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I tentativi del Milan di entrare nel mondo della moda

Da Koché a Nemen, i rossoneri stanno provando a recuperare il terreno perduto ma non sempre ci indovinano

I tentativi del Milan di entrare nel mondo della moda Da Koché a Nemen, i rossoneri stanno provando a recuperare il terreno perduto ma non sempre ci indovinano

Si è sempre parlato di Milano come capitale della moda, ma anche come una delle capitali del calcio. E se si unissero questi due aspetti? Il risultato di questo connubio è in gran parte già stato dimostrato in questi anni da Inter e Milan, con le società che hanno collaborato con tanti brand, sia di streetwear che di alta moda. Ma ci sono due ritmi differenti. Da un lato c’è l’Inter che ha abbandonato Boss per Moncler e continua a firmare accordi importanti, ad esempio con le capsule con Kartell e Cinelli; dall’altro c’è il Milan, che pur potendo vantare una sfilata sulle passerelle parigine con Koché, non riesce a costruire una vera strategia che riesca a costruire una brand image di successo nel mondo della moda. 

Il positioning dei rossoneri nel panorama fashion è ormai fermo da anni a quando Pato e Ronaldinho vestivano Dolce&Gabbana. Il Milan, infatti, non è riuscito ad accostare il proprio nome a quello di un brand di alta moda, un problema soprattutto relazione al fatto che gli acerrimi nemici dell’Inter, hanno un portfolio di collaborazioni off the pitch e soprattutto lato moda molto importanti. Il Milan si ci prova, si muove, è dinamico e cresce ma è a un livello troppo basso per poter dire di aver accomunato risultato sportivo e brand image.

I rossoneri sono sponsorizzati da quattro anni da Puma, che ha sostituito adidas come partner tecnico e che in quest’ultimo biennio ha inserito i rossoneri in vari progetti on the pitch (come quarte maglie e special kit vari). Per quello che riguarda invece il formalwear, dopo l’addio di Dolce&Gabbana, si sono susseguiti prima il milanese Boglioli e poi, negli ultimi due anni, il campano Harmont&Blaine. Ma è negli ultimi due anni che il Milan ha macinato accordi importanti, verticali e specifici sul mondo della moda. Prima con Paper Planes, marchio di proprietà di Roc Nations, che gestisce parte della comunicazione dell’immagine all’estero dei rossoneri, con il lancio di una capsule con i soliti item streetwear - snapback, felpe, pantaloni cargo, sneakers. 

Poi sono arrivate le capsule con Etro, ufficialmente partner per il travelwear dei rossoneri, e infine, quest’anno, due importanti collaborazioni in campo moda, Koché e Nemen. Non che la questo fosse un universo del tutto sconosciuto visto che ai tempi del periodo berlusconiano, dal 2004 fino al 2016, Dolce&Gabbana ha vestito i giocatori del Milan con tanto di calendario e shooting personalizzato. Un’eleganza sartoriale caratterizzata per anni dal completo Martini della maison e poi dal fit Sicilia, un’altra elaborazione del brand italiano.

 


Con Nemen, giovane marchio italiano, il Milan ha lanciato la settimana scorsa la collezione off the pitch che ha accompagnato il lancio in campo del quarto kit. Mentre il punto più alto i rossoneri lo hanno raggiunto con Koché, entrando direttamente nell'haute couture come pochi altri club sono riusciti. La maison di moda francese, durante l’ultima fashion week a Parigi, ha portato sulla passerella il marchio e i colori del Milan, in un progetto che ha sancito un punto storico nel rapporto fra calcio e moda.

Non tanto per il blasone dei protagonisti - per quello basterebbe citare il Paris Saint-Germain che la scorsa stagione aveva collaborato off the pitch con lo stesso marchio francese - quanto per il fatto che il Milan è salito su una passerella vera e propria. Commentando l’operazione, lo Chief Revenue Officer del Milan Casper Stylsvig aveva detto: “È la testimonianza della versatilità del brand Ac Milan e della sua capacità di sapersi muovere a proprio agio anche in settori diversi da quello del calcio, e di poter avere una propria voce anche in aree come moda e lifestyle”. 


Nonostante ciò il Milan continua a non trovare una proprio identità quando si tratta di scegliere i propri partner sul versante della moda, mostrando una certa approssimazione di fondo. Nemen, ultimo brand con cui ha lavorato, è giovanissimo, mentre Boglioli o Harmont&Blaine, nonostante siano molto noti nel settore, non possono essere accostati a aziende blasonate come Dior o Moncler. E la collezione con Koché, nonostante il prestigio del brand, non è stata posizionata in modo da ottenere il giusto riscontro a livello mediatico rimanendo limitata agli addetti ai lavori. Invece il motivo che sta spingendo sempre più sia i brand che le squadre di calcio a collaborare, sia on che off the pitch, è proprio per scardinare le rispettive estetiche cercando di stabilire dei punti di contatto che presentino una forte contaminazione. 


E’ chiaro che l’evoluzione del mondo Milan in questo biennio, nonostante i passi falsi, è stata forte su tutti i settori, dal campo alla comunicazione al lifestyle. A sette giornate dalla fine della stagione, per la squadra è quasi matematica la riconferma di un posto in Champions League per l’anno prossimo, ma è ancora incerta la questione scudetto. Ovviamente, è inutile sottolineare quando una ipotetica vittoria del campionato contribuirebbe a far schizzare l’appeal del Milan in termini di attrattività per gli sponsor, superando le 27 nuove partnership commerciali - l’ultima con Konami per il traning kit - firmate in questa stagione e magari portare qualche maison a firmare il formalwear dei rossoneri.