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La leggenda dei Flo

Storia della più incredibile delle dinastie calcistiche

La leggenda dei Flo  Storia della più incredibile delle dinastie calcistiche

Sogn og Fjordane è una contea della Norvegia occidentale, essenzialmente rurale e la cui popolazione è ridotta e dispersa. Ospita il maggior ghiacciaio norvegese, lo Jostedalsbreen, ed il lago più profondo, l'Hornindalsvatnet. All'imbocco del Nordfjord, sorge Stryn, paese di poco meno di 7000 abitanti dove sbocciano dei coloratissimi e vivaci fiori. Stryn è uno dei 26 kommuner della contea, un piccolo villaggio situato all'imbocco del Nordfjord, importante crocevia tra le strade che portano a Oslo, Bergen e Trondheim. Qui, la signora Torlaug, moglie di Andreas, ha dato alla luce Kjell Rune, Jostein, Jarle e Tore Andre Flo, facendo partire quella che, probabilmente, è la più grande dinastia di calciatori mai vista.

Oltre ai quattro fratelli di cui sopra, la famiglia Flo non ha smesso di confezionare calciatori di discreto livello: tra cui Håvard e Kjetil, cugini di Tore Andre e fratelli, e Ulrik (figlio di Kjell Rune) e Per Egil (figlio di Kjetil), rispettivamente attaccante del Frederikstad e difensore del Molde. 

Una questione genetica o di sacrificio e determinazione? Probabilmente la risposta esatta non la conosceremo mai, ma una cosa è certa: a Sogn og Fjordane il cognome Flo vuol dire calcio. Si narra che una volta la squadra locale sia scesa in campo con undici calciatori con lo stesso cognome, ma oggi, a differenza dei primi anni novanta, chiamarsi Flo ha spesso causato scetticismi ed invidia, specie nei confronti dei più giovani.

Tra tutti i fratelli Flo, uno in particolare è svettato sopra agli altri, Tore André. Un nome che richiama quello del figlio di Odino e la carriera più luminosa tra quelle di tutti i suoi familiari. 
Tore André è stato tra i calciatori più forti della storia della Norvegia. 543 partite e 192 goal in una carriera che lo ha portato a giocare in Inghilterra, Scozia e Italia, a vincere una Coppa delle Coppe e una Supercoppa Europea e segnare, nel giro di un anno, 3 goal al Brasile di Ronaldo.

“La vita a Stryn non è molto varia. Ci sono le montagne per sciare, ma noi ragazzi abbiamo sempre amato il calcio”, ha raccontato una volta Tore André, provando a spiegare dove nascono quei piedi così inadeguatamente raffinati. “Ci divertivamo a guardare le partite in televisione e poi, subito dopo, andavamo a giocare tra di noi. Partite due contro due, in cui cercavamo di segnare un goal tra le gambe delle sedie usando una pallina da ping pong”.

 

Il primo club a credere in lui è stato il Sogndal che lo preleva, insieme ai fratelli Jostein e Jarle, dallo Stryn, facendolo esordire ad aprile nella gara contro il Tromsø. Lo staff tecnico dei Gutan adocchia quello spilungone e, quando il Sogndal retrocede, gli fa firmare subito un contratto, intravedendo nel ragazzo, che all’epoca ha 22 anni, un gran potenziale.

All’Alfheim Stadion Tore Andrè ha un ottimo impatto, arrivando a segnare 18 goal e ottenendo la convocazione nella nazionale maggiore, con cui debutterà il 10 novembre 1995 nel pareggio interno contro l’Inghilterra. La carriera, in continua ascesa, lo porta poi a Bergen, dove giocherà per due anni indossando la casacca del Brann. In quella che è la seconda città più popolata della Norvegia, Tore André diventa il miglior attaccante sulla piazza. Segna una valanga di goal, ma i tifosi non gli perdonano l’accordo preso anzitempo con il Chelsea, ignari del fatto che le 300mila sterline versate dai Blues serviranno a salvare il club biancorosso da un grave dissesto economico.

