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"Il calcio è un business, ma serve il cuore": Intervista a Giovanni Carnevali

Abbiamo parlato con l'Amministratore Delegato e Direttore Generale del Sassuolo di giovani, stadi e ovviamente di calciomercato

Il calcio è un business, ma serve il cuore: Intervista a Giovanni Carnevali  Abbiamo parlato con l'Amministratore Delegato e Direttore Generale del Sassuolo di giovani, stadi e ovviamente di calciomercato

Giovanni Carnevali è una di quelle personalità che siamo abituate a vedere nei dipinti ad olio, un uomo che sembra appartenere ad un'altra epoca e ad un altro calcio, riuscendo allo stesso tempo ad essere determinante negli equilibri dell'attuale Serie A. L'Amministratore Delegato e Direttore Generale del Sassuolo infatti è diventata nel tempo una figura messianica del nostro calcio, protagonista assoluto delle sessioni di calciomercato ed alfiere di una società moderna e sostenibile. E se di quest'ultima investitura ne è davvero felice, sul suo ruolo da equilibrista delle estati italiane è molto più trattenuto, sminuendo il suo contributo alle lunghissime trattative che infiammano gli animi dei tifosi. "Ho la fortuna di rappresentare una società che ha dei giocatori importanti, é un motivo di orgoglio ogni anno avere calciatori richiesti dai grandi club. E quando se ne parla durante il periodo del calciomercato siamo sicuramente orgogliosi, rappresenta una validazione del nostro lavoro durante l'anno" mi dice all'inizio della nostra chiacchierata. Siamo negli uffici Master Group, l'azienda da lui fondata e che si occupa di organizzare eventi e cerimonie per lo sport italiano e internazionale. Carnevali è seduto alla scrivania, camicia con le iniziali siglate e taccuino perché preferisce prendere gli appunti a mano. "Di solito lo vivo in modo molto tranquillo sebbene sia in un periodo molto faticoso perché è troppo lungo. Non abbiamo momenti di tregua tra incontri e appuntamenti e soprattutto telefonate. È soprattutto nel periodo estivo dovresti avere almeno qualche giorno per fare un po' di vacanze e invece il calciomercato non ti permette di farle".

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Ma Carnevali attraversa con grande tranquillità il calore estivo, senza lasciarsi trascinare dal fervore dei tifosi che aspettano continuamente nuove notizie, nuovi colpi. "Per i tifosi l'importante in alcuni momenti è solo acquistare un giocatore, poi che questo sia forte o meno forte non interessa. Certo, questo chiaramente non è un atteggiamento giusto, perché a volte le società devono fare degli acquisti ben mirati, soprattutto in un momento che è di difficoltà economica". L'esoterismo del calciomercato lascia spazio alla razionalità, alla programmazione. Una parola che tornerà spesso, anche per differenziarsi da altre realtà calcistiche italiane che "lavorano in modo diverso" nelle parole di Carnevali. "Una società di calcio oggi è sempre più un'azienda e tu vuoi far sì che l'azienda sia sana, che lavori bene anche ragionando in anticipo sul calciomercato. La programmazione diventa determinante: noi dobbiamo già lavorare immaginando già quali possano essere i giocatori su cui far mercato, i giocatori che possono essere cedibili e quelli invece sui quali dobbiamo cercare di costruire una base solida. Per questo abbiamo un ufficio scouting importante, che coordinato dal nostro direttore sportivo deve avere già un una visione anticipata di quelli che possono essere i giocatori, quelli che possono essere i ruoli che a noi mancano, da condividerli con l'allenatore per poi dopo cominciare ad agire. E perché oggi le trattative sono sempre molto più complicate.

