Bode Rec. x Nike esplora il mito dello sportswear americano

Se in Europa la moda è nata prima nelle corti nobiliari e successivamente nelle città della borghesia, dell'haute couture al prêt-à-porter, non è così inverosimile che la moda statunitense sia nata su un campo da gioco. Lo sport infatti da sempre ricopre un ruolo fondativo in quella che è l’epica a stelle e strisce, con alcune discipline che simboleggiano direttamente alcuni momenti mitici della narrazione della nazione. Come ad esempio il Football Americano che con il suo incedere ricorda da vicino il guadagnare terreno verso l’Oceano Pacifico dei coloni, o il baseball, l’America’s Pastime e la rappresentazione dell’American Way of Life, che consiste in un solo attaccante contro un’intera difesa. Un rapporto così stretto, quello tra lo sport e il tessuto connettivo del paese statunitense, che non poteva contaminare anche il modo di vestire. D’altronde se la vita è uno sport, la moda è uno spogliatoio. Così almeno deve pensarla Emily Adams Bode Aujla, fondatrice e direttrice creativa dell’omonimo brand che negli ultimi anni ha saputo rilanciare l’idea di Americana scavando proprio alle radici dell’abbigliamento Made in USA. 

Nella sua collezione realizzata insieme al brand che come nessun altro ha saputo rappresentare non solo lo sport americano, ma lo stile di vita, il massimalismo e l’epica di un intero continente Emily Adams Bode Aujla ha realizzato forse la sua operazione più radicale e anticonvenzionale. Se Nike infatti rappresenta ancora oggi un riferimento per generazioni, se una parola greca viene pronunciata con l’accento della West Coast lo si deve proprio alla creazione di un mito di fondazione perfetto, inattaccabile nella sua coerenza. Ed è proprio in quegli anni, in cui lo Swoosh non aveva ancora perfezionato la sua strategia e la sua estetica, che si è voluta immergere Bode con il solito piglio da archivista. Ispirata dalla carriera collegiale del padre, capitano della squadra di football in Massachusetts, la collezione fa riferimento a varie epoche dello sportswear, iniziando alla fine del diciottesimo secolo per risalire fino agli anni ‘70. 

Giacche da ginnastica, magliette, penny e dickies, maglie, pantaloncini in tessuto e pantaloni da gioco: ogni capo pensato per la collezione esplora un aspetto specifico della tradizione Nike che ha origine nel track&field, quando Bill Bowerman allenava all’Università di Oregon. Lì risiedono gli elementi che caratterizzano davvero il lavoro di Bode, dalle spille utilizzate per regolare le misure dei kit o per attaccare i numeri di gara, ai cordini che definivano inizialmente quelle parti delle tute che nel tempo diventeranno elasticizzate. Invertendo così il lavoro effettuato solitamente da Nike nelle sue collaborazioni, spinte soprattutto dall’immaginare quale sarà il futuro dello sportswear, qui la tensione è pienamente rivolta verso gli insegnamenti del passato. Non solamente in termini di design o dettagli, ma specialmente nella filosofia che attraversava le prime creazioni di Nike e il lavoro creativo dei pochi impiegati dell’azienda. Emily Adams Bode Aujla ha infatti incontrato Jeff Johnson, il celebre “Employer N.1” per comprendere come all’epoca Nike immaginava, prima ancora di realizzare, le sue scarpe. 

Insieme hanno recuperato un modello ormai dimenticato nella lunghissima genealogia di calzature con lo Swoosh, ma in grado di creare quel tipo di ponte storico e sentimentale che la designer voleva tracciare con questa collaborazione. La scelta infatti di realizzare una nuova versione delle Astrograbber, scarpe inizialmente utilizzate sui campi sintetici del College Football grazie all’iconica waffle sole ricavata attraverso un’invenzione casalinga, rappresenta sia un riferimento alla tradizione di Nike quanto alle suggestioni del suo album di famiglia, con le foto in bianco e nero del padre sulle sidelines in completo da gioco. Le scarpe diventano così un memorabilia, un contenitore di ricordi e sentimenti per chi in un capo di vestiario cerca una storia piuttosto che una estetica. E nell’arazzo intessuto da Bode, Nike forse per la prima volta diventa una suggestione, una finestra da cui osservare il passare del tempo.

Sottolineando così un ruolo inedito ma altrettanto vitale nella creazione di quello che oggi comunemente definiamo sportswear, Bode fa impersonare a Nike i panni del thrifter quando si tratta di ripercorrere il proprio archivio fino agli ultimi cassetti. E in questo processo analizza i valori fondanti sia della moda americana che dello stile di vita a stelle e strisce, che proprio a causa della sua frenesia ha portato spesso e volentieri Nike a non voltarsi mai ed a correre a testa bassa verso un futuro tutto da modellare. Per un brand che ha fondato la sua intera filosofia sul realizzare i propri sogni ad ogni costo, il passato non è mai stato un opzione. A volte però, nello sport come nella vita, bisogna fermarsi e sfogliare l’album di famiglia.