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Lo stadio come incubatore oltre il calcio - Intervista a Magda Pozzo

Abbiamo parlato con la Chief Commercial Officer dell’Udinese Calcio di come si costruisce una realtà unica in Italia

Lo stadio come incubatore oltre il calcio - Intervista a Magda Pozzo Abbiamo parlato con la Chief Commercial Officer dell’Udinese Calcio di come si costruisce una realtà unica in Italia

Udine rappresenta da oltre venti stagioni un’isola felice nel calcio italiano, una cittadina nel nord est che ha saputo sognare il grande calcio internazionale e costruire un modello sostenibile in un panorama imprenditoriale che normalmente va nella direzione opposta. Un modello che ha un nome, o meglio, un cognome: Pozzo. Il gruppo che ha acquistato nel 1986 l’Udinese, trasformandola nel tempo in un’eccellenza di progettualità, sostenibilità e risultati sportivi, costruendo strutture sportive d’avanguardia e scovando ogni anno nuovi talenti sconosciuti da lanciare nel grande calcio. Una storia che continua ancora oggi, con il rinnovamento del Bluenergy Stadium pronto ad ospitare i tifosi anche nelle aree hospitality realizzate per rendere la visione della partita ancora più coinvolgente e personalizzata. Abbiamo parlato del percorso dell'Udinese, della sua filosofia imprenditoriale e del suo futuro sportivo e non con Magda Pozzo, Chief Commercial Officer dell’Udinese Calcio.

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- L'Udinese Calcio si è affermata negli anni come una delle società più solide del calcio italiano, quali sono tre parole chiave della vostra idea di business?

Innovazione, approccio manageriale e sostenibilità. Sin dal nostro ingresso nel calcio abbiamo voluto applicare un approccio aziendale al mondo del calcio dando da subito un imprinting manageriale. Questo ci ha permesso di diventare un business model sostenibile dal punto di vista della governance, con bilanci sani ed un sistema di player recruiting diffuso in tutto il mondo e che tutti ci invidiano. Coniugando questi fattori, siamo in serie A da 29 anni consecutivi ed abbiamo raggiunto 11 qualificazioni europee, numeri da record per una città di 100.000 abitanti scarsi. A questo abbiamo abbinato una vision innovativa, cercando di precorrere sempre le tendenze del calcio e divenendo, in tanti ambiti, una reference: basti pensare che il Bluenergy Stadium è il secondo di proprietà d’Italia ed è vivo 365 giorni l’anno e che, grazie all’Udinese, sono state avviate nei primi anni 2000 i test per il Var e la goal line technology.

- L'Udinese ha investito con largo anticipo su strutture e stadio di proprietà, anticipando delle soluzioni che ora molte altre squadre di Serie A stanno provando a copiare. Come vedete il calcio italiano tra 10 anni?

Credo che questa sia la chiave: avere stadi moderni e polifunzionali che siano in grado di massimizzare la fan experience ed essere vivi nella comunità 365 giorni l’anno. In Italia, finalmente, il nostro calcio sta intraprendendo la direzione giusta anche se la strada è lunga ma credo che gli Europei del 2032 accelereranno questo processo. Noi come club abbiamo sempre avuto chiara questa visione dello stadio come incubatore di idee oltre il calcio. Per questo abbiamo investito in aree hospitality divenute d’eccellenza in ambito internazionale che sistematicamente sono tutte soldout già dalla fine del precedente campionato e, in ogni gara, ci sono oltre 250 aziende rappresentate. Inoltre, organizziamo allo stadio oltre 100 eventi e convention aziendali l’anno e il Bluenergy Stadium, grazie alla collaborazione con il nostro main sponsor IOSONO FVG, è inserito nel circuito turistico della regione ed attrae tanti visitatori con il walk about. Adesso speriamo di completare, burocrazia permettendo, il progetto Stadio 2.0 che porterà alla creazione di asilo nido, centro medico, piscine e palestre, tutti servizi alla comunità in un’area di oltre 20.000 all’interno del nostro stadio. Direi che questo è il modo in cui spero di vedere il nostro movimento: un calcio moderno, con stadi moderni in grado di generare revenues alternative ai soli diritti tv.


- La sostenibilità è uno dei valori più importanti per l’Udinese Calcio, come avete deciso di declinarlo nelle varie parti della società?

