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10 stadi della Premier League che non esistono più

Da Highbury a White Hart Lane, luoghi mitici che ora rimangono solo nei ricordi dei tifosi

10 stadi della Premier League che non esistono più Da Highbury a White Hart Lane, luoghi mitici che ora rimangono solo nei ricordi dei tifosi

Nell’immaginario collettivo del calcio mondiale, lo stadio è il santuario dei tifosi, la casa della squadra che si tifa, un luogo sacro dove spingere e sostenere i propri beniamini. Sulle tribune degli impianti si mette da parte per 90’ la vita di tutti i giorni per vivere momenti di gioia e dolore tra cori e urla a squarciagola. E in Premier League, ma in Inghilterra in generale, gli stadi sono un vero e proprio culto sia per i tifosi che per i turisti, sempre pronti a ritagliarsi un po’ di tempo per farsi un giro tra le bellezze degli impianti britannici che racchiudono in sé storia e tradizioni. Atmosfere romantiche, inni cantati in coro da far venire le lacrime agli occhi, supporters a due passi dal terreno di gioco: gli stadi, in Premier League, sono uno degli elementi fondamentali che pongono il campionato inglese al primo posto tra i più belli e affascinanti del mondo. 

Old Trafford, Stamford Bridge, Anfield Road, Goodison Park, sono solo alcuni degli impianti storici d’Inghilterra che tuttora conservano il loro fascino di sempre. Ci sono degli stadi dalla bellezza imparagonabile che, però, non esistono più e che fanno ancora venire un nodo alla gola ai tifosi delle rispettive squadre quando vengono nominati. Oltremanica, gli stadi sono andati incontro a varie fasi, dai restauri post bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale alle ristrutturazioni nei primi anni ’90, a seguito del Rapporto Taylor che dopo la strage di Hillsborough nel 1989 impose nuovi standard di sicurezza a partire dai posti in piedi che dovettero essere eliminati, questi ultimi poi reintrodotti proprio di recente. Dalla fine degli anni Novanta a tutto il primo ventennio del Duemila, si è andato poi incontro a diverse e dolorose demolizioni dettate da ammodernamenti e dall’arrivo in Inghilterra dei grandi investitori che hanno voluto dare una propria impronta ai vari impianti. Così alcuni santuari calcistici rasi sono stati al suolo, rimanendo però ancora nei ricordi e negli occhi delle generazioni di tifosi che hanno popolato le loro tribune.

Il Boleyn Ground, l’iconica casa del West Ham 

Uno dei gioielli del calcio londinese, il Boleyn Ground è stata la casa del West Ham dal 1904, anno in cui fu eretto, fino al 2016 quando gli Hammers giocarono l’ultima partita contro il Manchester United in uno storico 3-2 culminato con l’ultimo gol claret&blue firmato da Reid nell’impianto. Lo stadio sorgeva a pochi passi dal castello dove aveva dimorato Anna Bolena, la seconda moglie di Enrico VIII tanto che all’ingresso erano presenti due torri che richiamavano proprio quelle medievali, in onore della madre della futura Regina Elisabetta I. 

Upton Park, altro nome con cui era conosciuto il Boleyn Ground, sorgeva nel Newham, uno dei sobborghi più complicati di Londra. Il cammino verso lo stadio era un rito quasi religioso per i tifosi del West Ham, con tanto di sosta alla famosissima Boleyn Tavern, un pub dalla lunghissima tradizione che risale al 1900 e che è diventato il luogo di ritrovo dei tifosi Hammers prima e dopo gli incontri della squadra. Dopo lo stadio anche questo locale, però, a maggio 2018 ha dovuto chiudere i battenti vista l’assenza di clienti.

Il club londinese ora dimora nel più lussuoso ma meno storico Olympic Stadium, costruito per ospitare le Olimpiadi di Londra 2012, e che conta la bellezza di 60 mila posti a sedere contro i 36 mila del “vecchio” Upton Park. Al posto del Boleyn Ground è presente ora un centro abitativo di oltre 800 appartamenti in un quartiere ora radicalmente trasformato. A restare in piedi in ricordo dei fasti di un tempo, ora resta solamente l’Hammers Club e alcuni murales dedicati allo storico impianto come “Long Live the Boleyn" ("Lunga vita al Boleyn”). 

I cannoni di Highbury


Highbury
è stata la casa dell’Arsenal, nel nord di Londra, dal 1913 al 2006, anno in cui il club si trasferì all’Emirates Stadium. Un’arena molto più grande e moderna, che può contare su 60mila spettatori rispetto ai poco più di 38mila del vecchio impianto, ma che non ha ancora la stessa tradizione dell’Highbury. Fu progettato da Archibald Leitch, uno dei guru dell’architettura degli stadi inglesi, e sorgeva nel distretto di Islington, affacciato su Gillespie Road. Su una delle gradinate era presente l’iconico Clock End, il grande orologio che segnava il tempo di gioco e che diede poi il nome a quel settore dei tifosi. Un disco bianco del diametro di 2,64 metri, con un quadrante composto da numeri romani e da uno stile Art déco che, per la sua incredibile storia, è stato poi smontato e riposizionato nell’attuale Emirates. 

