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Hoop Dreams

The Basketball's Disease

Hoop Dreams  The Basketball's Disease

Il significato della parola Hoop è difficile da interpretare nella lingua italiana soprattutto se intesa in contesto cestistico. Mentre ora state leggendo queste righe, probabilmente dall’altra parte dell’oceano c’è un ragazzo che sta palleggiando in un campetto e che spicca un salto “per andare al ferro con quei sogni”, ossia: riuscire a giocare a basket per sempre, e farlo magari da professionista. 

Nel 1994 una pellicola dal nome “Hoop Dreams”, viene presentata al Sundance Film Festival vincendo il premio come miglior documentario dell’anno, per poi essere di nuovo premiata ed elogiata sui magazine di tutto il mondo per tutto l’anno a seguire. Le scene del documentario sono più o meno le stesse descritte nella storia sul numero 25, quella di Ben Wilson, anche se il liceo è quello di St. Joseph in Westchester, Illinois ovviamente negli Stati Uniti.


Molto spesso negli USA il basket è il lasciapassare per uscire dal ghetto, un biglietto per non perdere la propria vita. La vita in questione è quella di due talenti: Agee e Gates, che abitano in un quartiere afro-americano nella periferia Chicago e per raggiungere la scuola prendono un autobus per circa 90 minuti. La scuola che frequentano è per la maggior parte formata da alluni di pelle bianca e di conseguenza la razza,  la classe sociale , l’economia, l’educazione e valori della società civile diventano temi centrali del film. Il sistema americano scolastico è creato in modo tale da permettere agli studenti di diplomarsi o laurearsi con il permesso di praticare sport utilizzato delle borse di studio. Il loro motto è “Stay in School” ma, un po’ il talento ed un po’ “l’american dream” del sistema che permette ai giovani di averne “tanti, subito e maledetti” cancella spesso qualsiasi speranza.

Nessuno di loro riuscì ad entrare nella NBA e quindi nessuno realizzò “l’hoop dream” così tanto ambito. 

Quando un “Hoop Dream” diventa realtà.

Ci sono giocatori che la scuola l’hanno vista poco, perché la loro determinazione nel diventare dei pro e il talento hanno il sopravvento su tutto. Negli ultimi anni sono stati tanti i campioni che appena chiuso il liceo sono andati tra i pro. Il primo a sollevare la questione fu Reggie Harding nel 1963 ma oltre a Darryl DawkinsBill Willoughby e Moses Malone tra il ’70 e l’80 non ci sono stati grandi exploit di talento da rimanere nella storia del gioco, fino a quando apparve un ragazzo con la numero 40 che gioca a Concord High School in Elkhart, Indiana. I suoi fondamentali, soprattutto in post basso profumavano di torta di mele, il fisico era già di un dio greco e aveva una potenza e un’elasticità soprannaturale nei muscoli. Il suo soprannome era The Reign Man mentre il suo vero nome Shawn Travis Kemp

Kemp purtroppo non riuscì mai a raggiungere un punteggio SAT di 700, necessario per ottenere una borsa di studio di basket. Nelle su ultime partite da liceale la tifoseria avversaria, pronunciava il coro in sfottò: SAT, SAT, SAT; mentre quelli di casa rispondevano con un semplice: NBA, NBA, NBA.


A 19 anni ha fatto molta fatica ad integrarsi nel mondo professionistico ma con Gary Payton riesce a portare la franchigia alle NBA FINALS del 1996 contro gli “unbelievable Bulls” nel ritorno di Michael Jordan. L’era Kemp-Payton nella città del “206 my city” è un ricordo leggendario nel cuore di ogni cittadino.

Dopo Kemp il binomio scuola-sport si spacca per sempre e dal 1995 al 2005, i ragazzi che abbandona il liceo per provare il salto nella NBA si triplicano. Da Kevin Garnett a Kobe Bryant, da Jermaine O'Neal a Tracy MacGrady passando per Al Harrington e Rashard Lewis, senza dimenticare Darius Miles che fu il giocatore liceale con la chiamata più alta nella storia del Draft prima di Kwame Brown. Poi ci sono i casi “fuori script“ come LeBron James (2003) e Dwight Howard (2004) ma non vanno esclusi nemmeno Tyson Chandler e Eddy Curry o Amare Stoudemire.

 

The School Of Champions

In una scuola  “in the middle of nowhere”, si è vista venire fuori una enorme quantità di giocatori diventati pro-basketball, alcuni dei quali diventate vere e proprie icone. All’inizio l’idea era di dare delle borse di studio a ragazzi che vengono tolti dalla strada e inseriti in un contesto “pulito”. Non si trattava di una vera e propria scuola, qui spesso i ragazzi vengono a svolgere il loro ultimo anno di liceo per perdere la “Decision” sul proprio futuro. 

Il motto della scuola è "The Turning Point". Il posto è sopra una collina in Mouth of Wilson, Virginia: e la Oak Hill Road e dopo di essa c’è precisamente il nulla.


New York City non è molto lontana dall’accademia, dista un ora e mezza in autobus, peccato che ci sia solo una corsa al giorno che parte dal piazzale della collina fino alla stazione a valle per il cambio. Rod Strickland scappava spesso da questo “carcere”, ma puntualmente si perdeva tra la neve della montagna e veniva quindi ripescato dai monaci. Convinsero anche un altro newyorkese Lloyd Daniels detto “Swee Pea” leggenda del Rucker Park di Harlem. Sono passati da qui anche Ron Mercer NCAA champion nel 1996, Kevin Durant , Carmelo Anthony e nello stesso anno Rajon Rondo e Josh “J-Smoove” Smith. 

Attualmente sono ancora, come sempre, tra le prime 5 scuole del liceo in lotta per aggiudicarsi il campionato. 

Nell’ultima partita che ho visto hanno vinto di una settantina di punti… Occhio a Billy Preston che ha avuto 4 richieste al college ma ha firmato per Kansas University, poi Kenny Nwuba  a cui sono interessati Arizona State, Ole Miss, Penn State, Virginia Tech ed altre università. Poi Montez Mathis con altrettante richieste tra cui c’è Memphis, North Carolina State, St. John’s, USC,West Virginia poi ancora Matt Coleman “scannerizzato” da Duke,Texas, Stanford, Kansas  Arizona, Ty-Shon Alexander che finirà a Creighton e Devontae Shuler che ha già firmato per Ole Miss. Tutti incredibili talenti con un unico sogno.