Per l'Amministratore Delegato e Direttore Generale US Sassuolo infatti non ci sono formule magiche, algoritmi segreti o supercomputer accesi 24 ore su 24. L'unica vera regola che si è dato negli ultimi anni è quella di chiudere tutte le operazioni nei tempi più brevi possibili. "Non voglio arrivare all'ultimo ed essere costretto a fare scelte dettate dalla fretta. Vediamo quanti movimenti vengono fatti proprio negli ultimi giorni, soprattutto quando hai delle richieste e pensi che oggi il tuo giocatore possa rimanere con te, poi magari invece c'è una richiesta all'ultimo momento e questo ti può portare a delle problematiche". Il pensiero va immediatamente ai tantissimi calciatori cresciuti in neroverde e diventati protagonisti dei tormentoni estivi, ScamaccaFrattesi e Raspadori, che ha militato in tutte le giovanili neroverdi, fino a Berardi, rimasto a capitanare anche in questa stagione il club emiliano. Una continuità di risultati che non può prescindere dal processo che ne é alla base, e che permette ad un club come il Sassuolo di veleggiare in Serie A ormai da oltre 10 anni raggiungendo anche importanti traguardi europei.

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Questo che stiamo vivendo è infatti l'undicesimo anno del Sassuolo nella massima serie italiana, un periodo di tempo nel quale è cambiata sia la Serie A che la squadra di Reggio. "Il Sassuolo ha questa mission di puntare molto sui giovani, sugli italiani, e in questo tempo i ragazzi che tu sei andato a prendere all'inizio sono maturati, sono ragazzi che sono cresciuti. Magari nessuno avrebbe mai potuto immaginare che l'Italia potesse diventare Campione d'Europa con quattro giocatori del Sassuolo nel gruppo e questo fa parte di un percorso di crescita della società puntando sempre su questo modo di lavorare". Carnevali sente tutti i calciatori passati attraverso le accademie del Sassuolo come una parte della famiglia, "i ragazzi sono il nostro bacino, dovrebbero essere il motore della nostra Federazione, che dovrebbe aiutare un po' di più in questa direzione". E rappresentano il modello attraverso il quale il Sassuolo vuole cambiare il calcio italiano, una trasformazione che guarda anche e soprattutto all'estero. "Oggi il Sassuolo non è più una società che viene vista soltanto in Italia, ma anche all'estero e questo vuol dire che il lavoro che si sta facendo è importante" mi dice sempre Carnevali, "poco tempo fa sono stato in Inghilterra e parlando con un po' di società inglesi, il Sassuolo viene preso un po' come punto di riferimento". Il modello Sassuolo infatti, anche grazie all'ottimo lavoro fatto da De Zerbi al Brighton con tanto di lodi sperticate di Pep Guardiola, è diventato un caso internazionale studiato e riconoscibile.

Le uscite dal portiere, la palla bassa sui piedi e il pressing organizzato sono diventati negli anni i tratti distintivi della filosofia Sassuolo in campo. "Noi abbiamo sempre la volontà di continuare con questa strategia, cercando anche di proporre un bel calcio, perché poi alla fin fine viene identificato anche per il calcio che fai, per il calcio che proponi e per il modo anche di affrontare le squadre importanti. Sta di fatto che è capitato più volte di aver vinto anche contro squadre top". E anche fuori dal campo, il Sassuolo mantiene la sua natura propositiva e locale, investendo molto sul territorio e sullo sviluppo di un futuro, calcistico e non. "Io credo molto nel lavoro che sta facendo il settore giovanile Sassuolo Calcio. In questi anni abbiamo ottenuto dei buoni risultati e riteniamo che questa sia la strada anche per poter far giocare dei ragazzi, e portarli ad esordire in prima squadra", perché poi alla fin fine questi ragazzi hanno bisogno di esordire in prima squadra" insiste ancora Carnevali, che torna a girare intorno a questo punto mettendo dentro anche le scelte della FIGC e degli altri club. 

"Questa nuova normativa del rientro dei cervelli ha fatto sì che oggi andando ad acquistare un giocatore straniero hai delle agevolazioni, il che è un po' un controsenso. Si dovrebbero avere su un giocatore italiano le agevolazioni, per trovare un modo di aiutare le società che investono sulla formazione di giovani calciatori. Soprattutto bisognerebbe trovare avere delle idee un po' diverse da quelle che si stanno seguendo ora, perché la strada che stiamo percorrendo sicuramente non è quella giusta" spiega ancora Carnevali, che sottolinea alcuni degli errori che secondo lui il calcio italiano e specialmente la Serie A sta commettendo. "Oggi gli sport di calcio vivono grazie ai diritti televisivi, in un modello che non può essere sostenibile. Abbiamo bisogno di tanta managerialità, che prima non c'era e che finalmente ora stiamo provando ad inserire". Carnevali non chiude le porte ad un nuovo contratto collettivo, o a piattaforme dedicate che possano aiutare l'intero settore a valorizzare i propri asset principali, ma come per la compravendita dei calciatori, non si lascia suggestionare da voli pindarici. 

