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Lettera d'amore alla maglia della AS Roma

Derby della Capitale

Lettera d'amore alla maglia della AS Roma  Derby della Capitale

In attesa del Derby della Capitale, abbiamo chiesto ad un tifoso romanista di raccontarci le sue maglie preferite della sua squadra del cuore. 

#1 Prima maglia 1982-83 (Patrick)


Lo ammetto, avrei preferito mettere al primo posto la maglia dell’annata 1983-84, perché aveva il tricolore sul petto, ma la verità è che nessuna maglia è bella quanto quella indossata da TancrediNelaMalderaVierchowodDiBartolomeiFalcaoAncelottiProhaskaContiChiericoPruzzo, la prima formazione che ho imparato a memoria, senza di fatto averla mai vista giocare dato che sono nato due anni dopo. Semplice, colletto gialloarancio e pantaloncini rosso porpora come la maglietta, niente bianco a stemperare la passione quell’anno (in generale, è per l’amore verso questa maglia che ho sempre preferito la tinta unita). In particolare sono due gli elementi che non potrebbero mai farmi preferire nessun’altra maglia: il sudore di Agostino durante l’ultimo giro di campo e i racconti di mia madre, tifosa, che portava allo stadio mio padre (all’epoca juventino), si sarebbero sposati a fine stagione ed erano entrambi più giovani di quanto io lo sia ora. Quella Roma da scudetto fu uno spartiacque, forgiò il romanismo di tutte le generazioni a venire e segnò il punto più alto, sportivamente parlando, anche di tutte le generazioni che avevano vissuto i decenni precedenti. Fu lo zenith, fu l’estasi, fu amore.


#2 Prima maglia 1991-92 (adidas)

Chiudete gli occhi per un attimo e immaginate il feedback sonoro distorto che porta come un ponte da "Nevermind" a "In Utero", mettete una chitarra in braccio a Rizzitelli e Völler e cucitegli addosso una maglia col primo logo adidas, quello con le tre fogliette al vento, e conseguente tripla striscia verticale sulle maniche. Otterrete quel capolavoro anni ‘90 che è la maglia 1991-92 della Roma. Variazione sul tema degli anni precedenti ma con un giallo e un rosso più chiari che mai, senza sfumature oro e porpora, è il tipo di sposalizio ideale quando si incontrano le caratteristiche delle maglie adidas e i colori della Roma. Erano anni di galoppate serali in Coppa Uefa, da coprotagonisti di Van Basten e Maradona. In particolare, era l’anno del primo e ultimo album di figurine Panini che riuscii a completare. È l’ultimo anno della Roma senza Francesco Totti nella rosa ufficiale.


#3 Seconda maglia 1936-37, ma con leggere variazioni anche 1937-38, 1938-39, 1939-40, 1940-41, 1941-42

Erano gli ultimi anni di Fulvio Bernardini e i primi di Amedeo Amadei, era la Roma battagliera e talvolta vincente di Campo Testaccio, quella dei pionieri, dei suoi primi decenni di vita, quella in cui mio nonno si innamorava di quei colori. La seconda maglia di quegli anni era qualcosa di commovente per semplicità, colpo d’occhio e regalità. Una maglia bianca con doppia striscia orizzontale sul petto, gialla e rossa, col primo simbolo societario al centro. Questo stile fu utilizzato per quasi un decennio, talvolta applicando leggere variazioni nel colore dei calzoncini e dei calzettoni, o nella fantasia delle strisce sul petto. Oltre ad avere il fascino delle origini, questa maglia ha anche gettato le basi per tutte le più belle seconde maglie future.


#4 Seconda maglia 2014-15 e seconda maglia 2015-16 (Nike), ex aequo

L’arrivo del baffo Nike in casa Roma, finora, ha prodotto praticamente solo belle maglie (fatta forse eccezione per la terza maglia della stagione in corso, che ricorda un po’ una sdraio sgargiante di uno stabilimento balneare della Versilia anni ‘90). In particolare è nelle seconde maglie, quelle tradizionalmente bianche, che si sono visti i migliori risultati della collaborazione. Nella stagione 2014-15 il consueto candore delle maglie di trasferta viene impreziosito da una doppia striscia diagonale gialla e rossa, che ricorda alcune maglie bianche indossate negli anni ‘60. Nella stagione successiva la striscia diagonale sparisce, i pantaloncini bianchi diventano rossi e accesi, e il colletto bianco viene nobilitato da una cucitura elegante dello stesso colore, alla guisa delle camicie orientali. In pratica una maglia che è un peccato sprecare per giocare a pallone, ottima invece per uscire la sera e furoreggiare nelle occasioni sociali meno impettite.


#5 Prima maglia 2000-01 (Kappa)

La maglia del terzo Scudetto. E chi se la scorda? Minimalista, dalle ondulature morbide eppure avvolgente nel suo tessuto elastico, Notare l’assenza di qualsiasi vezzo che non fosse l’ampio girocollo gialloarancio, D’altronde quell’anno la squadra era talmente forte che probabilmente avrebbe vinto anche in accappatoio fucsia sgargiante. 


