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Quando i club cambiano colori sociali

"La maglia non si tocca"

Quando i club cambiano colori sociali La maglia non si tocca

Il tema della brand recognition è molto caro alle squadre di calcio, d’altronde cercano costantemente di ampliare la loro fanbase pur restando fedeli a sé stessi e riconoscibili in tutto il mondo. Le maglie da gioco sono lo strumento più efficace per centrare questo obiettivo perché per quanto si possa osare sulle forme, sulle dimensioni di bande verticali e orizzontali, sulle tonalità e le sfumature, su colletti e dettagli delle maniche, i colori sociali non si toccano. Restano sempre gli stessi e sono immediatamente riconoscibili al primo colpo d’occhio. Alle volte però le società decidono di andare contro i loro stessi tifosi e rivoluzionano l’identità del club cambiando i colori di sociali.

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Il caso più emblematico in questo senso è quello del Cardiff: nella stagione 2012/13 Vincent Tan, il magnate indonesiano proprietario del club inglese, impose un completo rebranding del club ottenendo l’approvazione del consiglio direttivo per cambiare il logo e i colori sociali. E così una squadra che per tutta la sua esistenza aveva giocato con una maglia blu ed era conosciuta con il nickname di Bluebirds, si trovò a indossare una maglia rossa su cui campeggiava un logo con un drago al suo interno. Con questa mossa Tan sperava di aumentare l’appeal del club sul mercato internazionale ma le cose non andarono come previsto e alla fine, nel gennaio 2015, la dirigenza del club decise di fare marcia indietro tornando ad utilizzare il blu per la prima maglia e dal 2017 del rosso a Cardiff non c’è più traccia.

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Anche adidas corse un grande azzardo quando, a inizio anni ‘90, decise di aggiungere del blu alla tradizionale maglia rossa del Bayern Monaco. Il primo passo fu l’introduzione di piccole barre diagonali dopo di che nel 1995 venne realizzata una maglia a strisce verticali rossoblù e nel 1997 addirittura una divisa interamente blu con una barra orizzontale rossa al centro. Uno schiaffo per gli ultras del Bayern, per i quali i colori sociali del club sono esclusivamente il rosso e il bianco mentre il blu, pur comparendo nel logo del club in legame alla Bavaria, appartiene all’altra squadra della città, il Monaco 1860. Le contestazioni sono proseguite nel corso degli anni ogni qualvolta il blu è tornato sulle maglie del Bayern Monaco e la pressione degli ultras sulla dirigenza fu stata così forte che nel 2018 il club fu costretto a rilasciare un comunicato ufficiale in cui si impegnava a non utilizzare mai più il blu per le sue divise.

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Ovviamente ci sono anche dei casi di successo e sono legati a delle celebrazioni speciali. Ne è un esempio l’Arsenal, che solo per la stagione 2005/06 decise di abbandonare la classica maglia bianco e rossa utilizzando una maglia granata per celebrare l’ultima stagione che il club avrebbe giocato ad Highbury, lo stadio di casa dei Gunners dal 1913. E la scelta del colore non fu casuale perché di fatto quella divisa era una replica in chiave moderna della maglia utilizzata dal Woolwich Arsenal, la prima denominazione del club, proprio nel 1913.

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In Serie A il caso più riuscito è quello della Lazio che dal 14 ottobre 2000 al 14 gennaio 2001 cambiò i propri colori sociali abbandonando il biancoceleste per indossare una divisa bianca realizzata appositamente per celebrare il centenario del club. Una maglia a cui i tifosi sono particolarmente legati perché nel 2000 la Lazio vinse Scudetto e Coppa Italia, un doppio successo che pose però un problema. La Lazio, infatti, non aveva previsto l’inserimento di due patch su questa maglia speciale così per la stagione 2000/01 venne deciso di spostare il logo di PUMA al centro della divisa, dove inizialmente era previsto lo spazio per lo Scudetto, aggiungendo il Tricolore a sinistra e il logo della Coppa Italia sopra di esso.