e in un Toyota Center che sarà pieno da scoppiare di texani indemoniati (in senso buono). Ecco, diciamo che probabilmente si sono visti vulcani meno bollenti.

 

Sistemi Contro

Quella tra Rockets e Warriors è anche una ‘guerra tra sistemi’. Da una parte abbiamo infatti Houston, che ha costruito la squadra attuale seguendo i dettami di Moneyball, in italiano “L'arte di vincere”, un film del 2011 diretto da Bennett Miller e ispirato a un libro di Michael Lewis. Si parla in pratica di ingaggiare un giocatore basandosi (anche) sulle ‘advanced analytics’, ovvero un sistema di statistiche molto approfondite che permettono di prevedere il comportamento di un determinato giocatore in una determinata situazione. Semplificando grossolanamente, potremmo dire che gli Houston Rockets dovrebbero essere composti dai giocatori statisticamente migliori per vincere un titolo. E poi il gioco, basato più sugli isolamenti di Harden e compagni, diametralmente opposto agli avversari.

Dall’altra parte abbiamo infatti Golden State, una squadra nata sul blueprint concettuale dei San Antonio Spurs, ovvero di integrare a roster i migliori giocatori in base al sistema di gioco, basato sì sulle qualità dei singoli, ma sempre esaltate dal gioco di squadra. Il lavoro iniziato da Mark Jackson e proseguito da Steve Kerr non sarebbe stato possibile senza il talento - in parte anche nascosto - di Curry, Thompson, Green e compagnia, che però a loro volta potrebbero non essere ciò che sono oggi se non fossero parte di una delle squadre più forti della storia NBA. 

Usando una metafora calcistica, potremmo dire che Houston-Golden State è un po ‘Il Clasico’ della NBA, con il tiki-taka del Barça da una parte e l’esaltazione della tecnica del Real dall’altra. E se il derby spagnolo è la più bella partita di calcio del pianeta, perché questa non può essere la più bella di basket?