 

Quella Norvegia è una squadra interessante, che gioca un calcio semplice, ma efficace. In panchina siede Egil Olsen, una sorta di santone, alla guida della nazionale dal 1990 e capace di vincere 46 partite su 88, riportando solo 16 sconfitte.
 Olsen ha un solo credo tattico, il 4-5-1, ma con una visione totalmente innovativa riguardo agli interpreti del modulo. L’esterno destro, solitamente un brevilineo, in quella nazionale è Jostein Flo, ex atleta specializzato nel salto in alto e fratello maggiore di Tore André. 

Dopo la prematura eliminazione negli USA nel 1994, arrivata a pari punti ma penalizzata dalla differenza reti, la Norvegia torna alla carica nel 1998, quando la rassegna iridata va in scena in Francia, in quella che sarà l’ultima avventura di Olsen alla guida della nazionale.
I pareggi di Montpellier e Bordeaux contro Marocco (2-2) e Scozia (1-1) mettono i norvegesi davanti al peggiore degli scenari, dovendo giocarsi la qualificazione contro il Brasile, Campione del Mondo in carica.

L’ultimo precedente con i verdeoro risale al maggio del 1997, nella partita che fa nascere il soprannome Flonaldo per Tore André, messosi in luce segnando una doppietta nella vittoria della sua nazionale per 4-2. Ulteriore bella figura nel percorso iniziato dalla Norvegia a gennaio dello stesso anno, a partire dal quale la squadra di Olsen inizia un filotto di 17 partite senza sconfitte. 
In campo, anche se non contemporaneamente, insieme a Tore André scendono il fratello Jostein, più anziano e vero e proprio jolly del commissario tecnico, e suo cugino Håvard, centrocampista tecnico che all'epoca giocava per il Werder Brema dopo essere diventato uno dei migliori giocatori dei danesi dell’Aarhus. 

La nazionale carioca fatica a sbloccare il risultato, trovando il vantaggio solo al 78’ con Bebeto. Il goal brasiliano “risveglia” Tore André Flo, protagonista della rimonta che regala l’accesso agli ottavi ai norvegesi: Flonaldo prima si prende gioco di Junior Baiano e fulmina Taffarel in occasione del goal dell’1-1, poi subisce il fallo da rigore (che Kjetil Rekdal trasformerà) dallo stesso difensore. Il trend positivo degli scandinavi è destinato a interrompersi solo contro l’Italia, nella partita del Velodrome di Marsiglia del 27 giugno 1998, decisa da un goal di Christian Vieri al 18'. 


Interrotto il sogno mondiale contro gli azzurri, Flo si concentra sull’esperienza londinese, destinata a rivelarsi come la più prolifica della sua carriera. Con Gullit prima e Vialli poi, sulla panchina del Chelsea, Flo segna con una certa regolarità (saranno 50 i goal in 163 partite) e alza al cielo una Coppa delle Coppe, una FA Cup e una Coppa di Lega. Chiuso dagli arrivi di Gudjohnsen e Hasselbaink, Flo decide di trasferirsi in Scozia, ai Rangers, dove diventa, in virtù di un assegno da 12 milioni di Sterline incassato dal Chelsea, il calciatore più pagato della storia del club di Glasgow e dell’intero campionato scozzese. 

Quella in Scottish Premier League è solo una parentesi della lunga avventura britannica di Tore André. Prima di lui, tra il 1993 e il 1996, in Inghilterra ha giocato anche il fratello maggiore Jostein, ricordato dai tifosi dello Sheffield più per il coro “Flo Flo Flo, who needs Deano" che per le prestazioni in campo. Con i Blades, Jostein non ha fortuna, pur segnando 3 goal nelle prime 3 partite giocate, e una doppietta nel finale thriller nel 3-3 contro il Southampton. L’inizio è ottimo e lascia ben sperare, ma l’incantesimo finisce lì, con la squadra che crolla di pari passo con il rendimento del suo attaccante. Nell’arco di quei tre anni, rimarranno impressi negli ricordi dei tifosi soprattutto le doppiette contro il Leeds e Liverpool, quest’ultima segnata ad Anfield.

