Vedi tutti

Spike Lee

Do the right thing

Spike Lee Do the right thing

Un po’ perché padre putativo di questa rubrica, un po’ perché uno dei registi preferiti del sottoscritto, un po’ perché forse è la celebrità più appassionata di NBA, fatto sta che non potevo esimermi dal compito di dedicare una puntata di “Do the right thing” a Spike Lee.

Nato ad Atlanta ma vissuto praticamente sempre a Brooklyn, Shelton Jackson è certamente una delle figure di maggior spicco degli ultimi vent’anni di cultura afroamericana. Molti dei suoi film, nonchè tutta la sua storia personale, raccontano un pezzo considerevole  d’America Nera. Padre Jazzista, un fratello di nome Malcolm, ed una madre di una personalità strabordante, Spike ha sempre adorato lo sport ed il basket,anche se poi altra cosa è praticarlo, e viene appunto da qui il nomignolo poi divenuto leggenda “Spike” (magro, ma anche resistente), non era dotato ma era testardo.

Ha sempre amato ed ammirato Malcolm X, chissà se immaginava di produrre il più sensazionale film sulla sua vita. Ha sempre raccontato tutti gli aspetti della black culture, la droga, il ghetto, le difficoltà d’integrazione, il basket.  Sono due i film che più lo legano alla nostra rubrica: “Do The Right Thing” pellicola ambientata per le strade di New York, da cui io stesso prendo continua ispirazione per scrivere di black culture, essendo questo semplicemente uno dei film che meglio descrive quella che è la culla della rinascita Nera e che recentemente ho avuto modo di visitare restandone estasiato: Harlem. L’altro è “He Got Game” di cui avete già letto su queste pagine, altro capolavoro di afro-american culture applicata alla pallacanestro.

 

Ma Spike sta all’NBA più di quanto un semplice film possa dimostrare, primo tifoso dei Knicks è un campione di trash-talking, l’arte dell’infastidire l’avversario con la parola, che il buon Lee pratica da quando ha messo piede al Madison Square Garden, rigorosamente in prima fila, rigorosamente con jersey e cappellino dei suoi amati Knickerbockers. Se già vi ho raccontato delle scaramucce con Pierce, i più esperti di voi ricorderanno senz’altro la faida con Reggie Miller, divenuta leggenda nella serie di Playoff del ’94, quando “Knick Killer” prese letteralmente a fucilate NY , scatenando l’ira di Spike che doveva pure sorbirsi Miller che ad ogni canestro lo guardava con aria di sfida. Battaglie con MJ, salvo poi i due diventare amiconi e lanciare anche una sneaker in collaborazione (le Jordan Spikize).

E’ sempre stato il protettore del talento in casa Knicks, figurarsi con Stephon Marbury, Newyorkese purosangue e stella di New York qualche anno fa, salvo deludere ogni aspettativa ed essere esiliato in Cina. Spike lo amò alla follia, tanto da farne il protagonista di un documentario di non grandissimo successo “Stars on Stars”. 

Ha sempre avuto un debole per l’Italia, ci ha girato un film (“Miracolo a Sant’Anna”) ed ha sostenuto sempre il nostro Gallinari, polemizzando alla sua cessione a Denver. 

Un personaggio speciale, particolare ed unico in qualsiasi aspetto della sua vita, come i continui litigi con alcune delle personalità piu illustri del cinema e della cultura americana, da Tarantino, a Micheal Mann, passando per le accuse di razzismo per l’amicizia con Louis Farrakhan.

 

Intervistato dalla NBA, in qualità di figura illustre dei Knicks, Spike dichiarò di essere cresciuto col mito di Alì, Malcolm X e M.L.King, e fino a qui c’eravamo anche noi, quando poi senti nominare Tommie Smith, Black Jesus e Adbul Jabbar, la lacrimuccia ti vien giù e cominci a pensare che questo deve averne viste tante, ma proprio tante.