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Storia ed estetica del Ramón Sánchez-Pizjuán

Lo stadio più sudamericano in Europa

Storia ed estetica del Ramón Sánchez-Pizjuán Lo stadio più sudamericano in Europa

Il calcio ha tanti luoghi comuni. Uno di questi vuole che i tifosi possano essere il dodicesimo uomo in campo. È la frase più utilizzata dagli allenatori per provare a coinvolgere il pubblico di casa così che diventi un fattore nel corso dei 90’ ed è anche la metafora più abusata dai giornalisti per descrivere sbrigativamente l’atmosfera di uno stadio tutto esaurito. Il problema è che questo concetto non è applicabile a qualsiasi contesto. Ci sono stadi e stadi. Ci sono stadi in cui l’entusiasmo che si respira al calcio d’inizio svanisce a poco a poco e quel fattore del “dodicesimo uomo” viene infine cancellato dall’equazione di una partita.

Ci sono poi stadi in cui è indiscutibile che il peso degli spettatori nel bilancio dei 90 minuti può essere determinante. Non è solo una questione di quanto calda e appassionata una tifoseria possa essere. A questo vanno aggiunti degli elementi architettonici: il disegno e il posizionamento delle tribune ma soprattutto quale percezione visiva hanno i giocatori in campo dei tifosi sugli spalti. Se non esiste separazione fra il campo e le tribune, se i giocatori in campo si trovano ad affrontare un muro di tifosi vestiti tutti dello stesso colore pronti a cantare all’unisono per la propria squadra, allora sì che lo stadio può diventare un fattore.

È questo il contesto in cui si inserisce l’estetica dello stadio Ramón Sánchez-Pizjuán di Siviglia, un catino da 43mila posti a sedere con tribune a strapiombo verso il campo. Pochi stadi sanno trasmettere passione e incutere timore come il Pizjuán nelle serate europee: l’ultimo esempio è arrivato nella gara di ritorno dei quarti di finale di Europa League, con la tifoseria del Siviglia che ha colorato di bianco tutte le tribune prima del calcio d’inizio, spingendo la squadra allenata da José Luis Mendilibar alla vittoria per 3-0 sul Manchester United. In quella sera il Pizjuán si è confermato il più sudamericano fra gli stadi in Europa, creando un effetto ottico come se fosse stato pronto a franare in campo ad ogni gol. Il paragone più naturale è La Doce, la curva dei tifosi del Boca Juniors che ad ogni gol si trasforma in una valanga di tifosi che si schianta contro le reti metalliche. E non a casa, uno dei soprannomi del Ramón Sánchez-Pizjuán è “La Bombonera de Nervión” in riferimento alla Bombonera di Buenos Aires, casa del Boca Juniors.

A realizzare il Pizjuán è stato Manuel Muñoz Monasterio, l’architetto che ideò il Santiago Bernabeu e che nel 1954 vinse il concorso per disegnare il nuovo stadio del Siviglia. Alla sua apertura nel 1958 venne intitolato a Ramón Sánchez-Pizjuán, il presidente del club all’epoca che tanto aveva lottato per regalare ai tifosi una nuova casa e che morì due anni prima dell’apertura. Dal giorno della sua inaugurazione ad oggi lo stadio ha visto diverse ristrutturazioni: l’ultima è avvenuta a partire dal 2015 quando la struttura esterna è stata rivestita completamente con pannelli led rossi che creano uno splendido effetto ottico, scaldando l’atmosfera nelle grandi serate europee o quando il derby con il Betis si gioca in notturna.

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Un tocco di modernità per un impianto che resta legato indissolubilmente alle sue tradizioni. Ogni porta d’ingresso è dedicata ad una leggenda del club e la numero 16 è quella che suscita le maggiori emozioni perché dedicata ad Antonio Puerta, il capitano del club che nel 2007 morì dopo una serie di attacchi cardiaci il primo dei quali avvenne sul campo del Sánchez-Pizjuán durante la partita contro il Getafe. La stessa sorte toccò a Pedro Berruezo nel 1973, icona del club a cui è dedicata la porta numero 10. L’ultimo tocco di magia a questo impianto lo regala il mosaico realizzato da Santiago del Campo in occasione dei Mondiali del 1982: un’autentica opera d’arte raffigurante il logo del club insieme a quello di altri club europei, situata all’altezza del Gate 1 a ricordare che il Ramón Sánchez-Pizjuán non è uno stadio come tutti gli altri: è un luogo in cui la bellezza incontra la passione per trasformarsi nel dodicesimo uomo.