Direi che per noi la sostenibilità è un valore fondante a 360 gradi. In precedenza abbiamo parlato della sostenibilità economica della nostra governance, ma noi decliniamo questo valore anche alla sostenibilità ambientale e a quella sociale. La nostra green policy ci ha permesso di diventare un club di medie dimensioni modello sullo scenario internazionale, questo grazie ad una politica concreta per la sostenibilità che abbiamo avviato coinvolgendo i nostri partner e stimolandoli a compiere passi tangibili per questa sfida. Al centro abbiamo messo il Bluenergy Stadium che, grazie al nostro storico partner Bluenergy, usa da anni energia da fonti rinnovabili risparmiando, così, oltre 4850 tonnellate di emissioni di Co2, adesso lavoriamo ad un progetto rivoluzionario che vedrà sorgere allo stadio un impianto fotovoltaico che lo renderà il primo carbon free d’Italia. Un passo storico. Altro esempio, solo per citarne uno, è quello delle nostre maglie da gioco Macron che, da quattro anni, sono realizzate in un tessuto ricavato dal riciclo di bottiglie di plastica. Siamo stati il primo club Macron al mondo in tutti gli sport a fare questo e, adesso, il nostro sponsor tecnico utilizza questo tessuto per tutti gli oltre 100 club. Ciò vuol dire che siamo stati un’ispirazione.
Tutti questi progetti hanno fatto si che l’Udinese sia stata indicata dal Brand Finance Football Sustainability Index come il club più sostenibile d’Italia e il quarto al mondo e, proprio da poche settimane, siamo all’interno del committee ECA per sostenibilità nel ciclo 2023/2027.

- L’Udinese è diventato sinonimo di grande scouting e sviluppo di calciatori, come funziona il vostro reparto di analisi e quali sono i dati più importanti nella scelta di un atleta?

Lo scouting per noi è sempre stata una risorsa in cui abbiamo profuso sforzi ed investimenti importanti. Ci siamo dotati di una struttura invidiata in tutto il mondo di osservatori dislocati in ogni ambito del pianeta e in grado di cogliere con un tempismo fuori dal comune i talenti che, qui a Udine, grazie al know how, le professionalità e le strutture d’eccellenza hanno tutto per diventare campioni. Percorso che, solo per fare alcuni nomi, hanno compiuto Zielinski, Bruno Fernandes, Molina, De Paul, Udogie, senza dimenticare i grandi talenti del presente come Bijol, Ebosele, Samardzic. Per la scelta dei giocatori i nostri scout si basano prevalentemente sull’occhio e l’esperienza, i dati sono un supporto utile ma non decisivo nella scelta del profilo.

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- L’Udinese ha realizzato la terza maglia insieme a Marcello Pipitone, un giovane designer milanese. Come siete arrivati ad una collaborazione di questo tipo e che tipo di feedback avete ricevuto?

Abbiamo ricevuto un grande feedback, la maglia è piaciuta tantissimo non solo ai nostri tifosi ed ha avuto grandi riscontri soprattutto nella fascia degli Under25. Si tratta di un profetto innovativo che abbiamo avviato grazie alla collaborazione con Camera della Moda Fashion Trust di Milano, convinti che il calcio e i calciatori siamo sempre di più delle icone soprattutto nell’immaginario dei giovani considerando che sono oltre 2 miliardi gli appassionati del mondo. Per questo è nata l’idea di sfruttare la potenze del calcio per realizzare questo progetto innovativo che mette al centro la valorizzazione di giovani talenti: l’Udinese, infatti, è famosissima per il suo scouting e, per questo, la sinergia con Camera della Moda Fashion Trust, che forma e lancia giovani fashion designer, è stata naturale. Quest’anno il progetto ha permesso ad un grande talento come Marcello di disegnare il nostro Third Kit ma è stato solo il primo passo di una collaborazione che proseguirà.

- Il calcio e la moda sono due mondi che si sono avvicinati molto in queste ultime stagioni, come pensate di sfruttare nuovamente questa grande opportunità di marketing e branding dell’Udinese nel mondo?

E’ una grande opportunità per diffondere il nostro brand in tutto il mondo e, soprattutto, per approcciare con strumenti cool ad una fan base giovane che vede il calcio e lo vive all’epoca dei social. La partita è diventato un evento totalizzante in cui gli occhi del mondo permettono di valorizzare tanti aspetti, anche commerciali, legati alle divise ed alle maglie da gioco che, quasi, la rendono paragonabile ad una sfilata come impatto mediatico. Iniziative come questa, poi, ci qualificano verso di loro ed anche verso gli oltre 2 milioni di nostri tifosi che vivono in ogni angolo del pianeta che, ad esempio, ci avevano permesso di raggiungere grandi risultati di questo tipo con la maglia dedicata ai Fogolars Furlans del 2020.


- Il calcio italiano non ha ancora un numero di donne nei ruoli di potere come accade invece in altri campionati europei. Qual è la sua esperienza e come pensa si possa invertire questa tendenza?

Personalmente non ho mai avvertito questo senso di discriminazione ne credo di essere stata mai vista con sospetto nel mondo del calcio ma anche in quello dell’industria nel quale ho lavorato in passato.
Vedo, comunque, con piacere che stiamo compiendo nel mondo grandissimi passi avanti in tal senso ed anche in Italia stiamo crescendo tanto sotto questo aspetto e ciò viene testimoniato, ad esempio, dalla nomina da parte di un top club come la Roma di Lina Souloukou come CEO e cosi’ l’ho notato a livello Europeo nel working group Sostenibilita’ della ECA dove le donne rappresentano una percentuale elevata.