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Parma Calcio, la storia di una provinciale in Europa

Dalla Coppa UEFA ai tribunali, la storia recente di una delle "7 sorelle"

Parma Calcio, la storia di una provinciale in Europa Dalla Coppa UEFA ai tribunali, la storia recente di una delle 7 sorelle

La Via Emilia, fatta costruire da Marco Emilio Lepido nel 189 a.C. dimostrò subito la sua importanza strategica. Le città che si svilupparono lungo di essa sono esempi compiuti dell’efficienza del modello urbanistico romano, da Placentia a Ariminum, e soprattutto Bononia e Parma, città che non riesce a rinunciare al suo passato nobile, aristocratica sedotta dalle false promesse di qualche ragazzaccio interessato solo a mettere le mani sulla sua eredità. Tra quelle lungo l’asse romano, la città di Toscanini e Bertolucci è quella che ha più tradizione calcistica, e nonostante il Parma Calcio negli ultimi anni è ricordato più facilmente come un mucchio di carte nello studio di qualche avvocato, la storia ci consegna ricordi di un Parma come buon riassunto del calcio italiano anni '90. Proprietari nel pieno del miracolo economico italiano, non misteriosi fondi stranieri ma tifosi della quadra della propria città (vedi Berlusconi, Moratti, Agnelli, Sensi, Cragnotti, Tanzi e Cecchi Gori) e pronti a difenderla, anche illecitamente, sfruttando la propria influenza politica. Il Parma è un simbolo di quegli anni, una delle "7 sorelle", esempio di un calcio italiano che puntava su giovani promettenti e campioni affermati simbolo delle maggiori nazionali. L'atteggiamento è stato quello di un proletario, quando può sbirciare le feste dei ricchi, e vestendosi con l'abito giusto, non essere scoperto.

È composta dal nucleo del Verdi Football Club la prima formazione del Parma Foot Ball Club. Siamo nel 1913 e da quel momento fino agli anni ’70 la storia del club non è molto lontana da quella di una qualsiasi altra provinciale, che lotta tra la B e la C senza mai respirare il grande calcio. Nel 1968 la società conosce quello che sarà uno dei protagonisti della sua storia recente, il Tribunale di Parma, al seguito del primo dei tanti problemi finanziari della sua vita. Infatti la società, acquistata nel 1969 dall'Associazione Calcio Parmense e un anno dopo rinominata Parma Associazione Calcio, non rinunciò alla croce sulle divise e iniziò un percorso di consolidamento della propria identità, che uscirà dal guscio della provincia grazie a figure come Arrigo Sacchi e Carlo Ancelotti, raggiungendo nel 1990 la Serie A. Non sarà tuttavia la prima volta in cui una rifondazione rappresenterà la svolta positiva nella storia della squadra ducale.



Insieme ad altre 6

Gli anni ’90 non sono quelli di una neo promossa, la testa è alta e arrivano fin da subito le vittorie in Coppa Italia contro la Juve, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa europea contro il Milan, a conferma che la squadra di Zola Asprilla e Minotti era stata costruita dal Calisto Tanzi per essere protagonista. Ciò che distinse il Parma alla fine degli anni ’90 fu il fatto di essere una squadra incredibilmente moderna, grintosa e allo stesso tempo elegante, con atleti abituati a giocare a schiena dritta, di classe e concreti. Buffon giovanissimo in porta, Cannavaro e Thuram a difendere, Dino Baggio e Veron a ordinare, Crespo e Chiesa decisivi, per vincere la Coppa UEFA contro il Marsiglia. Erano anni in cui l’Europa calcistica era dominata dalle squadre italiane, le “7 sorelle” che dal 1989 al 1999 vinsero 8 titoli tra Parma, Inter, Juventus e Napoli.
I campionati che seguono sono di assestamento, e la speranza torna a darla un rimpianto del calcio italiano, L’Imperatore Adriano, che insieme a Mutu riportò il Parma Calcio nelle parti alte della classifica. Nel 2004 inizia la storia giudiziaria recente del Parma e un susseguirsi di proprietari ricordati solo per non aver rispettato i propri doveri. La Parmalat, di proprietà di Tanzi, fallisce, e si evita per un soffio la stessa sorte per il club, rifondandolo con il nome di Parma Football Club, una squadra più da tribunale che da campo, come del resto il calcio italiano, all’alba del 2006.

Il primo pretendente è Tommaso Ghirardi, imprenditore bresciano, che rileva nel 2007 una squadra prossima a retrocedere in serie B sotto la pioggia e i gol di Ibrahimovic, dopo 18 anni consecutivi in Serie A. Ghirardi prova a ricostruire, passano al Tardini tanti buoni giocatori, i quali diventano presto idoli della tifoseria, Amauri e Cassano su tutti, riportando la squadra, nella stagione 2013/2014, quella del centenario, ai preliminari di Europa League. 