 

“Di ritorno da una vacanza, uno dei miei fratelli più grandi mi regalò la maglia del Birmingham City. Era l’ultima rimasta nel negozio e, da allora, ho deciso di tifare per loro”, dichiarerà in un’intervista Tore André Flo, che in carriera tornerà più volte nella Terra d’Albione, vestendo con fortune alterne le casacche di Chelsea, Sunderland, Leeds e MK Dons.

 

Chiamato a sostituire l’idolo di casa Sunderland, Niall Quinn, il centravanti della nazionale norvegese segna all’esordio contro il Manchester United, ma perde il posto di titolare quando Peter Ried viene licenziato. Il sostituto allenatore dei Black Cats, Howard Wilkinson, non lo vede e pubblicamente si pone domande sulla sua forma fisica, sfiduciando di fatto un insoddisfatto Tore Andrè. La retrocessione a fine campionato del Sunderland costringe la società a liberarsi degli stipendi più alti e a scaricare Flo, che incontra sulla sua strada Paolo De Luca, presidente del Siena, intenzionato a portare in Toscana un grande nome internazionale per festeggiare la promozione in Serie A.


Per segnare il suo primo goal italiano, Tore André impiega 3 giornate. Si inizia con l’Empoli, poi Reggina e Udinese. Con Papadopulo in panchina e Chiesa (o Ventola) come compagni di reparto, il norvegese segna 8 goal. Il suo bagaglio tecnico consente all’allenatore bianconero di farlo giocare qualche metro più dietro e più largo rispetto agli altri attaccanti. Nella seconda stagione Flo decide la storica vittoria contro la Fiorentina, ma l’allenatore è cambiato (Simoni ha sostituito Papadopulo) e di conseguenza è cambiato anche il suo status in squadra, visto che generalmente gli viene preferito Massimo Maccarone.

La carriera del membro più importante della famiglia Flo sta volgendo al termine. Un anno in Norvegia al Vålerenga, dove complici gli infortuni non gioca quasi mai. Poi la telefonata di Danny Wise, ex compagno di squadra ai tempi del Chelsea, che lo vuole portare a Leeds, squadra retrocessa in Championship e che lotta con severe difficoltà economiche. L’attaccante norvegese gioca 3 partite e segna 1 goal prima di infortunarsi e chiudere, con grande anticipo, la stagione disastrosa dei Whites, entrati in amministrazione controllata, penalizzati di 10 punti in classifica e retrocessi in League One. A dispetto di una clausola che gli permetteva di lasciare il club se fosse retrocesso, Tore André Flo resta a Leeds e gioca anche in terza serie, andando in goal 3 volte nelle 22 partite giocate e diventando idolo dei tifosi locali.

Nel Marzo del 2008 il ritiro dal mondo del calcio e subito, pochi mesi dopo, il primo ripensamento. Lo chiama la dirigenza del Milton Keynes Dons, club di League One, e lui non riesce a dir di no, firmando un contratto fino a giugno, prima di appendere nuovamente le scarpe al chiodo. 
Nel 2011, dopo quasi due anni lontano dai campi da gioco, quasi come volendo chiudere un cerchio, Tore André Flo torna al primo club della sua carriera, il Sogndal. In Norvegia ha il tempo di un nuovo esordio contro il Rosenborg e di giocare da titolare, segnando due goal nella vittoria 2-1 contro il Molde allenato dal amico e ex compagno di squadra Ole Gunnar Solskjær, nell’ultima giornata di Tippeligaen.

Oggi lo Stryn IL sorprendentemente non conta alcun Flo in rosa, ma la dinastia di calciatori è ben lontana dall'essere giunta al termine: Havard ha un figlio che si chiama Fredrik, Jarle ne ha uno che si chiama Mathias. Kasper e e Johan sono figli rispettivamente di Jostein e Tore Andrè, tutti nati a metà degli anni novanta e pronti a seguire le orme di padri e zii.