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«Ducati è una tecnologia sofisticata e una bellezza sensuale»: intervista al CEO Claudio Domenicali

Cosa accade nella miglior casa motociclistica italiana quando si disegna una moto da corsa?

«Ducati è una tecnologia sofisticata e una bellezza sensuale»: intervista al CEO Claudio Domenicali Cosa accade nella miglior casa motociclistica italiana quando si disegna una moto da corsa?

La Design Week è finalmente iniziata e Ducati ha saputo come ritagliarsi un importante slot nell'affollato calendario milanese per raccontare i numerosi step che si susseguono nella produzione di una moto da corsa. Ci troviamo alla mostra Forma - Feelings designed by Ducati in Borgo Panigale, allestita presso il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci. È strutturata attraverso un percorso in sette tappe, ciascuna rappresentante i passaggi fondamentali mediante i quali i designer del Centro Stile Ducati e gli ingegneri del dipartimento R&D trasformano l’idea di moto in una vera e propria opera d’arte dalle linee sinuose, nel pieno stile del marchio. Il modello Ducati utilizzato per raccontare questo processo è la supersportiva per eccellenza della gamma di Borgo Panigale: la Panigale V4. Abbiamo l'opportunità di conversare con il CEO di Ducati Motor Holding, Claudio Domenicali, un vero professionista dei motori che ricopre questa posizione da più di 10 anni. 

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Ducati ha rappresentato sempre un'eccellenza italiana non solo in fatto di motori e telai, ma soprattutto di estetica e stile in sella. Come nasce questa combinazione?

«È questa l'essenza di un brand che si è evoluto nel tempo. Nasce nel 1926 e ha attraversato moltissime ere storiche, fin quando a metà anni Novanta ha trovato la sua collocazione finale con la nascita di un prodotto molto specifico, ovvero la Ducati 916, un'icona di quel decennio che ha rappresentato un punto di svolta. Pensa che quel modello si trova addirittura nella "sala del DNA" nel nostro museo. Si tratta di un prodotto che per primo ha dato vita all'idea di fondere una tecnologia sofisticata e una bellezza sensuale. Non si parla di un trade-off tra estetica e funzionalità, la vera challenge è trovare un'amalgama. Basti guardare la Panigale V4: una moto sportiva che rappresenta il massimo della performance e della tecnologia senza aver rinunciato (in nessun dettaglio) alla bellezza delle superfici».

Qual è la sfida più difficile che ha dovuto superare Ducati nella ricerca dell'equilibro tra bellezza e performance?

«La Panigale V4 ha rappresentato la sfida per eccellenza. Questa moto ha una caratteristica molto visibile, ovvero l'assenza dell'impianto di scarico. Normalmente l'impianto di scarico è ben in vista, ma in questo caso lo abbiamo nascosto sotto al motore. Si tratta di una posizione unica che rende la progettazione molto più complessa: gli ingegneri Ducati hanno saputo trovare un bilanciamento tra le emissioni fonometriche (ricordiamo che la moto deve essere omologata per strada e non può superare un certo livello di decibel) senza penalizzare le prestazioni del motore, rimanendo nello standard di volume che il design gli ha assegnato. Quando il veicolo è su strada trasmette un'unicità che deriva dalla nostra idea di realizzare forme emozionanti in grado di non sacrificare le performance del veicolo».

Quali sono le differenze più lampanti tra le automobili e le moto in termini di design?

«Il nostro centro stile lavora quotidianamente fianco a fianco con il reparto di ingegneria. Li abbiamo voluti fisicamente vicini perché nelle moto, differentemente dalle automobili, le componenti sono tutte in vista. Per questo, un impianto di scarico, piuttosto che una piastra portapedane, può risultare un elemento tecnico vincente in termini di design, ma bisogna essere molto bravi affinché questo accada, va data un'anima all'estetica scheletrica delle motociclette».

Quanto è importante avere dei designer interni all'azienda piuttosto che affidarsi a persone esterne? 

«Esistono scuole di pensiero molto diverse. Noi preferiamo coltivare il talento dei designer internamente, ma penso che abbia senso anche lavorare con persone esterne all'azienda - serve per portare nuovi contributi creativi. Noi però abbiamo fatto una scelta molto chiara quasi 20 anni fa: crediamo fortemente nell'idea di avere un design totalmente interno. Crediamo nella coniugazione fra l'ingegneria tecnica e design ed è molto difficile farlo se non si vive l'azienda dall'interno e non si respira la complessità tecnica e tecnologica dei prodotti Ducati che è all'ordine del giorno. Se non si va in azienda tutti i giorni c'è il rischio che le forme si allontanino dal DNA del brand, ma soprattutto che diventino impossibile da tradurre in un oggetto realmente funzionale e in grado di essere prodotto. Ricordiamoci che le moto devono superare una serie di normative di omologazione onestamente complesse. Normative sul rumore, inquinamento, frenata e molto altro ancora, anche per questo avere una scuola di designer interna risulta vincente, perché c'è bisogno di sviluppare, ogni giorno, una sensibilità che possa dar vita all'amalgama di cui parlavo inizialmente».

Se lei potesse scegliere un artista con cui collaborare per adornare la livrea di una motocicletta Ducati, chi sarebbe?

«Beh, questa è una domanda molto complessa. Siamo molto attenti a noi stessi. Cerchiamo di trarre ispirazione da tutto per portare avanti un design molto evolutivo. Cerchiamo sempre di evitare collaborazioni con artisti o designer esterni in quanto Ducati è un marchio con dei tratti di nobiltà. Perciò, la ricerca di elementi di rottura troppo forti si evita a prescindere. Per fare ciò bisogna avere un'ottima conoscenza del passato in modo tale da creare un vero e proprio continuum con il futuro. Inoltre, c'è una grande attenzione a preservare il concetto di stile sportivo italiano, dalle superfici morbide, eleganti, nobili. Bisogna essere eleganti con le superfici monocolore che non beneficiano di grafiche o schema colori. Noi vorremmo che la bellezza derivi dalle linee».