"Tutti noi stiamo cercando di trovare altre forme di opportunità di guadagno, dagli eventi piuttosto che tutto quello che riguarda il ticketing, cercando di trovare delle opportunità diverse con aree hospitality piuttosto che far vivere delle experience al tifoso o attraverso il merchandising. Ma ad oggi sono tutti introiti minimi. Diciamo che oggi una società come la nostra vive di diritti televisivi e soprattutto della vendita dei giocatori perché non abbiamo gli introiti di botteghino di altri grandi club." E l'amara situazione del nostro calcio è ben raffigurata negli stadi vecchi, poco funzionali e impossibili da sostituire delle società di Serie A e B, che segnano la differenza tra l'attuale panorama italiano e quella di altri campionati europei. Anche su questo Carnevali è perentorio, non trovando scuse per i ritardi dei club ma puntando il dito su tutto un sistema che non aiuta il calcio italiano a rinnovarsi. "Noi magari abbiamo anche il desiderio e la volontà di creare, di realizzare stadi. Poi vediamo che subentra prima la politica e poi tutta la burocrazia che abbiamo e che non ci permette di fare. È chiaro che tutto un insieme di cose per cui anche le strutture, anche gli stadi, portano a far sì che oggi il calcio italiano non sia all'avanguardia. Le strutture, gli stadi sono obsoleti, sono vecchi, per cui non ci permettono di poter essere alla pari degli altri campionati".

Quanto dice Carnevali non suona di certo come una novità ma rappresenta una triste realtà con la quale bisogna far i conti, ed al momento in Italia solo alcuni club hanno accettato la sfida. Il Sassuolo ad esempio ha avuto l'opportunità di investire immediatamente in uno stadio e nelle strutture d'allenamento della società, creando un modello sostenibile e futuribile sul quale costruire in seguito i successi della squadra. "Noi come Sassuolo Calcio abbiamo uno stadio proprietà e un centro sportivo all'avanguardia, sul quale abbiamo investito molto. Si cerca di avere una visione un po' più a lungo termine, un po' più futura, magari altri invece guardano più nell'immediato e investono meno. Però questo fa parte un po' di una propria strategia aziendale". Una concezione circolare che guarda al futuro, dove ogni anello ricopre uguale importanza incastrandosi e così rinforzando la struttura. "Abbiamo l'allenatore del settore giovanile che ogni tanto va a vedere l'allenatore della prima squadra o viceversa, i ragazzini che vedono giocare i campioni" continua sempre Carnevali, mentre la nostra lunga chiacchierata sta volgendo al termine. 

"Oggi il calcio è identificato soprattutto nella prima squadra, quella che gioca la domenica, poi dopo invece c'è dietro un mondo fatto di scuole calcio, eventi per le famiglie, progetti senza scopo di lucro come il nostro Generazione S. Sono convinto che tutte le società, sia grandi, medio o piccole, fanno tanto per il sociale" spiega l'Amministratore Delegato del Sassuolo, che cerca di guardare un lato del calcio magari meno raccontato ma non per questo meno importante. Anzi, il ruolo di una società di calcio dovrebbe essere quello di dare un senso ad una comunità e valorizzare un territorio. Anche su questo Carnevali ha le idee chiare, immaginando un calcio che guardi in avanti senza perdere di vista il passato. "Io mi ritengo ancora fortunato perché ho ancora alle spalle una delle famiglie italiane più importanti, per cui ho modo di poter interagire personalmente. È un ambiente in cui probabilmente c'è ancora, anzi senza probabilmente, c'è ancora una questione di cuore, non è soltanto business. Invece si sta andando verso una direzione con proprietà straniere, fondi di cui c'è un discorso proprio molto più legato al vero business. Nel calcio, insomma, ci deve essere passione, anche idee eh, ma ci vuole passione, ci vuole cuore, ci vuole tifo, tutta una serie di cose che pian piano stanno venendo un po' meno".