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Perché siamo ossessionati da Transfermarkt

Nato in una triste trasferta di lavoro ad Amburgo è diventato un sito capace di influenzare le leggi del calciomercato

Perché siamo ossessionati da Transfermarkt Nato in una triste trasferta di lavoro ad Amburgo è diventato un sito capace di influenzare le leggi del calciomercato

Il calciomercato è una cosa strana. Se per qualcuno è solo un impiccio di nomi e trattative per lo più inventate, per qualcun altro è un fetish irresistibile: d’estate (e a gennaio) si vive di notifiche, siti, blog, scrolling e refresh fino a tarda notte, Fabrizio Romano e Gianluca Di Marzio. Ma soprattutto si parla di Transfermarkt. Il portale schedario di tutti i calciatori, squadre e allenatori del mondo ha raggiunto un livello di autorevolezza e prestigio mai visto prima per un’open source di calcio, capace di essere un punto di riferimento sia per gli addetti ai lavori che per i tifosi che vogliono controllare qualche nome letto sui giornali. Partito come un blog per nerd, adesso è utilizzato da direttori sportivi di tutte le categorie (il presidente del Toronto ha detto di aver scoperto lì chi era Insigne) ed è uno dei portali non istituzionali più famosi dello sport, con una storia pronta per un documentario tv.  

Amburgo, maggio 2000. Matthias Seidel, ingegnere informatico tedesco, tifosissimo del Werder Brema, è in trasferta in città per alcune mansioni affidategli dalla sua agenzia pubblicitaria. Incrociando la sua attività professionale con la passione per il calcio, riesce a creare la forma beta di quello che anni dopo sarà il nostro Transfermarkt, che ai tempi corrispondeva a un portale capace di contenere tutte le informazioni sulla sua squadra del cuore. Il motivo di base è che a 120 km di distanza Seidel non riusciva a seguire a pieno le vicende del Werder - in un periodo in cui, ovviamente, internet non aveva la pervasività alla quale siamo abituati. Così, come ha spiegato lui stesso in un’intervista a un sito austriaco nel 2008, inizia a pubblicare su un blog le informazioni e i dati sul Werder, ricevendo decine di mail e recensioni che lo porteranno ad aprire un primo forum dedicato ai tifosi. In pratica, il sito diventa un’open source in cui gli utenti inseriscono i dati dei giocatori e delle squadre che seguono. “All'inizio avevamo dai 50 ai 100 visitatori al giorno e mi sono detto: non può essere vero che ci sono così tanti pazzi! Ai Mondiali del 2006 erano circa 450.000 al giorno”, ha spiegato Seidel. Il calcio data driven, nello stesso periodo di Billy Beane e Moneyball. 

Transfermarkt negli anni cresce - al pari dei web services - e raggiunge, passo dopo passo, sempre più collaboratori worldwide, affidabili smanettoni che passano tre o quattro ore davanti al laptop a completare fogli di calcolo su Excel. Si mantiene il modello dei primi anni Duemila, ma cresce in dimensioni e pubblico. Dopo due Mondiali e due Europei, nel 2008, la casa editrice tedesca Axel Springer acquista il 51% delle quote di Transfermarkt, porta nell’azienda un team di sviluppatori informatici, un team editoriale che cura gli aspetti relativi agli articoli e dei testi e inserisce altre figure professionali. Oggi, il sito ha centinaia di volontari in tutto il mondo, un’ottantina di dipendenti e ha versioni web per 22 diversi Paesi. Copre il valore e la bio di circa 800 mila professionisti del mondo del calcio. 

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A 21 anni dalla sua creazione, cosa ne è di Transfermarkt per noi fanatici? Il sito mantiene una sua estetica rigida e molto schematica, confermando la volontà di rimanere un portale per addetti ai lavori. A tratti, sembra di navigare nelle schermate di Football manager, a volte di stare nell’homepage di un blog. L’estetica è cruda, ma la qualità grafica è essenziale e precisa. Negli anni il portale si è modernizzato, è cresciuto in contenuti e informazioni, ma non ha abbandonato l’essenziale tono austero di forte impatto quantitativo: vengono forniti numeri, non spiegazioni, che permettono di confrontare i dati e i profili dei professionisti di ogni categoria e Paese.

Il processo di crescita del progetto è avanzato naturalmente anche sui social, con un profilo Instagram,Facebook e Twitter per i vari portali nazionali; quello internazionale conta 7,3 milioni di followers e ha un feed che si aggiorna con le principali indiscrezioni di mercato o le schede e le carriere dei calciatori. Fra gli ultimi, per fare un esempio, si possono trovare il cv di mercato di Neymar, la possibile formazione del Barcellona della prossima stagione o il Done deal di Kalvin Phillips dal Leeds al Manchester City (con valore di mercato e cifre della trattativa). C’è da qualche tempo anche il canale TikTok, in cui le stesse comunicazioni e post vengono ripresentate con trend, meme e hit virali. 

Un’autorevolezza e un tono di voce tali che sui social hanno infastidito perfino Cristiano Ronaldo, che nel 2020 ha bloccato i loro profilo su Instagram dopo una valutazione (secondo lui) al ribasso. La brand reputation di Transfermarkt sembra non essersi mai arrestata e anzi è cresciuta, anno dopo anno, fino a diventare, come ha scritto Rory Smith sul New York Times, capace di influenzare il calciomercato stesso. Manager e allenatori, presidenti e direttori sportivi, tutti consultano Transfermarkt come la Treccani al nominare di un giocatore. Nonostante il prezzo del cartellino di un giocatore venga deciso dai procuratori e i dirigenti durante una trattativa, Transfermarkt è stato spinto oltre dagli addetti ai lavori, citandolo espressamente come riferimento nelle trattative. Eppure, in un’intervista al sito olandese Follow the money, l’attuale responsabile del progetto ha specificato: “I club non dovrebbero prendere decisioni di trasferimento sulla base delle cifre sul nostro sito web”. Troppo tardi.