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Stile e passione, il mondo di Neal Heard

Intervista all'autore di 'A Lover's Guide to Football Shirts'

Stile e passione, il mondo di Neal Heard  Intervista all'autore di 'A Lover's Guide to Football Shirts'

 

«Prendi ad esempio la maglia del Napoli dell’era Maradona, quella con lo sponsor Mars. Fosse per la maglietta di per se, per quanto bella, se il Napoli l’avesse indossata durante una stagione normale probabilmente solo i tifosi più accaniti l’avrebbero ricordata. Ma invece è stata indossata da Maradona, il più famoso calciatore di sempre, mentre il Napoli vinceva trofei. In questo modo chiunque ami il calcio e veda quella maglietta penserà al piccolo genio argentino e alla fine degli anni di dolore di una città da sempre malata di calcio». Non introduce nessun concetto rivoluzionario Neal Heard quando risponde alla mia domanda sull’iconicità di alcune maglie da calcio. E d’altronde, perché dovrebbe? Non è forse rassicurante che le cose si cristallizzino lì, nella nostra coscienza comune, che diventino un tutt’uno con quello che abbiamo sempre saputo? Probabilmente sì. 


Neal Heard, gallese, lavora come brand consultant per alcuni dei più importanti marchi d’abbigliamento, e del suo lavoro ne ha fatto una vera e propria passione. Già nel 2003 aveva pubblicato un libro diventato subito culto - Trainers - dedicato alle sneaker e all’impatto che queste avevano avuto nella cultura pop.

Ora ci riprova con A Lover’s Guide to Football Shirts, un bellissimo coffee table book, in cui sono racchiuse le principali storie delle divise da calcio del nostro (e dello scorso) secolo, accompagnate da intrecci con il mondo dell’arte, della musica e della pubblicià. Insomma: un viaggio a 360 gradi nel mondo del fashion applicato al calcio.

Perdersi sul profilo Instagram di Neal è un’esperienza imperdibile, una scopera quotidiana di qualcosa che non sapevate e che ramificherà in voi l’amore per la parte più visibile del gioco più bello del mondo. Ho raggiunto Neal durante lo scorso weekend per parlare di Italia, delle strategie dei brand e, ovviamente, di calcio. Giocato e non.

 

Ciao Neal, benvenuto e grazie per la disponibilità… 

Ciao Francesco, grazie a te per avermi contattato e per l’interesse. È molto bello sapere che il mio libro (“A Lover’s Guide”) sia stato apprezzato in giro per il mondo, e soprattutto in Italia, un paese che è da sempre nel mio cuore.

Volevo proprio chiedertelo: qual è il tuo rapporto con il calcio italiano e con l’Italia in generale?
Mia nonna era di Sora, quindi sono in parte italiano! Ovviamente è un paese molto stiloso, e io sono stato un follower del casual anni ’80, quindi ho conosciuto e rispettato profondamente tutta la scena “Paninaro”. Mi sono sempre piaciuti i brand sportivi italiani che allora erano (per noi in UK) più “oscuri”, come Fila, Kappa, Ellesse eccetera. Credo che per la maggior parte dei tifosi di calcio, specialmente quelli della mia generazione (anni ’40) la cultura del calcio italiano – incluse le sue divise – abbia lasciato un grosso segno in gran parte grazie ad uno show chiamato Football Italia, condotto dall’eccellente James Richardson su Channel 4, che per la prima volta permetteva ai tifosi britannici di osservare da vicino la Serie A. Inoltre, la vostra lega era allora nel suo periodo di massimo splendore e glamour, con una marea di giocatori incredibili. Per noi britannici c’era Gazza Gascoigne alla Lazio, il che rappresentava un motivo di interesse in più.

Recentemente ho visto una foto sul tuo profilo Instagram e ho notato come tu sia stato poco fa in Italia scovando una serie di divise anni ’90 della serie A dallo stile incredibile, in particolare alcune della Fiorentina. Dove le hai trovate? (lo ammetto, sono molto geloso).
Ahah, e non erano neanche tutte in foto! Colleziono magliette dalla fine degli anni ’80, quindi alcune le ho comprate all’epoca e altre le ho cercate durante gli anni, acquistandole attraverso scambi o nei negozi vintage o sportivi.

Una foto pubblicata da Neal Heard (@nealheardtrainers) in data:

Qualche tempo fa qui su nss mag avevamo parlato di come la comparsa dei loghi degli sponsor sulle magliette da calcio avesse cambiato essenzialmente tutto. Nel tuo libro approfondisci molto il tema, quindi mi piacerebbe chiederti: quale credi sia stato il cambiamento più grande introdotto dalla comparsa degli sponsor?

