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"Er morto puzzerà tutta la settimana": Roma si prepara al derby della Capitale

Un viaggio nella capitale italiana prima della partita che vale una stagione intera

Er morto puzzerà tutta la settimana: Roma si prepara al derby della Capitale Un viaggio nella capitale italiana prima della partita che vale una stagione intera
Fotografo
Mattia Eusepi

“Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. E’ rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci.”
Così scriveva Pier Paolo Pasolini, di cui da pochi giorni si è celebrato il centenario della nascita, in riferimento al calcio, di cui era un grande appassionato. Una passione quella di PPP per il calcio nata dapprima sugli spalti del Dall’Ara dove era solito andare a sostenere il suo Bologna, e poi rafforzata nei suoi anni a Roma, dove, da grande osservatore metropolitano quale era, visse il calcio nella sua totalità, dalla realtà dei campi della sue amatissime borgate fino agli spalti dell’Olimpico come corrispondente per l’Unità. Proprio dagli spalti dell’Olimpico firmerà un reportage su un derby tra Roma e Lazio del 1957 dal titolo emblematico “Er morto puzzerà tutta la settimana”.

"Er morto puzzerà tutta la settimana." Una metafora. Una metafora particolarmente forte, vero. Ma che rende a pieno lo spirito con cui Roma affronta i giorni successivi ad un derby. Nella maggior parte dei casi c’è un “vincitore” e c’è un “vinto”, “er morto” appunto, al quale la pietas non è quasi mai concessa e che per tutta la settimana successiva (nella più rosea delle ipotesi) dovrà subire prese in giro, sfottò e ogni altro tipo di angheria dal tifoso della squadra che invece il derby lo ha vinto. Che detta così sembra una cosa anche piuttosto normale, ma a Roma quasi nulla quando si parla di calcio è normale o comunque nei limiti dell’ordinario.

Roma vive di calcio, ne è affamata, bulimica, e amare il “lifestyle” della città significa amare anche quel lato grottesco e infantile che trasforma il più rispettabile dei professionisti in un bambino di sei anni ogni volta che si parla di Lazio e di Roma. La quotidiana “lotta” tra laziali e romanisti non prevede momenti di tregua, ogni occasione è buona per prendersi in giro e, anche tra amici, affettuosamente insultarsi. Che sia un incontro casuale, una cena, un matrimonio o un funerale.
E se la settimana dopo la partita è la settimana della gloria per gli uni e della mestizia per gli altri, la settimana che precede il derby ha tutt’altro sapore. Nessuno parla esplicitamente, nessuno sfotte esplicitamente l’altro. Come in una sorta di stallo alla messicana, tutti pensano qualcosa ma pochi parlano, quasi nessuno.

Al Foro Italico, ai piedi dello Stadio Olimpico, c’è chi esorcizza l’attesa del big match con una corsa sulla pista d’atletica dello Stadio dei Marmi, mentre alcuni operai iniziano a montare le strutture per l’accoglienza ai tifosi fuori dalla Curva Sud. Uno di questi ci dice “Je ne famo due, almeno”. Il collega accanto si gratta, non si sa mai.

Fede e superstizione. Sono queste le due parole chiave della settimana del derby in città, quasi nessuno si sbilancia su un pronostico, per non portarsi male da solo. L’atteggiamento non cambia sponda Lazio. Risponde vagamente anche Enrico del Grottino del Laziale, storico locale crocevia di tanti personaggi del mondo biancoceleste (e non solo) di Viale Romania, nel cuore dei Parioli, mentre ci serve la sua cacio e pepe.

Si sbottona un pochino di più la signora Liliana, storico volto del Mercato Italia di Via Catania, al Nomentano “Io so laziale da quando so nata... andrà bene me lo sento”, ci dice sotto gli occhi della gigantografia di Giorgio Chinaglia che espone fiera insieme a tanti adesivi della Curva Nord al suo banco di verdura.

A San Lorenzo, storico feudo del tifo giallorosso, nessuno apre bocca. Parlano gli sfottò sui muri, i cartelli stradali coperti totalmente di adesivi, i murales a Via degli Equi di fronte alla storica sede dei Boys San Lorenzo. Qui non c’è spazio per altre fedi che non siano quella per la Roma ed i suoi colori. In un altro feudo giallorosso storico, Testaccio, ci fermiamo a prendere un caffè al bar prima di raggiungere la sede dello storico “Roma Club Testaccio”. “Sarà una partita aperta...e poi i derby non conoscono pronostici...so partite a sè stanti, conta l’atteggiamento...” ci dice Bruno al bancone e aggiunge “chiaramente speriamo de asfaltarli a sti sbiaditi”. Al San Calisto, storico bar di Trastevere, invece l’atmosfera è meno faziosa: seppur Marcellino, il mitico proprietario del bar, sia di fede giallorossa, i suoi due collaboratori sono lazialissimi. “Shhh tocca sta in silenzio, non siamo come i “peperoni” che chiacchierano prima, fanno sempre tutta sta caciara...” “Peperoni” perché, come i peperoni appunto, gialli e rossi. “Sbiaditi” per via dei colori sociali bianco e celeste, poco accesi. Peperoni e sbiaditi sono solo due dei tanti modi di apostrofarsi, prendersi in giro bonariamente. Una lingua parallela fatta di frasi che solo i romani capiscono e sanno decifrare. Una battaglia a suon di bombolette spray sui muri della città. “11 anni in B” rinfacciano i romanisti ai Laziali, “27 anni dopo” rispondono i Laziali ricordando ai cugini che la Lazio è stata fondata prima della Roma. Per citarne solo due tra le più gettonate.

La verità è che questa rivalità, questo confronto perenne, questo parlare di Lazio e di Roma in ogni luogo e occasione, rende essenzialmente gli uni indispensabili per gli altri. La Lazialità senza la Roma sarebbe qualcos’altro, sicuramente un sentimento diverso e meno “ricco”, e viceversa l’essere Romanisti senza la Lazio.

Roma vive la settimana del suo derby con la sua tipica passione viscerale, infantile, disperata, di due tifoserie ricche di storia che non vivono quasi mai momenti di gloria all’altezza della loro immensa passionalità e per cui un derby vinto può radicalmente cambiare il senso di una stagione.
Roma, chiusa nel suo silenzio rumoroso tra fede e superstizione è pronta alla Partita, con la P maiuscola, e qualsiasi sia il vincitore una cosa è certa, come sempre: er morto puzzerà tutta la settimana.