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Cosa ci dicono gli outfit degli allenatori della Champions

L’abito non fa il monaco ma spesso fa l’allenatore

Cosa ci dicono gli outfit degli allenatori della Champions L’abito non fa il monaco ma spesso fa l’allenatore

Le sfide delle notti magiche di Champions non avvengono solo in campo tra i giocatori ma spesso anche ai lati del rettangolo verde di gioco tra gli allenatori. Figure mitiche, iconiche, che vivono la partita con un’intensità persino superiore a quella dei loro stessi atleti trasformando il bordo campo in una scenografia teatrale. E da attori consumati usano i loro vestiti per entrare ancora più nel ruolo che devono interpretare per i canonici novanta minuti. 

Silicon Valley Guru

Pep Guardiola non ha solo rivoluzionato il tiki taka ma soprattutto il guardaroba che un allenatore può vestire a bordo campo, aggiungendo items che vengono direttamente dalle presentazioni multimediali della Silicon Valley. Pantaloni leggeri dai tagli slim, golf girocollo monocolore che sembrano stampati sul momento, brand tecnici e di alta moda mai visti prima sul manto erboso ma indossati sempre con grande naturalezza. 

E poi ovviamente nelle serate più fredde l’immancabile piumino, il capospalla perfetto per chi interpreta una partita di calcio come una presentazione Apple. Leggero, funzionale e minimale dona a Guardiola quell’aria da santone che il suo gioco proposto in campo conferma ad ogni partita. Una simbiosi tra il look fuori dal campo e la filosofia di gioco che ha fatto scuola, specialmente tra la nuova generazione di ragazzi terribili della panchina, cresciuta più su Football Manager che sui campi di provincia. Julian Nagelsmann, il più giovane allenatore di questa Champions, ha rinnovato la panchina del Bayern Monaco con look da esperto di Bitcoin, tra il normcore e l’occasionale eleganza pacchiana. 

Il campione in carica Thomas Tuchel invece rappresenta il punto di congiunzione tra l’ascetismo di Guardiola e la concretezza della scuola tedesca, unendo pantaloni e girocollo monotone all’ormai celebre smanicato con il quale ha alzato l’ultima Coppa dalle grandi orecchie. 

Brand Ambassadors

La logomania ha sempre trovato terreno fertile tra i tesserati delle squadre di calcio, specialmente tra gli allenatori vecchia scuola troppo concentrati sulle questioni di campo da non aver tempo per ragionare sulla propria rappresentazione. E quindi la soluzione più semplice è sempre stata quella di prendere i capi d’abbigliamento che la società stessa gli fornisce, spesso in forma di giacconi color maltempo, e di indossarli anche e soprattutto durante le partite più importanti della stagione. 

Un atteggiamento che possiamo azzardarci a definire Gorpcore per il modo col quale ricicla items nati per contesti prettamente utilitari e lavorativi e li lascia entrare nelle serate di gala del calcio internazionale. Ma se Yuriy Vernydub, l’allenatore dello Sheriff Tiraspol, la squadra rivelazione di questa Champions, è perfettamente in parte con i suoi giacconi Adidas presi in prestito dagli anni 00, meno si può dire di Ole Gunnar Solskjær che esibisce il logo del Manchester United sul petto ad ogni uscita forse nella speranza di non farsi cacciare. Non è quindi un caso se in campo i Red Devils sono poco ispirati quanto i look del proprio allenatore a bordo campo.

Jurgen Klopp invece nella sua esperienza a Liverpool sta via via normalizzando il proprio look aderendo alle scelte societarie in termini di sponsor tecnici da usare a bordo campo. Tranne per le scarpe visto che recentemente è diventato Brand Ambassador di Adidas. 

Se solitamente un allenatore che indossa i giacconi della società passa per catenacciaro o difensivista, alcuni dei più profondi innovatori del calcio recente come Bielsa e Sarri non hanno mai prestato troppa attenzione alla loro immagine. In loro assenza in questa Champions rimane solo Julen Lopetegui, che dopo la vittoria in Europa League ha riportato il Siviglia nella competizione maggiore. Peccato possegga il non invidiabile potere di sformare ogni capo di vestiario che si posa sulla sua figura. 

Il completo della domenica

Gli stadi finalmente pieni, l’inno che risuona nelle enormi casse, le migliaia di telecamere accese: la Champions è una serata di gala alla quale non ci si può presentare non lucidati per l’occasione. Così anche chi normalmente vorrebbe indossare un tutone è spinto a rovistare nel retro dell’armadio per cercare quel vecchio completo che con un passaggio in tintoria può ancora andar bene. 

Erik ten Hag nelle partite europee del suo Ajax aggiunge un blazer al suo solito look formato da golf girocollo e camicia bianca con pantaloni a contrasto. Una forma minima di eleganza, quasi come se dovesse ottemperare ad un dress code per poter accedere allo stadio per seguire la sua squadra. Gian Piero Gasperini invece quando rinuncia al suo classico maglione con scollo a V per lasciar spazio al nodo della cravatta usa il completo con lo stemma dell’Atalanta, a testimonianza che tale item non abbonda nel suo guardaroba. 

Jesse Marsch, l’unico allenatore statunitense della Champions, per evitare l’effetto Ted Lasso usa completi molto slim e cravatte strette ma si vede che è più a suo agio con un paio di jeans e una hoodie. Almeno finora ha evitato l’armadio delle giacche del suo predecessore al Red Bull Lipsia, Julian Nagelsmann.

Dress to kill

C’è invece chi vive il completo come una seconda pelle ed in Champions sfrutta il gap di carisma che tale abito può garantire. Un completo monocolore perfettamente tagliato permette a chi lo indossa di staccarsi filosoficamente dal fango del campo erboso e di agitarsi a bordo campo senza perdere lo stile.  

Simone Inzaghi predilige un taglio corto al quale associa una camicia bianca e cravatta stretta che gli lascia la giusta mobilità per esibirsi nella sua gestualità da cartone animato, sempre pronto ad abbracciare chiunque si trovi a tiro. Il suo collega nell’altra squadra milanese, Stefano Pioli, invece per la Champions usa spesso un tre pezzi che gli consente di mantenere il classico aplomb british anche nella più intensa delle battaglie. 

Ma il fuoriclasse di questa categoria è ovviamente Diego Simeone, che indossa un iconico completo total black come se fosse John Wick e si muove tarantolato durante la partita come dovesse scappare da centinaia di sicari. Il suo Atletico ormai è indistinguibile dai suoi look a bordo campo: intenso, esuberante e coatto nonostante il prezzo sul cartellino dei singoli pezzi in campo o indosso.