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I paninari dello stadio come rito collettivo

Fenomenologia del calcio mangiato, tra salamelle e salse

I paninari dello stadio come rito collettivo Fenomenologia del calcio mangiato, tra salamelle e salse

L’esperienza di una partita di calcio in tv è molto diversa da quella dal vivo. Partiamo da una banalità per provare ad entrare dentro il cuore dell’argomento in questione, superando quanto sia emozionante sentire i cori e le coreografie dei tifosi, di quanto sia bello urlare a squarciagola e abbracciare lo sconosciuto seduto nel seggiolino a fianco, come fosse l’amico di una vita. Ritrovarsi con amici e amiche in casa per guardare il big match di giornata è un toccasana in qualsiasi stagione dell’anno, ma la differenza principale tra il calcio dal vivo e quello in tv è forse nella ritualità del prepartita, in quella sensazione che si ha allo stadio di esser parte di una liturgia a cui partecipano migliaia di persone. Ci sono tutti gli elementi del caso: le processioni verso lo stadio e i personaggi che celebrano questi rituali, a cui affidiamo scaramanzie e tradizioni che non possono essere alterate in alcun modo. Tra questi momenti, la sosta ai chioschi dei paninari è tra le tappe più importanti del prepartita, capace di trasformare l’attesa in una festa, in una fiera gastronomica in cui iniziare a sentire il termometro della serata, raccogliere gli ultimi pronostici disfattisti o sentirsi parte di un unico, grande, momento collettivo.

Se la pizza o l’hamburger d’asporto mangiati direttamente sul divano hanno sempre il loro fascino, i paninari rendono unico il prepartita allo stadio perché lo trasformano in un’esperienza sensoriale. Stando comodi sul divano, da casa si riesce ad entrare dentro lo stadio, scoprendo in anteprima quello che succede negli spogliatoi e nel tunnel, dai quali vediamo sbucare i calciatori che ci fanno entrare in clima partita immediatamente. Dal canto loro nei chioschi risiede la bellezza e la capacità di prolungare il rapporto con l’esterno degli stadi, guardarli da fuori come cattedrali e avvertirne la grandezza. Il colpo d’occhio di San Siro da Piazzale Angelo Moratti è tra le esperienze più suggestive che si possono provare da tifosi ed è proprio lì che decine di paninari consegnano panini colanti di salse da decenni. A quel punto il chiasso davanti alle piastre e alle spine stimola i sensi, così come la scia di profumo che scorre per le vie che portano ai tornelli e il sapore dei panini, ai quali non si chiede di essere gourmet, ma di essere quello di sempre, e magari portare fortuna.

La mistica che circonda i paninari è legata anche al fatto che questi luoghi ribaltano completamente la prospettiva rispetto alla partita. Il centro dell’esperienza non è dentro al campo ma fuori, dal calcio giocato al “calcio mangiato”, termine utilizzato dall’azienda di salse Heinz nella sua ultima campagna. Il progetto lanciato durante le feste da Heinz racconta bene il ruolo dei paninari all’interno del mondo del calcio e quel legame che si crea tra cibo e calcio. Attraverso le storie di tre protagonisti viene raccontato come i chioschi facciano parte della vita dello stadio e contemporaneamente siano un mondo a parte, con le persone dietro ai banconi che da anni, in alcuni casi addirittura decenni, presenziano fuori dallo stadio ad ogni partita, sempre nella stessa piazzola guardando entrare negli stadi generazioni di tifosi senza mai assistere ai match.

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Il chiosco, come la salsa, diventa quindi l’elemento che aiuta a dare sapore a tutto il resto, ed è facile entrare nella metafora attraverso le storie di Mauro, Ruggiero e Sofia, che per una volta riusciranno ad assistere alla partita, quella che fino a quel momento hanno solo potuto immaginare grazie ai cori e alle urla che si alzano dalle tribune. Durante i 90 minuti infatti, mentre il piazzale si svuota, da fuori il calcio diventa un racconto di suoni e questi protagonisti, da soli, aspettando che escano di nuovo i tifosi, hanno imparato a riconoscere l’andamento delle gare e i marcatori. 

Mentre i tabelloni dello stadio segnano e scandiscono il tempo, il rito collettivo che si celebra davanti a salse e condimenti vive in un tempo sospeso, non c’è orario per un panino con ketchup e maionese. Che sia anticipo, posticipo, infrasettimanale o match di mezzogiorno, primavera o inverno, il panino supera ogni convenzione, ogni buon proposito di dieta, e quello pre partita è solamente la premessa a quello post partita, che consolerà una sconfitta o celebrerà una grande vittoria.