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Estetica di finale di Champions League

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Non c’è un modo più veloce, nel calcio europeo, per fare la storia se non vincendo la Champions League. La massima competizione calcistica continentale ha visto passare i migliori talenti del mondo, dargli battaglia le squadre più incredibili del pianeta. Ha conosciuto veri e propri domini, ma anche annate di imprevedibili sorprese. La Champions League è il palcoscenico per eccellenza.
E per una tale vetrina, c’è bisogno anche di un abito all’altezza. Molte volte le squadre hanno indossato divise fatte apposta per la coppa europea, spesso e volentieri nei ricordi più dolci dei tifosi ci sono finite quelle maglie di quelle indimenticabili notte europee.

In occasione della finale di sabato di Milano, tra Real e Atletico Madrid, abbiamo messo in fila le 5 divise più belle indossate durante le finali di Champions.

 

Luci e ombre

Nella storia, anche se forse dalla parte sbagliata. L’Olimpique Marsiglia di Deschamps, Desailly, Abedi Pele nel 1993 batte, sorprendentemente, il Milan in finale e diventa il primo vincitore della Champions League. Già, perché il ’93 il primo anno in cui la coppia cambia nome. Non bastasse, con quel successo l’OM diventa anche il primo (e unico) club francese a vincere una coppa europea. Non è quindi difficile capire perché proprio quella divisa sia diventata la preferita dai tifosi. Stilisticamente impeccabile, la maglia segue il filone lanciato adidas con le tre strisce posizionate sulla spalla. L’idilliaco abbinamento di colori fa di quella divisa una vera e propria gemma. Se non fosse per l’assurda macchia che sporca il bianco di quella vittoria: alcuni giocatori dell’OM vengono accusati di aver combinato l’ultima partita del campionato francese (poi vinto), e vengono automaticamente retrocessi in seconda lega e impediti a partecipare alla competizione continentale l’anno successivo. La Champions, quella no, non viene tolta, garantendo che il mito potesse resistere.

 

Dinastia in blu

C’è stato un periodo (nei primi anni duemila) in cui il Milan, in Champions, preferiva indossare la seconda maglia, quella bianca, perché ritenuta portafortuna. A volte è andata bene (Manchester, Atene), altre volte meno (Istanbul). Lo stesso rituale, con le stesse alterne fortune, era stato introdotto dalla Juventus circa 10 anni prima. Nell’era delle tre finali consecutive di Champions, la Juve di Lippi era solita indossare la maglia blu con quelle che sarebbero poi diventate iconiche stelle gialle sulla spalla.  Parecchi elementi di quella divisa sono passati alla storia: il blu Azzurri prima di tutto, seguito dallo sponsor della Sony – presto diventato il simbolo della Juve anni ’90 – e dalla assoluta novità di non posizionare lo scudetto sul petto, ma all’interno del colletto, moderno ed in maglina. Altra particolarità era rappresentata dal riquadro bianconero dentro cui era inserito il nome dei giocatori, unico vero rimando ai colori sociali di quella divisa.

 

Prima volta giallonera

Alle origini del mito: la divisa dell’incredibile vittoria del Borussia Dortmund della Champions del ’97 segna in un certo senso la nascita dello stile Dortmund. Il giallo acceso e il nero blackout, recentemente riproposti in una divisa targata Puma, sono il tratto distintivo di quella maglia così squisitamente Nike, e così maledettamente anni ’90. L’architettura strana, e forse discutibile, di quella divisa – che sembra quasi più una maglia da hockey, larga com’era e com’era d’uso in quegli anni – non ne intacca la bellezza. Lo sponsor minimale fa il resto.
Ci pensa poi la squadra, guidata da Sammer e Lambert, a rompere il sogno della doppietta juventina ed entrare, prepotentemente, nella storia.

 

Thriller anglotedesco

I ricordi sono uno dei fattori più importanti nella nostra elaborazione del gusto e delle preferenze. Non è difficile allora comprendere perché i tifosi del Bayern Monaco reputino la divisa grigia della finale del ’99 la più brutta della loro storia. Avanti uno a zero fino al novantesimo, il Bayern si vide letteralmente scippare la coppa dalle mani dal Manchester United di Teddy Sheringham e Solskjaer, nel più incredibile finale di sempre. A dirla tutta, la maglietta del Bayern non era niente male, realizzata come al solito dall’adidas e con il leggendario sponsor della Opel, la triangolazione di grigio bodeaux e blu scuro rendeva giustizia alla seconda maglia di quella stagione. Se ci si aggiunge la minimale divisa che la Umbro aveva preparato per il Man Utd, indossata solo durante le coppe, si ottiene probabilmente la finale con le coppia di divise più belle nella storia della Champions.

 

 

Camiseta blanca

C’è, probabilmente, una sola squadra capace di sintetizzare in una singola divisa cento anni di tradizione, di stile, di successo, di campioni. Quella divisa deve essere poi iconica, semplice, capace di resistere alle innovazioni, in due parole: la divisa del Real Madrid. Nel 2002 Florentino Perez compie il suo capolavoro riuscendo a vincere la Champions– con quel meraviglioso goal di Zidane – proprio nell’anno del centenario. Lo fa con una squadra che è l’apoteosi del madridismo, di quella filosofia dei Zidane Y Pavones di cui proprio Perez si era fatto portatore. Anche la maglia quindi deve essere allo stesso livello. Ne viene allora pensata una completamente bianca ( Blancos è uno dei diversi soprannomi del Real), che nella versione indossata in Liga non ha neanche le tre strisce dell’adidas, che invece compaiono, in blu, su quella di Champions. Resterà probabilmente la più elegante, se non la più bella, divisa mai indossata in una finale di Champions, nel mezzo tra realtà e monarchiche tradizioni.