Ho letto recentemente un articolo in cui si faceva riferimento al fatto che il logo Nintendo avesse reso molto più stilosa e iconica la maglia della Fiorentina dell’era Batistuta, ad esempio…
Quello che si chiama sponsor, cioè quello che l’azienda paga per mettere sulle divise è ovviamente diventato fondamentale, ma la stessa importanza va riservata al logo del team (il team badge). Sono tutte forme di branding e il branding è diventato sempre più importante nel calcio. Ricordiamoci sempre che la maggior parte dei team ha giocato fino agli anni ’60 senza il logo dello sponsor tecnico sulla maglietta, mentre ora lo assumiamo come dato, come la prima cosa che si nota in una divisa. La comparsa degli sponsor non ha fatto altro che sottolineare questa apertura e, di fondo, permesso ai brand di vendersi. Certo, tutti noi vorremmo che il nostro team fosse sponsorizzato da un brand cool rispetto ad uno meno mondano o un-glamorous, e posso dirti che questo interesse maniacale verso gli sponsor è stato notato e fagocitato dai collezionisti come me molto prima che fosse mainstream come oggi. In UK ad esempio abbiamo sempre adorato la maglia dell’Inter con lo sponsor di Fiorucci, ma erroneamente pensavamo si trattasse della casa di moda. Capirai che, con tutto il rispetto, non è la stessa cosa di una azienda che vende salame. Credo comunque che le squadre pongano ancora poca attenzione a quanto glamour sia il loro sponsor e soprattutto a quanto quello che metti sulla t-shirt possa influenzare la vendita delle stesse e addirittura l’allure del club.

Una foto pubblicata da Neal Heard (@nealheardtrainers) in data:

Quali sono i tuoi standard nella valutazione di una maglietta? Cosa ti fa dire: “wow, questa è incredibile”?
Le belle maglie sono tutte diverse tra di loro, no? Un buon design è ovviamente un must, ma come diciamo sempre “il cibo di un uomo è il veleno di un altro” e il fashion cambia continuamente nel tempo. Inoltre, non è solo una questione di sartoria, molto lo fa anche il momento in cui la divisa è stata indossata, i ricordi che evoca, tutto questo impatta sull’importanza e la predilezione che nutriamo per una maglietta.

Ho letto che la tua maglietta preferita è quella del Saint Etienne del 1976 by Le Coq Sportif. Qualche tempo fa noi di nss mag siamo stati nel loro storico stabilimento di Romilly Sur Seine e abbiamo potuto constatare quanto bravi siano a fare il loro lavoro. Tu invece perché hai scelto proprio quella divisa?
Devo in qualche modo smentirti, perché in verità era la divisa del 1982 del Saint Etienne ad essere nella mia top 5 (parlo di quella gessata con lo sponsor SuperTele, sempre realizzata da LCS). Il motivo della mia predilezione è semplicemente il magnifico design che ha, quel verde è così raro, così come il gessato, e anche lo sponsor funziona benissimo secondo me. Adoro le divise LCS, e poi il loro logo è perfetto. A parte il fattore estetico quella dell’82 è anche una divisa che cattura il romanticismo di un certo tipo di calcio, soprattutto europeo, e dei Johnny Rep e Michel Platini. Anche il nome di quella squadra gocciola misticamente dalle sue divise.

Una foto pubblicata da Neal Heard (@nealheardtrainers) in data:

Tutto il mondo delle magliette da calcio sta vivendo oggi un periodo di rinascimento, i brand sono sempre più interessati a collaborazioni con il mondo del calcio e le jersey stanno tornando ad essere trendy. Perché credi stia succedendo?
Come ho detto prima, il tempo passa, il gioco cambia, è cambiato e sta cambiando; ora c’è più hype ed è una cosa abbastanza universale, le squadre hanno fan in tutto il mondo. Ci sono soldi e hype che saltano fuori dal gioco e le sponsorizzazioni stanno avendo il loro momento. Le magliette da calcio sono l’estremo di questa idea riversata su un indumento. I club portano il loro logo e la loro storia così come fanno le aziende produttrici e lo sponsor. Non ci sono, nell’industria, molti altri esempi di indumenti dove tra brand lavorano insieme per un obiettivo, soprattutto in un ambiente così coinvolto dalla passione.

Il tuo libro è stato un successo incredibile, ad oggi ad esempio è tutto esaurito. Qual è stato il motivo principale che ti ha portato a scriverlo?
In poche parole: “I wanted to share the love”.

Quali sono le tue divise preferite della prossima stagione?
Una che mi piace davvero tanto è la terza della Juve, quella con le maniche zebrate. Vorrei anche menzionare la divisa di quest'anno del Saint Etienne, sempre disegnata da LCS. È molto diversa da quella della Juve, molto più classica e mi piace molto la forma del colletto stile polo, integrata con la tecnologia stretch. 

 

Neal sarà a Milano l'11 dicemebre per un party di presentazione del suo libro, vi terremo aggiornati!