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All or Nothing è davvero servito alla Juventus?

La serie di Amazon sulla deludente stagione 2020/21 dei bianconeri potrebbe essere sia un prezioso asset che un prodotto da dimenticare il prima possibile

All or Nothing è davvero servito alla Juventus? La serie di Amazon sulla deludente stagione 2020/21 dei bianconeri potrebbe essere sia un prezioso asset che un prodotto da dimenticare il prima possibile

Sappiamo che non è stato facile far uscire questo nuovo capitolo della serie antologica “All or Nothing” che segue la stagione 2020/21 della Juventus, in ritardo rispetto ai precedenti episodi su Manchester City e Tottenham Hotspurs, molto probabilmente perché i risultati ottenuti dai bianconeri sono stati molto al di sotto delle aspettative. Le malelingue sostengono che sia stato lo stesso Andrea Agnelli ad aver cercato di bloccare l’uscita della serie, viste le non lusinghiere esternazioni proprio del Presidente riguardo sia l’annata precedente con in panchina Maurizio Sarri sia il fiasco della SuperLeague da lui guidata in prima persona. E’ indubbio che quando ha firmato l’accordo con Amazon Prime la Juventus non si aspettava di disputare una stagione del genere, una delle peggiori della propria storia recente. Quella infatti che avrebbe dovuto essere la consacrazione di un ciclo con il raggiungimento del decimo scudetto consecutivo si è trasformata in una deludente e decadente passerella per i grandi campioni della scorsa generazione.


La Juventus è stata la prima squadra italiana a chiudere un contratto con il servizio streaming di Amazon, un contratto che si vocifera sia stato piuttosto redditizio anche se non ci sono ovviamente cifre ufficiali. Secondo The Telegraph tre anni fa il Manchester City ha guadagnato oltre 14 milioni di euro dalla propria serie, considerando sia i soldi pagati da Amazon che quelli incassati in merchandising attraverso la visibilità ottenuta. Similmente anche il Tottenham Hotspurs ha goduto della stessa fortuna economica, come specificato nell’analisi finanziaria della Deloitte Football Money League 2021, e la Juventus spera di essere la prossima beneficiaria. 

Per quanto il prodotto non sia al livello dei precedenti, anche l’All or Nothing sulla squadra juventina potrebbe diventare un grande volano per posizionare il club su un piano ancor più internazionale uniformando il proprio brand alle squadre della Premier League. Una precisa volontà della proprietà Agnelli, che è iniziata con il nuovo stadio, Allianz Stadium, e nel restyling minimale del logo oltre alla collaborazioni out of the box come con Palace e Seletti. Una voglia di svecchiare il proprio profilo, di arrivare anche a generazioni più giovani, che è in contrasto con la narrazione proposta in All or Nothing, fortemente sbilanciata sulle posizioni dei senatori a scapito dei nuovi talenti e dei giocatori internazionali.

Inutile sottolineare come Gianluigi Buffon, Leonardo Bonucci e Giorgio Chiellini siano i reali protagonisti di queste otto puntate uscite il 25 Novembre su Amazon Prime, più attenta a guardare e celebrare il passato piuttosto che testimoniare l’attualità. Quella tra la vecchia guardia e il nuovo ciclo di giovani innestati negli ultimi due anni che non ha funzionato né in campo né davanti alla telecamera. Una fusione a freddo mal gestita da Andrea Pirlo in panchina e che è rimasta sotterrata da palate di retorica e nonnismo nella serie, con estenuanti riferimenti alla mentalità dei grandi vecchi ed ai giovani che li devono prendere come esempio.

La difficoltà di dosare tutte le parole d’ordine della Vecchia Signora, fatte di “le finali non si giocano, si vincono” o “questo è lo stile Juventus”, con un approccio più moderno, inclusivo e partecipato ha reso il prodotto finale faticoso e in definitiva poco interessante. Rispetto alle precedenti edizioni, incentrate su figure agli antipodi come atteggiamento ma simili in quanto a carisma come Pep Guardiola e José Mourinho, manca un vero catalizzatore. Ad anni di distanza dalla loro uscita, i discorsi motivazionali di Pep negli spogliatoi come le sfuriate di Mou sono ancora dei cult mentre la presenza di Pirlo nella serie è laterale, come fosse già segnata dal destino dell'allora neotecnico bianconero. 

Allo stesso tempo la personalità più forte, quella di Cristiano Ronaldo, che negli occhi dei dirigenti Amazon doveva essere il riferimento per il pubblico internazionale essendo un brand ancora più seguito rispetto alla squadra bianconera, è un corpo estraneo al gruppo e alla serie. I suoi momenti migliori sono sempre lontano dalla squadra, quando prende da solo il sole senza maglietta o deve registrare lo spot natalizio dei bianconeri, e l’unica scena dove l’intensità è tangibile, ovvero il litigio con Cuadrado nell’intervallo della partita di ritorno dei sedicesimi di Champions League contro il Porto, è una scialba imitazione rispetto alle scene che abbiamo visto nelle altre edizioni di All or Nothing.

In generale l’intero progetto mostra tutte le difficoltà produttive e successivi intoppi distributivi e non raggiunge il livello di immediatezza necessaria per ottenere un risultato in linea con l’estetica della serie. Sicuramente le restrizioni dovute al Covid-19 hanno complicato i piani, ma in All or Nothing Juventus mancano quelle riprese rubate, i dietro le quinte e quei dettagli finalmente svelati che rendono davvero interessante un progetto di questo tipo. Allo spogliatoio è stata sostituita la casa privata dei giocatori e alla loro voce quella fastidiosamente impostata fuori campo che fa immediatamente programma di Alessandro Borghese.

La Juventus inoltre sta vivendo proprio in questi giorni il caos legato alle inchieste di Consob e Procura di Torino sulle plusvalenze falsate negli ultimi anni per ripianare i buchi di bilancio. Una nuova frattura nella corazza del solitamente inscalfibile stile Juve, che questa stagione di All or Nothing avrebbe dovuto contribuire a rilanciare. Invece nonostante la serie di Amazon segua quel filone contemporaneo di prodotti audiovisivi che lasciano avere in mano alle squadre ed ai giocatori il proprio storytelling, la Juventus ha dimostrato che ancora non ha scelto se vuole davvero barattare il proprio austero profilo con la trasparenza richiesta dalla transmedialità contemporanea. E così come per la propria rosa, sospesa tra anziani senatori e giovani in rampa di lancio, dovrà allo stesso modo prima o poi decidere che direzione prendere con la propria comunicazione.