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Nets to Barclays Center

Do the right thing

Nets to Barclays Center Do the right thing

Anche guardandola da casa, con le telecronache di Buffa e Tranquillo, una partita NBA non mi era mai sembrata una semplice partita certo, gli occhi per vedere le mascotte agitarsi, le cheerleaders eseguire coreografie perfette e  quant’altro,pur non funzionando benissimo, li ho sempre avuti. 

Il fatto è che entrare nel palazzetto il giorno della partita, con 68 minuti d’anticipo, comprare il cappellino dei Nets in edizione limitata, il giant finger, ed un simpatico hot dog da 10 dollari (si, era sempre il Barclays, ma stavolta fanculo le alette) ti spiazza. 

E’ come se entrassi in un’altra dimensione, tipo Space Jam dai, il fatto che la suddetta notte fosse la “Jewish Heritage Night” rende solo il tutto più paradossale. Magari adesso starete pensando a quanti ebrei conoscete a cui piace il basket, vi rispondo io: 0. Ma se questi sono riusciti a farlo piacere ai Cinesi ed ai Filippini, vuoi che non riescano anche qui?

E’ stra-interessante notare come tutto ciò che gira intorno all’NBA, ed alla sera del match, in particolare è un continuo mostrare la parte bella dell’America al mondo. Un universo di luci, musichette di merda ma che ti coinvolgono, colori, gente che balla, beve birra scadente e si diverte. Ti senti quasi come un bambino la cui mamma maschera quello lo sciroppo con il miele, perché se ci sono dei campioni nell’arte dell’ “indoramento della pillola” quelli sono gli americani. Il Barclays Center sembra il paradiso dell’uguaglianza tra i popoli, dei bambini allo stadio, della tolleranza e della perfezione. 

E’ un ebreo (per altro bravuccio) ad eseguire l’inno nazionale, accompagnato solo da applausi (Italia ti senti chiamata in causa?)e da un emozione reale diffusa in tutto il palazzetto e di cui ti senti oggettivamente parte, mentre durante la “Dance Cam” l’attenzione va su due bambini, un altro ebreo ed uno di colore che si sfidano a distanza ricordando un po’ il bambino cicciotto di Detroit.  Un manifesto di Utopia dove se non sei interessato all’evento sportivo in se per se trovi ugualmente tempo e modo di divertirti. 

E’ la piu perfetta interpretazione di ciò che lo spirito americano significhi. Fuori i problemi, economici e non, dal palazzetto. Per due ore e mezza circa si pensa solo allo show. Puoi essere d’accordo o magari no, ma non puoi farci nulla: ti piacerà. E ti divertirai come un matto ad agitare l’enorme dito di gomma insieme al tuo svalvolato amico Giapponese, che sembra l’unico a prestare attenzione alla partita ed a tifare per i Nets.

Ah già la partita, c’era anche la partita. Brooklyn non è sinceramente un bello spettacolo, l’assenza di Pierce, Williams, Kirilenko e Terry servono solo a nascondere il fatto che Jason Kidd non è un allenatore e che il roster sembra esser stato costruito come il Real Madrid dei Galacticos. Zidane y Pavones come Garnett & Shengelia. Perdono di 24 senza neppure provarci, il pubblico per quanto poco interessato se ne accorge e comincia a fischiarli (funziona cosi anche qui). Garnett gioca praticamente metà partita , poi da metà terzo quarto in poi è garbage time. Vale a dire quel periodo della partita, piu o meno lungo a secondo dei casi, durante il quale le terze scelte posso finalmente calcare il parquet e divertirsi a far canestro, tanto non difende nessuno. Solo che il garbage time dei Nets non è neanche spettacolare, meno male che c’è Nate Robinson, ne vale la pena solo per guardalo essere cosi sfacciatamente talentuoso e pieno di se. M’ha invece deluso Shaun Livingston, svogliato e senza un briciolo d’energia, ed io che lo millantavo come mio giocatore preferito.

Ti resta l’esperienza, la consapevolezza che certe cose come le fanno oltre oceano noi non le faremo forse mai, che noi non daremo mai allo sport la stessa dignità, la stessa loro valenza sociale. 

Tuttavia una volta fuori dal Center torni ad accorgerti che non è tutto oro quello che luccica, che l’America ha ancora i suoi tormenti, che aumentano ogni giorno, solo che son tutti bravi a dimenticarli anche solo per tre ore, proprio come avevi visto in TV.