Il quadro inizia a sgretolarsi, il club si vede negare la licenza UEFA perché trovato non in regola con alcuni pagamenti IRPEF e durante la stagione successiva, al ballo dei pretendenti si scrivono le tristi pagine di Manenti, Pasquale Giordano e Ermir Kodra, il Parma Football Club Fallisce. Diventa un fascicolo, gli vengono tolte le strutture di Collecchio e lo stadio Ennio Tardini, all’asta andranno le panchine, comprate dai tifosi e ridonate alla società, ma soprattutto i trofei, ricomprati con un’offerta di 50mila euro nel 2015, insieme allo storico stemma crociato, ottenuto vincendo un’asta in cui era l’unica contendente al prezo di 250mila euro.

I protagonisti di questo volo in picchiata sembrano due caricature di una commedia. Tanzi sta invecchiando ai domiciliari, chiuso nella casa (di sua moglie) vicino a Parma, quasi condannato alla dantesca legge del contrappasso, il suo tempo è scandito ancora dal tempo calcistico, 180 minuti di libertà al giorno, dalle 9 di mattina a mezzogiorno. 180, come le più classiche sfide ad andata e ritorno europee. Questa è la pena per aver bruciato 14 miliardi e i soldi di 145 mila risparmiatori. Gli ex dirigenti Parmalat si sono rimessi in pista in fretta, Tanzi invece è stato abbandonato, da tutti i politici e religiosi al quale aveva chiesto aiuto dopo il crack. Solo al suo ex compagno di cella continua a inviare un cesto con culatello grana e latte a ogni Natale.

Tommaso Ghirardi è libero, giura innocenza rispetto al fallimento del 2014 così come Pietro Leonardi. Ha la faccia di quel tuo amico cicciotto che si fa voler bene da tutti, compreso da Cellino, proprietario del Brescia Calcio, che lo chiama “fratellino” e vorrebbe reintrodurlo nel mondo del calcio. L’anno scorso era spesso in tribuna a vedere il Brescia e, quando il campionato ha fatto incontrare i lombardi con il Parma, il capitano Lucarelli ha tenuto a ringraziarlo personalmente per gli ottimi ricordi, a nome di una città per niente rancorosa.
Un bresciano che fa cuscinetti non poteva essere la soluzione giusta, il Parma Calcio doveva tornare ad essere il prodotto di una fattoria di provincia, e proprio per questo, abbandonato il latte di Tanzi, nel gruppo Nuovo Inizio srl tra i 7 soci compare oltre al presidente Pizzarotti, anche Barilla.


Dalle ceneri

Quella che era una società dalla forte identità territoriale è ripartita da due proprietari che hanno rispettato le promesse e la storia del club, il primo è il gruppo Nuovo Inizio srl, composto da 7 imprenditori locali, e da una associazione di tifosi che vogliono contribuire alla rinascita del nuovo Parma Calcio 1913. Le stagioni nei dilettanti offendono la storia del club, ci sono ancora pezzi del grande Parma a tenere viva la passione nei tifosi, dal capitano Lucarelli ad Apolloni in panchina, ma soprattutto Crespo, nominato vicepresidente dalla nuova proprietà cinese di Jiang Lizhang nell’estate del 2017.
Il sentimento che accompagna il ritorno in Serie A in questa stagione è racchiuso nella terza maglia, e nel modo in cui la società l’ha presentata, “Nera come le ceneri della fenice dal quale siamo risorti”.

Il gruppo Nuovo Inizio ad ottobre di quest’anno ha rilevato il 60% della società, lasciando solamente il 30% ai proprietari cinesi e il 10% all’azionariato popolare. Il nuovo Presidente Pietro Pizzarotti si è goduto una stagione che era inziata ancora una volta in un’aula di tribunale a causa di qualche messaggio mandato da Calaiò e Ceravolo prima della partita decisiva per la qualificazione in Serie A della scorsa stagione, che stava per vanificare la promozione ottenuta sul campo.

Gli emiliani sono così, diffidenti e pervicaci, metodici lavoratori, nella loro natura c’è la prepotenza nel non voler trascurare ciò che è in loro possesso, sanno che la forza di una terra fertile sotto tutti i punti di vista come l’Emilia sta nella tradizione. Così è stato per il Parma, che quest’anno sta giocando un campionato non entusiasmante, la squadra è classicamente italiana, a metà classifica, organizzata, quando riesce concreta e conservatrice, qualità che fanno essere la miglior neo promossa di questa prima parte di campionato, l’unica squadra italiana ad aver mai conquistato tre promozioni consecutive dalla D alla A. 
Per niente facile capire la narrazione che sta seguendo questo Parma, difficile da leggere anche nelle intenzioni. Giocatori esperti ma mai protagonisti in Serie A come Barillà, Gagliolo o Rigoni, insieme a giovani come Bastoni e Di Marco. L’acquisto in estate di giocatori “vecchi” come Bruno Alves e Gervinho è servita per non accusare il colpo del salto di categoria, ma già in questo calciomercato il Parma Calcio deve dare un indirizzo più chiaro alle sue ambizioni. Lo stadio il tifo e la solidità economica ci sono, serve uscire un po’ dalle righe, per non fare la fine noiosa delle altre squadre della Via Emilia.

A differenza di tante altre neo promosse è stata spinta in modo forte dalla stampa, la quale forse voleva veder riproposta quell’idea nostalgica di un calcio anni ’90 anche nel 2018, come se il Parma fosse un piacevole ricordo, un pezzo di storia e credibilità a livello europeo che sta perdendo il calcio italiano.