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Gli in-house kit più iconici di sempre

Una tradizione che accomuna tutti i campionati del mondo

Gli in-house kit più iconici di sempre Una tradizione che accomuna tutti i campionati del mondo

Ogni volta che il nostro occhio cade su una maglietta da calcio, specialmente quelle dei maggiori campionati europei e mondiali, ci aspettiamo di vedere loghi come lo Swoosh di Nike, le Three Stripes di adidas, il rombo di Umbro, le iniziali di New Balance o molti altri, come il puma dell'omonimo brand, gli Omini di Kappa, il runbird di Mizuno oppure gli archi sovrapposti di Under Armour. I sodalizi che nascono tra i club di calcio e i supplier riescono a delineare l'identità visiva di una società, segnando, quantomeno dal punto di vista estetico, intere ere calcistiche.

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È per questo motivo che da quando si è diffusa la voce che il Barcellona, dopo ben 26 anni, interromperà il rapporto con Nike, si è speculato molto sul successore dello Swoosh, nonostante lo scenario più interessante riguarda il fatto che i blaugrana potrebbero prodursi in maniera autonoma le divise. Sarebbe un inaspettato salto nel passato alla stagione 1979/1980, brevissimo periodo in cui a firmare i kit del club fu Mont-Halt, un marchio di proprietà di Agustí Montal Costa, l'allora presidente. Qualora si concretizzasse, quello del Barça sarebbe un gesto quasi rivoluzionario; un cambio di strategia nato all'insoddisfazione verso la cifra che Nike è disposta a pagare al club, ritenuta insufficiente nonostante si aggiri sui 150 milioni di euro annuali. Le notizie dei prossimi giorni sapranno dare maggiori chiarimenti su questa situazione; è giusto sapere, però, che la pratica di prodursi i kit in autonomia è diffusa già da tempo: ci sono tante squadre, specialmente tra fine anni Novanta e metà anni Duemila, che hanno rifiutato - o semplicemente non ottenuto - accordi con i grandi brand, optando per una produzione delle divise in-house. 

AS Roma 2013/2014

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Alcune delle divise in-house più iconiche di sempre appartengono ai Giallorossi e sono, al contempo, uno degli esempi più recenti e particolari a rientrare in questa speciale categoria. Sulle magliette della Roma di quell'anno non comparve nessun tipo di sponsor tecnico in quanto il contratto decennale firmato con Nike - che interruppe la sponsorship con Kappa - sarebbe partito dalla stagione successiva, motivo per cui il presidente James Pallotta non si preoccupò di cercare uno sponsor tecnico solamente per la singola stagione. Fu un'annata particolare per i Giallorossi, che si trovarono anche senza main sponsor. L'altrettanto iconico Wind scomparve a favore di Roma Cares, la fondazione benefica promossa dalla società. Una maglietta unica, non solo perché era unbranded, ma anche per il design della maglietta ispirato alla Roman, una delle tre squadre da cui nacque la società che conosciamo ancora oggi. 

Perugia 1995/1996

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In-house kit oppure no? Quando si parla di kit autoprodotti, una delle storie più difficoltose da sviscerare è quella di Galex. Il brand venne fondato da Alessandro Gaucci, CEO del Perugia e figlio del presidente del club Luciano Gaucci, debuttando ufficialmente sulla maglia della squadra in quella stagione, dopo aveva interrotto da qualche anno la sponsorship con Ellesse. Galex si affermerà come vero e proprio portafortuna per il club umbro, che riuscì a lasciarsi alle spalle la serie cadetta arrivando in Serie A. Galex, però, nonostante portasse il nome della famiglia Gaucci, non lo ricordiamo come esclusiva del Perugia: negli anni sponsorizzò altri club italiani, come Catania, Ascoli e infine il Gallipoli nella stagione 2006/2007. 

Borussia Dortmund 2000/2001 - 2003/2004

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Abbandonare brand del calibro di PUMA, adidas e Nike, può rivelarsi un azzardo. Un esempio è quello del Borussia Dortmund, che decise di inaugurare il Ventunesimo secolo gareggiando proprio con i top supplier succitati, lanciando Goool.de. Goool.de è stata un'azienda sussidiaria del BVB, specializzata nella produzione di item sportswear, dal calcio, al curling, all'hockey. In maniera analoga a Galex, nonostante fosse di proprietà del club della Vestfalia, ha sponsorizzato negli anni altri club: Victoria Köln e FC Dynamo Dresda. Secondo un report condotto dalla famosa rivista Kicker, Goool.de nel 2001 ha generato profitti pari a 110.000 euro, mentre ha chiuso l'annata 2005/2006 con una perdita di circa 1.3 milioni di euro, dovuta anche al fatto che il Borussia Dortmund siglò un accordo con Nike. 

Southampton 1999/2000 - 2007/2008

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Nel labirinto del web, si trovano una miriade di foto dell'esordio di Gareth Bale in Premier League. Il Gallese militava tra le fila del Southampton, e sulla maglietta da lui indossata si può scorgere un logo a forma di S. Il marchio in questione era Saints, fondato dalla società stessa e considerato un capitolo importante per la club identity dei Biancorossi. Il nome del supplier, di fatti, fa riferimento proprio al soprannome più utilizzato per il Southampton, "The Saints": ecco perché i tifosi sono soliti intonare le noti della canzone When The Saints Go Marching In

Real Betis Balompié 2009/2010 - 2011/2012 

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Spostandoci in Spagna, uno degli esempi più memorabili è quello del Real Betis Balompié, club che oggi è sponsorizzato proprio da Hummel che sogna di espandersi ne LaLiga conquistando la jersey del Barcellona. I kit in-house del club di Siviglia dimostrano come questi possano trasformarsi in loghi totalmente autoreferenziali: sulle divise utilizzate durante quel biennio, infatti, comparve l'acronimo RBB, riferito proprio al nome ufficiale della squadra. Insomma, lo sponsor tecnico può a volte trasformarsi in un vero e proprio doppio logo