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NBA's Evolution

Do the right thing

NBA's Evolution Do the right thing

Gli anni 2000 per quanto meravigliosi nella loro complessità, nella globalizzazione e nell’utilizzo spasmodico di internet ci hanno regalato più di qualche cambiamento. Nella musica cosi come nel cinema. Tuttavia chi più di tutti sembra aver fatto i conti con l’evoluzione è lo sport, il basket in particolare, l’NBA nello specifico. La crescente esplosività degli atleti ci ha consegnato uno sport più veloce, se volete meno ragionato, forse più spettacolare, ma soprattutto modificato. 

La differenza di “playing”, che descriveremo tra un pò, ha cambiato la disposizione degli uomini in campo alterando il concetto stesso di ruolo. I playmaker sono diventati sempre piu attaccanti e meno costruttori di gioco (con la buona pace di Chris “Michelangelo” Paul) e sempre con maggior evidenza i centri puri tendono a scomparire da ogni sistema di gioco. Gli ultimi ad averci provato in maniera seria, sono stati i Lakers della scorsa stagione e, va bene gli infortuni, ma non servo io a ricordarvi che magra fine hanno fatto.

Ma perché? Dove sono finite le “Twins Tower” come Tim Duncan & David Robinson, Olajuwon & Simpson

Quello che tecnicamente si chiama “doppio-lungo” è adesso un lusso che poche squadre possono permettersi. Motivo principale è la spaziatura ossessiva che adesso ¾ dei coach d’oltremanica applicano (copiata dall’Europa). Si tira da tre con una percentuale forse raddoppiata rispetto ai tempi di Reggie Miller e quindi ti servono giocatori capaci di “aprire il campo”. In quest’ottica il numero 4 , quello leggermente piu bassino della coppia, diventa uno che deve stazionare molto spesso dietro la linea da tre punti, uno alla Bargagni insomma, o alla Novitwki. Ed invece si è andati oltre: Bargnani o Studemire (per restare a NY) da centro, quello alto, e Carmelo Anthony (cosi come Durant ad OKC e LeBron a Miami) da “ala grande”. Capisco che possa sembrare poca roba per i profani del gioco, ma stiamo parlando di una rivoluzione tipo Barcellona nel calcio per intenderci.

Le ragioni sono diverse, e le opinoni contrastanti. Proviamo a fare un pò di luce elencandone tre.

1. I Centri Attuali Sono Scarsi

Ecco, un buon punto. Howard dovrebbe, e dico dovrebbe, essere il miglior centro in circolazione, il problema è che la qualità prima di un buon “pivot”, come li chiamavano dalle nostre parti circa 20 anni fa, è quella di giocare spalle a canestro (si dice “in post” tante volte si servisse gergo per far colpo su tipe alla Vignali). Ecco il simpatico Dwight è semplicemente normale in questo fondamentale, il che fa di lui un buon centro, ma non il migliore. Quindi restano Chandler, Hibbert ed addirittura mi tocca scomodare Bynum. Dai ragazzi, Bynum?

2. La componente atletica

I play e la guardie di oggi (guardate un po al nostro hipster preferito Westbrook) corrono e saltano manco fossimo al luna park. Per contrastare tale strapotere fisico serve riuscire ad adattare la tua difesa, e serve qualcuno che possa difendere “in movimento”, cioè lontano da canestro. Anche Shaquille avrebbe fatto fatica oggi, a difendere contro gente veloce come Tony Parker o Irving. Le attuali difese preferiscono andare sulla palla, piuttosto che avere l’intimidatore alla Mutombo, (quello del “Not In My House”) sotto canestro. Il motivo è semplice: la chiave del successo di ogni franchigia che ha vinto il titolo negli ultimi anni è stata il contropiede, attaccare prima che la difesa si schieri, e non avere un rimorchio di 200 chili ti aiuta.

3. LeBron James e…. Mike D'Antoni

Il punto di contatto tra i due esiste, prometto. Il Prescelto ha cambiato per sempre l'accezione del gioco. Il fisico perfetto, tanto forte quanto tecnico, tanto playmaker quanto centro. Con lui quindi si può dare il via alla sperimentazione, lo puoi far giocare da “quattro” e dato che è in ogni caso più forte degli altri, riceverne vantaggio. Chi per primo gli regala il nuovo ruolo è Mike Brown, coach cresciuto sotto l'influsso di quel Greg Popovich che nella sua fermezza è uno dei più grandi innovatori sportivi di sempre. Cosa c'entra Mike D'Antoni? Se qualcuno ricorda i suoi Phoenix Suns avrà già capito. I primi a giocare insistentemente senza lunghi (il centro era Studemire, quello buono però non questo), ed ad esasperare il concetto di velocità nell'azione e tiri da tre. Attaccavano sovente nei primi 5 secondi dell'azione, e per farlo il tuo quintetto esigeva d'essere Nash-Bell-Hill-Marion-Studemire. Tuttavia non vinceranno mai un titolo e tutti capiscono che quel modo di giocare non può essere riproposto, bisogna plasmarlo per bene e moderarlo con attenzione, fino a giungere ai Miami Heat della legacy, ai nuovi Spurs ed alla banda terribile di Steph Curry e co.

Ah, indovinate un pò chi era l'allenatore dei Lakers lo scorso anno, gli ultimi a provare l'esperimento lunghi con Howard e Gasol. Mike D'Antoni. Lo sport, gli ingaggi e la maglia gialloviola a volte fanno giri enormi, per poi finire nel posto sbagliato.