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Il PSG è davanti ad un bivio?

Dopo dieci anni il brand del Paris comincia a mostrare delle profonde crepe strutturali

Il PSG è davanti ad un bivio? Dopo dieci anni il brand del Paris comincia a mostrare delle profonde crepe strutturali

L’ennesima delusione europea del Paris Saint-Germain, questa volta ad opera del Real Madrid e di Karim Benzema, ha riaperto i soliti interrogativi sulla squadra francese che si presentano con l’arrivo delle sfide dirette di Champion’s League. Nonostante il continuo dominio domestico, vincendo sette dei ultimi nove campionati, la squadra della capitale non è ancora riuscita ad avvicinare l’ambito riconoscimento europeo e, dopo averlo sfiorato due stagioni fa, il collasso nel secondo tempo di Madrid ci restituisce una squadra sempre più in balia dei propri fantasmi. Il gigante parigino, arrivato ormai oltre il decennio di presidenza di Nasser Al-Khelaifi, ha investito una cifra mai vista prima sul mercato trasferimenti, più di un miliardo di euro, cercando di rendere il Paris Saint-Germain un brand vincente in campo tanto quanto fuori di esso.

Pochi giorni prima della debacle europea, il Paris aveva annunciato l’apertura del suo store sulla 5th Avenue per lanciare ulteriormente il proprio brand anche negli States, l’ennesimo tassello in un percorso di posizionamento che vede ogni mese delle nuove collaborazioni e release. Dal contratto con Dior alla sponsorizzazione con Jordan, il PSG ha fissato un nuovo standard per un club di calcio nel terzo millennio, almeno dal punto di vista del marketing. Sul piano sportivo invece il Paris ha mancato tutti i grandi obiettivi che si era prefissato, non riuscendo mai a trasformare la spropositata infornata di fuoriclasse in un gruppo vincente e coeso, capace di affrontare senza timori reverenziali le squadre più blasonate del continente.

Infatti le eliminazioni dalla Champion’s del Paris non sono mai arrivate in modo banale, rimontati con un 6 a 1 dal Barcellona al Camp Nou, o sconfitti ad Anfield dal Liverpool e infine andati in bambola di fronte alla regalità dei Blancos e del duo Benzema-Modric. E se finora tutte le sconfitte lasciavano aperta la speranza che il loro tempo sarebbe presto arrivato, questa contro un Real in disarmo non promette le stesse sensazioni. Anzi quasi a simboleggiare che per quanti sforzi il PSG abbia fatto per accreditarsi presso l’aristocrazia europea, il club di proprietà qatariota continua a fare la figura dell’arricchito che prova a sedersi ad un tavolo che non gli compete. Una distanza che appare incolmabile, anche per il mare della liquidità di Al-Khelaifi, e che sta allo stesso tempo allontanando la proprietà e i suoi fuoriclasse dalla propria tifoseria.

La scorsa domenica contro il Bordeaux, a pochi giorni dalla delusione europea, il pubblico del Parco dei Principi ha fischiato la squadra nonostante la comoda vittoria per 3 a 0 e un saldo primato in Ligue 1. Non è stato però un caso isolato. Il rapporto tra tifoseria e club non è sempre stato infatti dei migliori, nonostante il profondo restyling che ha alzato esponenzialmente il potenziale della squadra. Sappiamo infatti quanto le curve e le associazioni solitamente tengono più a cuore il rapporto tra squadra e tifoseria piuttosto che i trofei alzati, e la svolta fashion non ha proprio convinto tutti. Già in estate la maglia da gioco realizzata in collaborazione con Jordan aveva destato i primi malumori, visto che era sparita la tradizionale fascia rossa verticale denominata “Hechter shirt” in onore dello storico presidente del club parigino, con conseguente contestazione della tifoseria organizzata. Ora si alzano le voci di chi ritiene molti dei giocatori del Paris dei ragazzini viziati che in campo non danno tutto per la maglia ma preferiscono farsi sedurre dalle attrazioni fuori dal campo.

Un clima teso che non sta contribuendo certo a semplificare uno dei momenti più critici della presidenza Al-Khelaifi, davanti alla quale cominciano a snodarsi intricati bivi da imboccare. Il primo ovviamente è quello che sembra condurre Mbappé proprio al Real Madrid, almeno ad ascoltare il tam tam dei quotidiani spagnoli che nell’ultimo periodo si è fatto sempre più martellante. Perdere a zero il proprio miglior giocatore e quello che avrebbe dovuto rappresentare il futuro del club per il prossimo decennio a vantaggio di una diretta concorrente sarebbe uno smacco gravissimo, e simboleggerebbe il ridimensionamento del Paris Saint Germain dopo anni di inopinata espansione. E le ultime voci che arrivano dalla Francia parlano di un Messi profondamente scontento, che  pentito dal trasferimento a Parigi starebbe cercando di tornare al Barcellona. Allo stesso modo anche Neymar, che lasciando proprio il Barcellona aveva dato inizio a quello che sembrava essere un travaso di fuoriclasse verso il Parco dei Principi, potrebbe presto accomodarsi alla porta insieme ad altri giocatori stanchi e delusi della società parigina. Una serie di partenze che potrebbero significare la fine del sogno del Paris, che dovrà dimostrarsi in grado di rimpiazzare le eventuali mancanze con fuoriclasse dello stesso celestiale livello. Compito non facile visto come le altre grandi squadre d’Europa, dopo un periodo di appannamento, stanno tornando al rango che gli compete a forza di risultati e colpi di mercato.

Non è neanche servita la sbandata Superlega, che ha svelato tutta la debolezza delle competitors ed allo stesso tempo lanciato Al-Khelaifi al fianco di Ceferin e del calcio tradizionale, per accreditarsi come una reale superpotenza. E anche la presunta scenata del presidente del Paris insieme a Leonardo nello spogliatoio del Santiago Bernabeu contro arbitri e assistenti è qui a consolidare la descrizione di pessimi perdenti perché abituati sempre ad averle tutte vinte. Il Paris Saint Germain ha cambiato il modo con il quale è ora concepibile un club di calcio, ibridando sempre più i confini tra moda, sport e comunicazione con una serie continua di progetti, sponsorizzazioni, collaborazioni e partnership con i più importanti brand e aziende del pianeta, avendo come testimonial alcuni tra i calciatori più forti al mondo. Ma cosa succederebbe se quei talenti luminosi e fenomenali, applauditi in ogni stadio e seguiti da milioni di fans sui social, dovessero decidere che Parigi gli sta stretta? Avrebbe ancora senso Dior senza Mbappé o Jordan senza Neymar, e che considerazione potrebbe godere agli occhi degli sponsor un club che crolla rovinosamente in ogni momento chiave della stagione? Certo i soldi di Al-Khelaifi sembrano infiniti - probabilmente lo sono - e il suo ruolo al fianco di Ceferin lo rende sempre più centrale nel calcio europeo, ma dopo dieci anni il brand del Paris comincia a mostrare delle profonde crepe strutturali. Perché, per quante iniziative e partnership si possano siglare e annunciare alla fine è sempre il campo a scegliere i vincitori.