Per i più nostalgici, la struttura esterna è stata in parte conservata con il grosso cannone, il simbolo che da sempre rappresenta i Gunners, che ancora campeggia all’esterno dell’impianto trasformato adesso in un complesso residenziale di lusso in cui un semplice bilocale può arrivare a costare anche 900mila euro. Ora l’Arsenal ha una nuova, lussuosa e tecnologica casa ma molti - tra i quali Arsene Wenger - sono convinti che ad Highbury i Gunners abbiano lasciato una parte della loro anima.

Maine Road e il Manchester City prima degli sceicchi

L’iconico Maine Road è stato la casa del Manchester City per 1753 partite e quasi ottanta anni, da quando nel 1923 fu costruito nel quartiere operaio e multietnico di Moss Side. L’impianto fu la casa dei Citizens dopo che decisero di abbandonare il vecchio Maine Road e prima di trasferirsi nel modernissimo Etihad Stadium. Era una struttura enorme, capace di ospitare circa 80mila spettatori e che gli valse così il soprannome di Wembley del Nord. Maine Road fu per un periodo anche la casa dello United, dal 1946 al 1949, quando i bombardamenti tedeschi della Seconda Guerra Mondiale avevano pesantemente danneggiato l’Old Trafford.

Sul vecchio impianto del Manchester City aleggiava poi una maledizione. Si diceva che per mettere in piedi l’impianto, infatti, fu sgomberato un campo nomadi presente nella zona, azione che avrebbe portato un malaugurio nei confronti dei costruttori. Ma date le sue dimensioni Maine Road non ospitò solo partite di calcio ma fu anche palcoscenico di concerti che hanno fatto la storia. Dai Rolling Stones ai Queen, passando per i Guns N’ Roses, i Pink Floyd e David Bowie fino ad arrivare ovviamente agli Oasis dei tifosissimi fratelli Gallagher che nel 1996 riempirono lo stadio il giorno dopo la retrocessione dei celesti di Manchester. Lo stadio chiuse i battenti nel 2000, per essere poi demolito tre anni dopo. I Citizen si trasferirono poi al City of Manchester Stadium, che divenne poi Etihad Stadium quando lo sceicco Mansur acquistò la metà celeste di Manchester.

White Hart Lane, il primo stadio del Tottenham

Inaugurato nel 1899, White Hart Lane fu edificato sopra un vivaio abbandonato su un terreno conosciuto per la rigogliosa crescita del prato erboso. Al termine del suo onorato servizio poteva contare 36.284 posti, ma il 5 marzo nel 1938, in occasione del match di FA Challenge Cup tra Tottenham e Sunderland, l’impianto fu preso d’assalto dai tifosi e arrivò ad accogliere più del doppio della capienza: ovvero 75.038 spettatori. 

White Hart Lane fu anche palcoscenico di un'importante diatriba politica. Nel 1935 ospitò infatti la partita tra l’Inghilterra e la Germania nazista: un avvenimento che portò a non poche proteste da parte dei gruppi ebraici, da sempre presenti in gran numero nel quartiere Tottenham. Il 14 maggio 2017 invece ha ospitato l’ultima partita degli Spurs, la vittoria per 2-1 contro il Manchester United, e subito dopo iniziarono i lavori di demolizione. Il nuovo Tottenham Hotspur Stadium è stato edificato nelle immediate vicinanze del vecchio White Hart Lane, di cui però non rimane più nulla se non la memoria. 

The (Old) Den, lo stadio della “paura” del Millwall


Tra i leggendari stadi inglesi che non ci sono più, non può non essere ricordato il “vecchio” The Den che ospitò le partite del Millwall dal 1909 al 1993, anno in cui fu demolito per far spazio al “nuovo” The Den, sorto a poche centinaia di metri di distanza dal precedente. L’impianto dei The Dockers sorgeva nei pressi del Surrey Commercial Docks, zona portuale della città che durante la Seconda Guerra Mondiale fu presa di mira dalle bombe tedesche che distrussero gran parte delle gradinate. 

The (Old) Den è stato uno degli stadi più suggestivi d’Inghilterra, a causa del clima pesantissimo dato dall’incredibile tifo dei sostenitori del Millwall e dallo spogliatoio per la squadra ospite da incubo, piccolo e senza finestra. A contornare il tutto, un tunnel verso il terreno di gioco reso infernale dalle urla dei tifosi dei Leoni. 

Griffin Park, lo stadio dei quattro pub

Dal 1904 al 2020, il Griffin Park ha ospitato le partite casalinghe del Brentford in un'atmosfera pienamente british. L’impianto, infatti, aveva una particolare unica nel suo genere, era l’unico stadio a ospitare al suo interno quattro pub, uno per ciascun angolo della struttura. Il nome invece  deriva dal grifone presente nel marchio della birra Fuller's Brewery, azienda che si trova proprio nel quartiere in cui sorgeva il terreno di gioco, e dal primo pub aperto al suo interno. I quattro pub erano lo storico The Griffin, situato all’angolo tra Braemar Road e Brook Road, il The Princess Royal, che si trova all’angolo tra Braemar Road e Ealing Road, il The New Inn, ubicato all’angolo tra New Road e Ealing Road e infine il The Brook, tra New Road e Brook Road.

