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Busquets ha fermato il tempo a Barcellona

Lascia il club il centrocampista che con la pausa ha definito un'era

Busquets ha fermato il tempo a Barcellona Lascia il club il centrocampista che con la pausa ha definito un'era

Il vento che da Bogatell si incanala nel reticolo di vie di Barcellona sembra avere per gli abitanti un effetto anestetico sedativo. Il ritmo della città catalana non è quello di tante metropoli europee votate al progresso spinto dalla tecnologia e alla privatizzazione degli spazi pubblici. A Barcellona la vita scorre a 0.5x senza che questo faccia sembrare la città in ritardo rispetto al mondo, ma come un sistema che permette la sincronia di tutti i suoi ingranaggi. Un modello che ha il pregio di rendere facile il difficile e il barocco, che volutamente ha nell'abbassamento dei ritmi la chiave per vivere una città di porto, molto turistica, con un urbanistica serrata che alterna perpendicolari a spazi in cui l'occhio ha uno sfogo orizzontale.

Questo modo tutto catalano di scandire il tempo, alternando ritmo e pausa, è stato anche quello del grande Barcellona di Guardiola e di tutta quella generazione, che non avrebbe potuto vincere quello che ha vinto senza le pause di Sergi Busquets. Il capitano del Barcellona ieri ha annunciato ufficialmente che lascerà il club, dopo 15 anni in prima squadra, 31 trofei (aspettando La Liga che potrà alzare già nel prossimo weekend) e il terzo posto di sempre nella classifica di presenze. 

Quando Busquets esordisce con la prima squadra del Barcellona nel settembre 2008, in quel tridente di centrocampo composto da Xavi e Iniesta, l'idea europea di regista aveva caratteristiche diverse da quelle di "Busi". Per esempio Scholes, così come Mascherano erano più intensi e dinamici, Pirlo più bravo a lanciare la palla lunga e in generale il centrocampista europeo dell'epoca era sempre legato a una fisicità che non rispecchiava quella longilinea di Busquets. 

A guardare oggi Busquets nel contesto dell'epoca sembra un calciatore anacronistico, più legato al futsal o ai tipici 5 sudamericani che tengono palla per poi uscire dalla pressione con la tecnica. Il sistema di quel Barcellona non aveva bisogno che i giocatori portassero palla e la grandezza di Busquets è stata proprio quella di dare un nuovo significato al 5, da quel momento valutato come un 10 anche per la capacità di saper passare il pallone velocemente e nel breve, come dichiarato anche da Riquelme, forse il migliore interprete con quelle caratteristiche. 

La legacy di Sergi Busquets è stata quindi soprattutto quella di aver interpretato un nuovo ruolo, prendendo le parti e le zone di campo del regista senza mai esserlo, in una squadra in cui quel ruolo si è spostato più in avanti nel campo. È probabile che per caratteristiche in Premier League la carriera di Busquets non sarebbe mai iniziata, lui che era stato scartato dal Barcellona nelle giovanili quando giocava come attaccante, per poi essere ripreso a 15 anni, dopo un passaggio nelle squadre della periferia catalana e l'arretramento a centrocampo. In un anno dalla squadra B del Barça alla finale di Champions League contro il Manchester United, la pausa che Busi ha dato al gioco di Pep è stata decisiva per far giocare meglio tutti i suoi compagni. 

L'altruismo che serve per raccontare la carriera di Busquets - che a quanto pare potrebbe continuare in Arabia Saudita o in MLS - non passa per la retorica del sacrificio che spesso riempie di miele il racconto sportivo, ma come una necessità tattica, molto in linea con il carattere del personaggio. Guardiola ha detto di lui «Apprezzo la sua umiltà. (…) il fatto che sappia vivere senza dover essere il protagonista. Sa che i suoi compagni sanno che senza di lui non potrebbero fare molte delle cose che sono in grado di fare».

Busquets ha fermato il tempo a Barcellona Lascia il club il centrocampista che con la pausa ha definito un'era | Image 452360
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Anche negli anni post Pep Guardiola, Busquets ha interpretato il proprio ruolo senza modificare posizione in campo o compiti. In un panorama di gioco che è cambiato radicalmente dal 2008, la pausa che Busi ha dato al gioco ha aiutato tanti 11 titolari (10+1) ad avere un'idea più omogenea di concetti tattici anche cervellotici, restituendo quasi una sanità mentale alle squadre nella quali ha giocato e vinto.