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Icone di stile a 40 anni

nss – new sport side

Icone di stile a 40 anni nss – new sport side

Per diventare un’icona di stile ben delineata nel mondo del calcio occorre rendersi protagonisti di eventi unici, confrontarsi con forti ed influenti personalità e sapersi spesso distinguere al fine di poter creare un nuovo modello sia dentro che fuori dal campo. Ma soprattutto per poter diventare un’icona di stile ben delineata ci vuole molto tempo, dato che proprio quest’ultimo con il suo trascorrere dà modo ad una personalità di emergere in più sfaccettature e divenire unica. Per questo motivo abbiamo scelto 3 campioni che hanno da poco compiuto 40 anni – Francesco Totti, Andriy Shevchenko e Ronaldo – e ne abbiamo analizzato la figura stilistica.

 

Re di Roma

Ho sempre ritenuto fondamentale l’immedesimazione con i personaggi che mi sono trovato a conoscere in qualsiasi ambito artistico, perché il potersi immedesimare è un valore superiore alla semplice stima ed all’ammirazione e conferisce a quel soggetto una sfera personale che spesso porta addirittura a comprometterne il giudizio. Francesco Totti è stato l’emblema lampante di questo valore per il calcio italiano e ancor di più per quello della Roma e di Roma: il suo stile è semplice ma non banale, elegante ma non aristocratico, probabilmente irripetibile ma nella sua straordinarietà anche paradossalmente vicino a chi gli si interfaccia. L’11 gennaio 2015 ne abbiamo avuto la prova più grande: Totti segna una doppietta in un derby diventando, con undici reti, il giocatore ad aver segnato di più nella storia della competizione capitolina; dopo la già esasperata esultanza per il secondo gol, segnato con una rovesciata elegante ma non aristocratica o fuori dalla realtà, Totti decide di scattare un selfie con la curva e torna in campo venendo anche ammonito.

La notizia si è subito diffusa e lo scatto ha girato il mondo venendo addirittura copiato da LeBron tra i tanti. La figura stilistica di Totti non può prescindere da questo avvenimento: il suo gesto è una sorta di intermezzo meta-teatrale che riporta a contatto con la realtà che lo circonda e che, in parte, lo ha creato. Totti è una figura estremamente vicina al mondo del tifoso romanista e questo dipende dal fatto che il suo stile di gioco, anche se superbo, è messo a servizio di una causa minore e ciò ha ovviamente avuto grande peso nella sua carriera. Ogni altro indizio riguardo Totti porta a capire come sia estremamente semplice; sua moglie, ad esempio, è la classica ragazza che abbiamo amato e desiderato ma che non abbiamo mai sentito estremamente lontana: chiunque ha avuto un sogno come Ilary Blasi nella propria vita. Il medesimo discorso potrebbe essere fatto per il suo vestiario probabilmente quasi interamente replicabile, sia nella qualità che nello stile, da un abitante medio di Roma. A Totti appartiene questa figura, molto banalmente perché è un tifoso della Roma prima ancora che un calciatore. Il tifoso della Roma possono farlo potenzialmente tutti, il calciatore non proprio e tutto ciò traspare anche dalla lettera che ha scritto per la sua squadra. Questa forma di romanticismo popolare ha un prezzo, un prezzo che oggi dà aria ad alcune bocche che non hanno accettato uno stile ed un modello irripetibile, ma alla portata.


Zar

La figura stilistica di Andriy Shevchenko non può prescindere in nessun modo dal modo nel quale è stato educato e dal paese nel quale è cresciuto: l’Ucraina. A dare una prima e fondamentale impronta a Shevchenko calciatore e uomo è stato Valeri Lobanovsky: primo allenatore a portare un trofeo internazionale ad un club sovietico ovvero una Coppa delle Coppe conquistata nel 1975 con la Dinamo Kiev, squadra che ha allenato per 20 anni tra i ’70 e primissimi 2000. Si narra che nel periodo precedente all’aggregazione di Shevchenko nella prima squadra della Dinamo Kiev fosse un fumatore accanito, caratteristica che ovviamente non si sposava col ruolo da grande calciatore al quale era destinato: Lobanovsky con i suoi allenamenti estenuanti e la sua etica del lavoro non soltanto eliminò molto facilmente questo vizio, ma consentì a Sheva di divenire ciò che oggi conosciamo.