Il Brentford  negli ultimi anni si è poi trasferito nel nuovo più moderno Brentford Community Stadium e il Griffin Park, così come accaduto per i suoi simili, è stato convertito alloggi residenziali. 

Filbert Street, l’impianto dismesso del Leicester


Prima di diventare campioni d’Inghilterra con Sir Claudio Ranieri al timone della squadra e portando la coppa della Premier League al King Power Stadium, il Leicester City ha giocato le sue partite casalinghe dal 1891 al 2001 a Filbert Street, che prendeva il nome dalla strada dalla quale si entrava. 

Ad inizio millennio, visti i successi ottenuti dalle Foxes, la società decise di dotarsi di uno stadio più capiente rispetto ai 21.500 posti disponibili nella storica struttura. I lavori di demolizioni di Filbert Street presero il via nel 2003 e una parte del terreno venne destinata alla costruzione di dormitori universitari per la De Montfort University e la University of Leicester. Il resto dello spazio, invece, è rimasto inutilizzato. Il King Power Stadium invece fu inaugurato da Gary Lineker nel luglio 2002 e può ospitare oltre 30.000 tifosi.

Il Roker Park di Sunderland

Prima di trasferirsi allo Stadium of Light, il Sunderland disputò le sue partite casalinghe dal 1898 al 1997 al Roker Park. L’impianto fu fortemente voluto dagli allora proprietari del club per superare la capienza dell’impianto dei rivali di sempre del Newcastle, arrivando a toccare i 22.500 posti. Una delle particolarità dello stadio era garantita da una particolare erba per il terreno di gioco importata dall’Irlanda che durò la bellezza di 38 anni. Nel 1952, Roker Park divenne il secondo impianto d’Inghilterra, dopo l’Arsenal Stadium, a essere dotato di riflettori. 

Al termine dell’ultima partita giocata nello stadio, una vittoria per 3-0 contro l’Everton nel ’97, Charlie Hurley, eletto miglior calciatore del Sunderlad del secolo, scavò il dischetto del rigore per posizionarlo poi nel nuovo Stadium of Light. Nel 1998 arrivò la demolizione e al suo posto fu costruito un complesso residenziale. 

Goldstone Ground, il palcoscenico dell’esordio di Beckham 

Goldstone Ground, stadio del Brighton dal 1902 al 1997, è un pezzo di cuore dei tifosi dei Seagulls. Lo stadio del Brighton è stato anche il palcoscenico dell’esordio tra i professionisti di David Beckham, il 23 settembre 1992 in Coppa di Lega. Nel suo ultimo anno di vita, lo stadio fu venduto a una società di costruzione con l’intenzione di risanare gli ingenti debiti del club, senza però prevedere un’alternativa per le partite casalinghe della squadra. I sostenitori del Brighton non la presero benissimo e durante la partita contro il Lincoln City, protestarono per la vendita del Goldstone Ground invadendo il campo, azione che costò la sconfitta a tavolino e una giornata a porte chiuse.

L’ultimo match si giocò il 26 aprile 1997, una vittoria per 1-0 contro il Doncaster, e anche in quella occasione i tifosi invasero il campo a fine partita ma questa volta per portarsi a casa come souvenir un pezzo dell’impianto tra manto erboso, insegne e cartelloni. Dopo la sua chiusura, Goldstone Ground divenne un centro commerciale. 

Ayresome Park e il Middlesborough 

Prima di trasferirsi ad Ayresome Park, il Middlesborough giocò le sue prime partite su un campo da cricket. Ma l’arrivo del club in Football League comportò per necessità l’insediamento in un vero e proprio stadio. Nel 1903, quindi, Ayresome Park divenne la casa del Boro e rimase tale per 92 anni. Particolare fu l’avvenimento che si verificò nel 1986, quando squadra e staff arrivavano all’impianto ma trovarono i cancelli chiusi e sigillati. Il motivo? I quasi 2 milioni di sterile di debiti che avevano lasciato il club sull'orlo del fallimento. 

Col passare degli anni l’impianto cominciò a mostrare segni di usura, ma il vero colpo di grazia furono le nuove norme introdotte dal Taylor Report. Le case che circondavano Ayresome Park infatti, non permettevano l’ampliamento della struttura e fu quindi presa la decisione di costruire un nuovo impianto, il Riverside Stadium da 30.000 posti, sulle rive del fiume Tees. Nella stagione 1995-1996, il Middlesborough si trasferì definitivamente nella nuova casa e Ayresome Park fu utilizzato come campo di allenamento della squadra fino alla demolizione avvenuta nel 1997 per far spazio a un complesso residenziale.