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Tutte le mascotte nella storia dei Mondiali

Una tradizione iniziata nel 1966

Tutte le mascotte nella storia dei Mondiali Una tradizione iniziata nel 1966

A dare colore ai Mondiali nel corso della storia non sono stati solamente i tifosi che hanno riempito stadi e strade dei vari Paesi ospitanti, ma anche le mascotte: vero e proprio tratto distintivo di ogni manifestazione. Un modo spensierato di presentarsi al mondo intero tramite un animale, un simbolo, un personaggio immaginario che rappresenta al meglio la Nazione che accoglie la Coppa del Mondo. Non è stato però sempre così. Nei primi Mondiali, infatti, non c’era la presenza di alcuna mascotte che fece poi la sua comparsa nell’edizione del 1966 in Inghilterra con il Leone Willie. E da quel momento divenne un’abitudine attesissima e mai più dimentica e trascurata. 

È stato così anche in Qatar che per questa edizione del 2022 ha presentato La’eeb, un personaggio che somiglia a una classica kefiah bianca e che ha nel suo nome il significato di calciatore super abile. Il suo aspetto è però indescrivibile, con il vicedirettore generale del marketing del Qatar, Khalid Ali Al Mawlawi, che ha invitato tutti a immaginare personalmente a cosa possa assomigliare. È così il simpatico La’eeb l’erede delle mascotte nate dal 1966 ad oggi. 

Willie il Leone d’Inghilterra 1966

Il padre di tutte le mascotte dei Mondiali è stato Willie nel Mondiale in Inghilterra del 1966. Rappresentava un leone, simbolo proprio del Paese britannico. Il Re della foreste, inoltre, indossava un completo da calcio con i colori della bandiera del Regno Unito. Willie fu disegnato da Reg Hoye, un’artista commerciale inglese che ha illustrato anche diversi libri  per ragazzi della scrittrice Enid Blyton. L’uso del leone come mascotte, è un omaggio anche suo figlio chiamato Leo. Il personaggio portò grande fortuna all’Inghilterra che in quell’occasione vinse il suo primo, e finora unico, Mondiale.

Il giovane Juanito di Messico 1970

L’idea inglese riscosse grande successo e allora ecco che fu ripetuta anche a Messico ’70. La mascotte di quell’edizione del Mondiale si chiamava Juanito e rappresentava un giovane ragazzino con in testa un classico sombrero messicano e indosso il completino del Tricolor. A idearlo fu Juan Gonzalez Martinez, un grafico pubblicitario che con l’immagine spensierata di Juanito provò a cogliere lo spirito divertente del calcio. 

Due ragazzi per Germania 1974

Come simbolo della Coppa del Mondo in Germania nel 1974 ecco Tip e Tap, due ragazzi, uno biondo e uno bruno, con indosso la divisa della Nazionale tedesca. Su una maglia c’erano le lettere WM, ovvero Weltmeisterschaft, in tedesco “Coppa del Mondo”, sull'altra il numero 74 sul davanti per ricordare l’anno della manifestazione. La creazione è figlia di Horst Schafer, un designer gestuale che illustrò anche il poster del Mondiale. La sua idea era forse quella di rappresentare con i due ragazzi così vicini un’unione tra la Germania Ovest e quella Est. 

Il tipico Gauchito di Argentina 1978

A fare da mascotte al Mondiale d’Argentina ’78, ecco Gauchito (ragazzino) con addosso i classici colori dell’Albiceleste, il sombrero, il fiocco giallo al collo in onore del Sol de Mayo e in mano la tipica frusta del gaucho argentino. Il bambino sudamericano fu un’idea di Nestor Cordoba, un disegnatore che faceva parte dello studio di animazione di Manuel Garcia Ferre, l’uomo che creò Anteojito; un magazine per ragazzi famosissimo in Argentina. 

L’arancia di Spagna 1982

Il Mondiale di Spagna ’82, tanto caro all’Italia, vide come mascotte non più un essere umano come le precedenti tre edizioni ma un agrume simbolo dell’Iberia: ovvero l’arancia. Si chiamava Naranjito e indossava il kit delle Furie Rosse. Questa simpatica arancia fu un’idea dei designer María Dolores Salto e José María Martín Pacheco che presentarono l’agrume così da evitare il luogo comune del toro come simbolo della Spagna. 

Il jalapeño di Messico 1986

Sulla scia del tema legato a frutta e verdura, anche in Messico 1986 fece la sua comparsa un prodotto culinario tipico del Paese ospitante. Si trattava di Piqué, un peperoncino jalapeño che raffigurava tutti i luoghi comune dell’uomo messicano: baffi lunghi e sombrero. Il suo nome, inoltre, significa piccante in spagnolo. Questa idea “popolare” di Segundo Perez ed Emma Rosa Ramirez Valle non venne però molto apprezzata dato che Piqué finì per ricevere tantissimi insulti di matrice razzista. 