Tuttavia non è soltanto sul campo da calcio che si è sentita l’influenza del colonnello: Lobanovsky nacque e crebbe in un’epoca a dir poco fervente per il comunismo e fu, oltre che un grande allenatore, una figura molto stimata all’interno del partito comunista dal quale non si poteva prescindere durante la seconda metà del ‘900; da ciò è facile intuire come Shevchenko non sia mai stato abituato ad eccessi o ad  esibire particolari vezzi estetici sia dentro che fuori dal campo: era costretto ad essere uno dei tanti. Dopo il suo trasferimento a Milano Sheva potè conoscere una cultura praticamente opposta a quella nel quale era cresciuto ma ciò non mutò il suo approccio alla vita anzi la sua dedizione al lavoro ed alla correttezza unite ad una palpabile timidezza probabilmente compromisero la sua carriera: sua moglie Kristen, modella statunitense forzò il suo trasferimento al Chelsea delineando, per certi versi, la fine del calciatore ucraino. Anche sul campo Sheva, per quanto avesse dei numeri straordinari, non è mai stato reputato un vero leader anche a causa della suddetta educazione: la costrizione ad essere uno dei tanti ha prima permesso una sua evoluzione calcistica e l’ha poi troncata drasticamente lasciandoci un’immagine dicotomica di questo biondino tanto letale quanto gentiluomo.


Fenomeno

È paradossale oltre che ingiusto che quando si pensi a Ronaldo la prima immagine che venga in mente sia quella di lui in lacrime che si tocca il ginocchio infortunato piuttosto che un suo doppio passo. Ronaldo è stato la vittima del suo talento: è stato costretto a giocare un mondiale nelle condizioni che tutti conosciamo per motivi di marketing ma per comprendere al meglio il suo stile è necessario trascendere dall’impatto che i media hanno avuto sulla sua carriera: o fenomeno è sembrato spesso un bambino costretto in un mondo più grande, più veloce e soprattutto più spietato di lui.

Probabilmente senza alcune pressioni avremmo potuto apprezzare molto meglio il suo talento e la sua personalità; una personalità semplicemente brasilera che si sarebbe potuta quantificare in continui sorrisi, talento sconfinato, giocate incredibile e soprattutto spensieratezza. E’ come se a Ronaldo fosse stato impedito di essere ciò che sarebbe voluto essere costringendolo a divenire protagonista di scene estremamente tristi che rischiano di minare la reputazione stilistica dello stesso: nell’immaginario collettivo infatti Ronaldo è spesso ricollegato ad una sorta in incompiutezza nel quale seno cresce una certa malinconia mista a tristezza e seppur la formulazione di tale pensiero sia plausibile da un lato può anche essere considerata erronea: Ronaldo in realtà appare anche come una persona molto gentile, mai sopra le righe, felice (per quanto gli sia stato permesso ovviamente) e soprattutto elegantissima in campo.

Inquadrarlo, dunque, richiede anche di saper scindere ciò che davvero è da ciò che ci hanno “costretto” a conoscere; per certi versi la sua figura non è neanche lontanissima da quella di Shevchenko: similare talento indiscutibile ed anche stessa timidezza ed ingenuità, ma per motivi molto diversi. Il fatto che il talento di Rio De Janeiro sia stato una grande vittima lo testimonia anche la sua scelta di sterilizzarsi: quale modo migliore per palesare la propria ingenuità se non ammettersi perseguitato e sfruttato dal sesso femminile? Interpretare lo stile di Ronaldo, dunque, porta a capire come spesso un campione possa divenire vittima di se stesso: Ronaldo, magari,  è preferibile ricordarlo per la pista d’atletica che poteva passare tra i suoi incisivi e che era facilissimo notare quando mostrava ciò che per primo dovrebbe contraddistinguerlo: il suo sorriso.