#6 Prima maglia 1998-99 (Diadora)

La testa stilizzata del lupetto non era più presente sugli stemmi ufficiali della Roma da qualche anno, ma nella seconda stagione di Zeman sulla panchina giallorossa tornò e si moltiplicò addirittura, ponendosi sulla striscia verticale arancio per vivacizzare le maniche di una maglia porporata. I pantaloncini tornarono bianchi e i calzini neri, come negli anni dei pionieri. Oltretutto, quella fu la prima maglia di Francesco Totti da Capitano nonché quella del famigerato derby del ‘Vi ho purgato ancora’. Sette titolari su undici di quell’anno lo sarebbero stati anche nella Roma tricolore di Capello. Anche per questo motivo, una divisa impossibile da non amare, specie per chi all’epoca frequentava come me il quarto ginnasio e si trovava a indossarla spesso durante l’ora di educazione fisica, condivisa con altre classi composte prevalentemente da studentesse. Furono quelli i colori e le linee che avevo addosso quando scoprii gli inattesi risvolti erotici dell’ora di ginnastica e di religione, e per rimanere concentrato sul pallone era necessario recitare il mantra Totti-Paulo Sergio-Delvecchio.


#7 Maglia della Champions League 2001-02 (Kappa)

A cavallo tra gli anni ‘90 e quelli ‘00 mi trovavo al galoppo tra il ginnasio e il liceo, tra il pedissequo nerdismo del rock classico e l’approfondimento entusiasta e ormonale del post-punk. In quegli anni assistevamo alla progressiva dilatazione delle strisce verticali delle maglie di calcio, che riducevano drasticamente il loro numero andando a cambiare la fisionomia anche delle divise più storiche (penso a quella del Barcellona 98-99 su tutte). Per l’atteso ritorno dopo tanti anni della Roma in Champions League la Kappa sembrò seguire quell’andazzo, come a voler dare ai giallorossi una dimensione europea nuova, scissa dalla sua tradizione, e perciò distribuì l’oro e la porpora verticalmente, alternandoli e dividendo il petto (sul quale campeggiava il tricolore) in due. I pantaloncini erano blu notte ma - ehi - voi cos’altro vi sareste inventati per spezzare? Un po’ per la nostalgia di quel periodo di forza e splendore e dei giocatori che l’hanno indossata, la maglia viene ancora ricordata come una delle più inusuali e perciò degne di nota. Persiste oggi come allora una certa tendenza, tra i detrattori, a definirla fin troppo simile al costume di un pagliaccetto. Quello che i musi tristi dimenticano è che all’epoca Batistuta, Totti, Montella, Candela, erano così belli che anche una divisa blu e marrone addosso a loro sarebbe risultata indimenticabile nel tempo.


Bonus track #1 - Prima maglia 2006-07 (Diadora)

Dopo tre stagioni caratterizzate da maglie discutibili – che generarono polemiche anche sul loro materiale, capace a strapparsi quando i giocatori baciavano la maglia dopo un gol - finalmente Diadora indovinò la divisa. Per la prima volta senza sponsor sul petto dopo tanti anni, con un rosso più acceso e classico e un colletto giallorarancio. Una maglia molto semplice, quasi di basso profilo, che accompagnò la banda Spalletti e il suo gioco entusiasmante in una delle sue stagioni-simbolo e me alla conquista della laurea triennale. In entrambi i casi furono tante gioie e qualche dolore, ma comunque si era sospinti dalla consapevolezza che qualcosa di bello si stava consolidando. La corazzata Inter di Mancini era troppo forte per essere ripresa nella corsa scudetto, il Manchester United di Ronaldo e Rooney troppo devastante e fuori portata per sognare le semifinali di UCL, e però. Il doppio successo in finale di Coppa Italia contro l’Inter testimoniò la capacità di quella squadra non solo di saper reagire alle delusioni, ma di trovare nelle delusioni sufficiente consapevolezza delle proprie potenzialità da compattare il gruppo fino a renderlo capace di schiacciare anche avversari più forti.


Bonus track #2 -  Maglia in casa 1978-79 (adidas)

La stagione 1978-79, invero, fu una stagione disastrosa per la Roma, che raggiunse soltanto il 12esimo posto in Serie A e sfiorò la retrocessione, tuttavia dall’anno successivo il presidente Dino Viola avrebbe rilevato la società da Anzalone e affidato la panchina a Nils Liedholm: tutto sarebbe cambiato per sempre. Di conseguenza, questa si rivelò una stagione catartica, di passaggio tra la Rometta degli anni ‘70 e la grande Roma degli anni ‘80. adidas confezionò per le partite in casa una bizzarra ma sgargiante maglia arancione a tinta unita (con pantaloncini rossi) che durò soltanto metà campionato (dal girone di ritorno infatti la Roma passò allo sponsor tecnico Pouchain), eppure le foto di inizio stagione che ritraggono dei giovani Di Bartolomei, Pruzzo e Tancredi posare al fianco di veterani quali De Sisti (alla sua ultima stagione), Santarini, Paolo Conti e Spinosi (di ritorno dalla Juventus) sono rimaste impresse nella memoria dei tifosi un po’ per la bizzarria di quei colori e un po’ per la loro iconicità. Dall’anno successivo sarebbero arrivati Ancelotti, Turone e Bruno Conti, rientrato dal prestito al Genoa. A proposito, sapete chi era stato a mandarlo in Liguria, giudicandolo troppo gracilino per giocare? Il ds di allora, Luciano Moggi.