L’iconico Ciao di Italia 1990

Rivoluzione totale, invece, per il Mondiale di casa nostra di Italia ’90. Nessun animale, uomo o frutto, bensì un calciatore stilizzato e formato da forme cubiche dei colori della bandiera italiana con un pallone al posto della testa. Il suo nome era Ciao e fu scelto attraverso un sondaggio effettuato dagli italiani settimanalmente sulle schedine del Totocalcio. A crearlo fu Lucio Boscardin, un’artista che in diverse interviste ha raccontato di aver avuto l’ispirazione mentre era in coda in auto a un semaforo. Proprio le luci verde, giallo e rosso, mescolate alla bandiera italiano lo portarono a partorire l’idea di Ciao. 

Il cane di USA 1994

Ad USA 1994 ci fu un ritornò alle origini con la reintroduzione di un animale. Si trattava di una cane che indossava i colori rossi, bianchi e blu della Nazionale degli Stati Uniti e sul petto portava la scritta "USA 94. Il suo nome era Striker, letteralmente “attaccante”. Gli States, si sa, fanno le cose in grandi e per l’occasioni commissionarono alla Warner Bros. il compito di disegnare la mascotte per i Mondiali. La scelta ricadde su un cane poiché era un animale domestico molto comune negli Stati Uniti. 

Fusione di tradizioni per Francia 1998

Per Francia 1998 ecco una incredibile fusione di tradizioni transalpine. La mascotte di quel Mondiale fu neanche a dirlo un Gallo, colorato di rosso e blu; i colori tipici della bandiera della Francia. Il suo nome era Footix, ovvero una mescolanza tra il termine "football" e la finale "-ix" ripresa dal popolare fumetto transalpino Astérix. La creazione fu opera del graphic designer Fabrice Pialot che volle racchiudere nel galletto l’intera tradizione francese. 

Tre personaggi per Corea del Sud e Giappone 2002

Totale innovazione per il Mondiale di Corea e Giappone 2002 con tre personaggi immaginari generati da un computer. Tre figure, una arancione, una viola e una blu legati tra loro dall’Atmoball, un gioco d’immaginazione simile al calcio. I tre nomi, Ato, l'allenatore, Kaz e Nik, i due giocatori, furono votati online e nei locali McDonald's dei due Paesi ospitanti.

Un altro leone per Germania 2006

Nel Mondiale in Germania 2006, che riporta sempre dolci ricordi negli italiani per la vittoria in finale contro la Francia, torna ancora una volta un leone. Il suo nome era Goleo VI, dalla fusione delle parole “Gol” e “Leo”, indossava i colori della Nazionale tedesca e si accompagnava con un pallone di nome Pille, termine con con cui in Germania si definisce il calcio in maniera colloquiale. A ideare Goleo fu l’azienda che ha portato al successo i Muppets, ovvero la Jim Hensen Company che riuscì a trasformare la mascotte in un pupazzo indossabile.

Il leopardo di Sudafrica 2010

La Federazione Sudafricana per il Mondiale organizzato 2010 scelse un leopardo come Mascotte. Il suo nome era Zakumi che nasceva dalla fusione di "Za", acronimo di "Sudafrica" in lingua afrikaans, e dal vocabolo "Kumi", ovvero "dieci" in vari dialetti locali. Diverse aziende furono coinvolte nel progetto dell’ideazione della mascotte per questa edizione sudafricana, fino alla vittoria finale dell’idea di Andries Odendaal, un designer di Città del Capo. 

L’armadillo di Brasile 2014

Anche il Brasile scelse un animale tipico come mascotte del Mondiale 2014. Si trattava di un armadillo a tre bande, una razza endemica del nordest brasiliano, chiamato Fuleco dall’unione del termine “futebol” ed “ecologia”. L’animaletto non portò grande fortuna ai padroni di casa del Brasile che uscirono dalla Coppa del Mondo in semifinale con la sonora sconfitta per 7-1 contro la Germania che alzerà poi al cielo il trofeo. 

Il lupo di Russia 2018

A fare da mascotte al Mondiale di Russia 2018 ecco il lupo Zabivaka, il cui nome significa letteralmente in russo "colui che segna”. Oltre al completo con i colori della bandiera del Paese ospitante, indossa anche degli occhiali sportivi; un gadget che crede gli diano poteri speciali sul campo. Prima di diventare la mascotte ufficiale di quella Coppa del Mondo, però, Zabivaka dovette sconfiggere in un sondaggio una tigre siberiana e un gatto. Proprio gli occhiali furono un particolare voluto dalla designer Ekaterina Bocharova. Un oggetto utile al lupo poiché aveva bisogno di proteggersi gli occhi vista la sua velocissima corsa.