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The NSS Guide To The World Cup

9 luglio 2006, siamo Campioni del Mondo

The NSS Guide To The World Cup 9 luglio 2006, siamo Campioni del Mondo

Ci siamo, la Coppa del Mondo edizione 2014 sta per arrivare. Vi abbiamo tenuto compagnia per un intero mese, rivivendo insieme quattro delle più recenti edizioni dei Mondiali, e vogliamo concludere con quella del 2006. Il perché è scontato, la speranza è quella di rivivere le stesse emozioni di quell’estate tedesca, perché tra miliori di commissari tecnici, di critici, di gufi, alla fine ci ritroveremo tutti a tifare per gli Azzurri.



Quello del 2006 è stato, sotto l’aspetto organizzativo, il miglior Mondiale della storia del calcio. Un’organizzazione impeccabile, un successo di pubblico (214 paesi collegati per un totale di circa 27 miliardi di spettatori) che mai Jules Rimet avrebbe nemmeno immaginato. C’erano tutti a quel Mondiale, c’eravamo noi (e come se c’eravamo), c’era l’Africa, c’era un giovanissimo Messi ed un inesperto Cristiano Ronaldo. Van Basten allenava l’Olanda, Ronaldo giocava il suo ultimo Mondiale e la Germania intera era pronta ad una grande festa… ed invece.

 Alla fine vinciamo noi

Già, alla fine ha vinto l’Italia. Dopo un estate vissuta in condizioni assurde, a causa dell’immenso scandalo di Calciopoli, arriva una Coppa del Mondo da protagonisti per Buffon e compagni. Un solo gol subito su azione (per altro un autogol) ed una sensazione di imbattibilità scalfita solo (minimamente) dagli ottavi di finale contro l’Australia, esorcizzata dal rigore di Totti. Abbiamo, per un mese circa, avuto in Cannavaro  il miglior difensore della storia del calcio (in quella singola competizione, s’intende) ed una squadra, se non bellissima da vedere, di una compattezza impressionante. E’ girato bene tutto in quel Mondiale, persino quei rigori che sempre ci hanno visto soccombere. 9 luglio 2006. L’Italia è CAMPIONE DEL MONDO.



Zidane, la parabola del fenomeno

Si può cercare a lungo, nel panorama calcistico mondiale, qualcuno che abbia la stessa grazia, la stessa eleganza mista a classe e capacità di risultare decisiva di Zinedine Yasid Zidane senza riuscirci, anzi, senza andarci nemmeno vicini. Zidane il berbero, Zidane l’inventore della roulette, Zidane quello della testata a Materazzi. Giocò un Mondiale commovente e, dopo aver annunciato il suo ritiro alla fine della competizione, trascinò di peso i galletti francesi ad un solo rigore dall’impresa. Si è detto milioni di volte di quanto sia stato brutto vederlo chiudere la carriera in quel modo, ma agli amanti del gioco, quelli che vanno fuori di testa per un colpo di tacco, per un tiro a giro, ecco per quelli. Per quelli Zidane resterà sempre un autentico capolavoro del 21esimo secolo. 



 Il ballo delle debuttanti

Non c’è Mondiale senza esordienti. Vero. Vero anche che in Germania si è andati decisamente esagerato. Sei gli esordi assoluti. C’era l’Ucraina (che ritroveremo più avanti), c’erano quattro squadre africane ( l’Angola, il Togo, la Costa D’Avorio e il grande Ghana) ma soprattutto c’era Trinidad e Tobago. La Federazione di Trinidad e Tobago è incredibilmente giovane (1966) ed ha al suo attivo 4 coppe dei Caraibi ed un paio di mancate partecipazioni ai Mondiali. Ma,  guidati da una delle icone del Manchester United dell era Ferguson, Dwight Yorke, i Soca Warriors  riescono in qualcosa per cui il 17 Novembre 2005 (giorno seguente alla vittoria dello spareggio contro il Bahrain) verrà celebrata una sorta di festa nazionale. Tuttavia, non fu di T&T il primato “caraibico” di partecipazione alla Coppa del Mondo. Ci sono arrivate prima Haiti, la Jamaica, mentre Cuba nel 1938 passò addirittura gli ottavi.  

L’ultima delusione spagnola

Non parlando del Mondiale del 2010, quello stravinto dalle Furie Rosse, c’è sembrato doveroso regalare un passaggio di quest’ultima puntata alla Spagna. Sia chiaro, ancora una volta non ci fanno un figurone: una vittoria in rimonta contro la Tunisia, uno striminzito uno a zero con l’Arabia Saudita ed una brutta figura agli ottavi contro la Francia di Sua Maestà Zizou e di Ribery. No, non un gran Mondiale. Col senno di poi però quella prestazione, risulterà più dolce per gli iberici.  In Germania si buttano le basi: (Xavi, Iniesta, Villa, Fabregas) di quell’armata invincibile che terrorizzerà l’Europa ed il Mondo per gli 8 anni seguenti. Si comincia ad intravedere il tiki taka (che sostituisce lo storico, e sterile, possesso palla spagnolo), Messi sta per prendersi il Barcellona, e Guardiola l’anno seguente arriverà alla corte del Barca B. Il resto della storia credo la conosciate, e bene.

C’erano una volta l’URSS e la Jugoslavia

C’era una volta l’URSS, c’era Yashin, c’era l’Unione Sovietica che riusciva ad eccellere in qualsiasi tipo di sport. Poi c’era la Jugo, la terribile Jugo.
 Ecco, a guardare il Mondiale del 2006, sembra che un pezzo di storia non sia mai esistita. Per l’Europa infatti si qualificano 5 squadre che , in un certo senso, non sono sempre state lì, almeno geo-politicamente parlando. Sono: la Croazia (con cui abbiamo aperto questa guida), la Polonia, Serbia e Montenegro (preparata a scindersi ulteriormente), la Repubblica Ceca (e non più la temibile Cecoslovacchia dei vostri padri) e c’è l’Ucraina. In quella squadra c’è un giocatore, il numero 7, che è senza mezzi termini il più forte giocatore Ucraino della storia del pallone, e nel podio per la classifica riguardante l’Est. Si chiama Andriy Shevchenko e si è appena trasferito al multimilionario Chelsea di Roman Abramovich, un russo, ex militare sovietico e che deve tutto alla privatizzazione dei sistemi produttivi sviluppatisi in conseguenza alla fine dell’URSS. Come a dire, il Mondo è un posto vario, ma poi alla fine te li ritrovi tutti li, su di un campo di calcio.