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Come l’Arabia Saudita ha deciso di cambiare il suo calcio

Gli arrivi di Cristiano Ronaldo e Karim Benzema sono solo l'inizio del progetto degli sceicchi

Come l’Arabia Saudita ha deciso di cambiare il suo calcio Gli arrivi di Cristiano Ronaldo e Karim Benzema sono solo l'inizio del progetto degli sceicchi

Nelle ultime ore sono arrivate rapide le conferme che sia Karim Benzema che N'golo Kanté presto vestiranno la maglia dell’Al Ittihad rispettivamente per 200 e 100 milioni di dollari a stagione. Non sono i primi e non saranno gli ultimi calciatori che accetteranno in estate i faraonici contratti che la Saudi Pro League può garantire, fuori mercato ormai per gli standard europei. E se non è certo una novità che i grandi giocatori a fine carriera trovassero gli ultimi, lucrosi contratti fuori dall’Europa, il progetto della Saudi Pro League va oltre il semplice pensionamento dorato. Infatti la Saudi Pro League ha recentemente varato un provvedimento che cambierà radicalmente gli equilibri del suo campionato principale, uno dei più storici e antichi della penisola arabica, per sempre. 

Le quattro squadre più importanti della SPL sono state di fatto acquistate dal fondo sovrano Public Investment Fund (PIF) che fa capo al principe reale Mohammed bin Salman. Si tratta dell’Al Nassr, dell’Al Hilal, dell’Al Ittihad, e dell’Al Ahli, che di fatto da ora sono diventate di proprietà diretta della corona araba con disponibilità monetarie che le altre non possono raggiungere. Lo scopo è quindi quello di creare una lega a due o forse tre livelli, dove le quattro squadre più forti si distribuiscono i calciatori per garantire competitività al vertice. D’altronde già ora la SPL è un campionato piuttosto sbilanciato, dove alcune squadre giocano in stadi da oltre 60000 spettatori e altre invece sono relegate in strutture fatiscenti, e dove l’arrivo di Cristiano Ronaldo sembra ancora un miraggio del deserto.

Il fondo PIF, che controlla tra i vari anche Disney, Uber, Boeing, la lega LIV Golf e ovviamente il Newcastle United, deterrà una quota del 75% di queste quattro squadre, mentre il restante 25% sarà controllato da un'organizzazione no-profit. Il consiglio di amministrazione di questi club, secondo il Ministero dello sport, sarà composto da sette membri, cinque dei quali saranno nominati dal PIF e gli altri due dall'organizzazione no-profit. Una mossa mai vista prima d’ora nel calcio internazionale con i club più forti dello stesso campionato che condividono la stessa proprietà e che crea immediatamente più di un problema sia dal lato sportivo quanto su quello finanziario.

L’ambizione del Ministro dello sport arabo, il Principe Abdullah bin Turki Al-Faisal, è quella di rendere la Saudi Pro League uno dei primi dieci campionati al mondo, triplicando così la valutazione sul mercato fino a 2.1 miliardi di dollari. Al momento la SPL è al 58esimo posto nella classifica stilata dalla sport intelligence agency Twenty First Group, sopra la Serie C italiana ma sotto la Lega Scozzese. Arrivare in poco tempo a tale livello non è ottenibile solamente con una crescita organica del movimento calcistico locale, che in pochi anni ha aumentato in modo sensibile i suoi numeri e sta andando a formare una nazionale che nell’ultimo Mondiale è stata in grado di sconfiggere anche i futuri campioni dell’Argentina, ma forzando la mano ed acquistando insieme ai calciatori anche il seguito social e no che hanno costruito nella loro lunga carriera.

Insomma il trade-off che l’Arabia Saudita vuole ottenere regalando stipendi fuori scala a grandi campioni a fine carriera è cannibalizzare l’attenzione mediatica e le rispettive fanbase convogliandole così nel campionato locale. Un piano ambizioso, che rischia di compromettere definitivamente il sottile equilibrio sul quale si muove il sistema calcio, tra FFP e fondi sovrani. Senza ovviamente dimenticare come l’Arabia Saudita rimanga uno stato dispotico dove non vengono rispettati i diritti umani basilari e vigono severe restrizioni al diritto d’espressione ed a quelli delle donne. E quanto il regime stia usando lo sport per normalizzare tale situazione, lanciandosi anche nella gara per il Mondiale 2030.