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Il sistema Red Bull tra campo e marketing

Il Salisburgo che affronta stasera il Bayern Monaco dimostra l'ambizione del progetto della bevanda che mette le ali

Il sistema Red Bull tra campo e marketing Il Salisburgo che affronta stasera il Bayern Monaco dimostra l'ambizione del progetto della bevanda che mette le ali

Il marchio Red Bull da anni non è più solamente associato alla bevanda energetica dalle taumaturgiche qualità ma, partendo dagli sport estremi, ha messo le ali diventando in poco tempo una realtà sempre più concreta nel mondo del calcio. Prima con il Salisburgo, poi Lipsia, New YorkBragantino, squadre locate nei quattro angoli della terra e che ora portano sul petto gli stessi due tori rossi con un sole giallo sullo sfondo. Una crescita rapida quanto ripida, che ha stimolato le solite polarizzazioni tra chi rifiuta il metodo Red Bull e chi invece ne apprezza la competenza e la pianificazione a lungo termine. Adottando una prospettiva di stampo imprenditoriale, quando si parla di Red Bull, e più nello specifico di Red Bull Salisburgo, si ha la percezione di assistere ad una delle più fruttuose strategie di branding degli ultimi anni, con l’azienda austriaca che ha colonizzato in maniera imperiosa il mondo dello sport, rendendo il proprio logo uno dei più riconoscibili al mondo.

Nonostante Red Bull nel mondo del calcio si sia distinta per una forte iconoclastia verso le squadre e le comunità e da un lato ha creato numerosi disguidi e malcontento popolare, dall’altro lato ha portato ad un’incredibile azione di potenziamento di awareness. Infatti, dopo l’acquisizione del Salisburgo, l’azienda austriaca ha cercato di espandersi in maniera globale, passando per la Germania, a Lipsia, e approdando in altri continenti: l’impero Red Bull, di fatti, oltre al principale club calcistico di New York, nel 2007 ha deciso di approdare in Brasile, prima fondando il Red Bull Brasil, e poi decidendo di acquisire il Clube Atletico de Bragantino per poter competere nella prima divisione brasiliana.

A dimostrazione di ciò si può asserire che i club calcistici targati Red Bull hanno un’identità e un vero e proprio DNA che sono stati in grado di affermare in relativamente breve tempo. In particolare, Lipsia e Salisburgo sembrano essersi consolidate come due fabbriche di talenti. Haaland, Daka, Manè, Naby Keita, Szoboszolai, Upamecano e Minamino sono solo alcuni dei nomi cresciuti all’interno della sfera Red Bull tra Lipsia e Salisburgo. Il seguente è un tangente esempio di come l’azienda in questione punti a fare branding - col fine di aumentare l'appeal dei propri team - anche attraverso la coltivazione, crescita, trasformazione e affermazione dei propri talenti che oggi militano in squadre di punta europee. Un modello che sembra essere molto simile a quello del Lille, che ha fatto lo stesso vendendo a cifre da capogiro giocatori come Maignan, Osimhen e Rafael Leao

Una metodologia che prevede una completa valorizzazione dei propri asset, dalla creazione fino alla loro vendita. Una valorizzazione che ovviamente comprende anche l'aspetto comunicativo, curato nei minimi dettagli, dei calciatori di loro proprietà. Un esempio lampante è presente proprio sul profilo Instagram del Lipsia, il quale mostra svariate storie in evidenza dedicate - ognuna - ad un giocatore del proprio team, a dimostrazione di quanto siano pienamente consapevoli del fatto che i giocatori ricoprono una parte non indifferente del loro patrimonio.

Inoltre già dalle prime stagioni sotto l'egida dei due tori, sia il Salisburgo quanto il Lipsia hanno impostato un calcio estremamente reattivo, basato su un sistema di pressing asfissiante e intensità altissima, come se gli undici in campo fossero i tester della bevanda il cui logo portano sul petto. Il sistema Red Bull infatti, oltre un numero cospicuo di giocatori, ha formato anche una nuova generazioni di allenatori, da Marco Rose a Julian Nagelsmann, più vicini a Football Manager che al campo di gioco. Una rivoluzione, quella dei Laptop Coaches, che Red Bull ha fortemente promosso, diventando la bandiera ideologica di una gestione tecnica basata più su statistiche avanzate e fogli excel più che su storie di spogliatoio e ripetute sui gradoni. 


La distanza tra questo calcio calcolatorio, quasi creato in laboratorio, e quello romantico, delle curve la domenica pomeriggio fino a perdere la voce, ha creato una spaccatura spesso irreversibile in quelle realtà che esistevano prima dell'avvento di Red Bull. A Salisburgo l'avvento della dinastia Red Bull nel calcio si è imposta - agli occhi degli storici tifosi dell’originario club “Austria Salisburgo” - in maniera decisamente distruttiva. A partire dalle ciniche dichiarazioni risalenti al 2005 del neo-presidente Dietrich Mateschitz che, acquisendo la licenza del club a rischio bancarotta, in breve tempo disintegrò l’identità costruita lungo anni di storia di un glorioso club che nel 1994 aveva affrontato l’Inter in finale di Coppa Uefa.

Se l’acquisizione della licenza del club ha generato una reazione animosa da parte dello zoccolo duro dei tifosi del club di Salisburgo, la disapprovazione totale si è raggiunta quando la nuova proprietà ha imposto nuovi colori societari, molto lontani dal color blocking viola e bianco che aveva da sempre contraddistinto il club, e invece legati alla bevanda in lattina che era diventata il Main Sponsor. La vicenda in questione è la dimostrazione di come l’imprenditorialità nel calcio sia recepita, presso alcune culture e per alcune fette di tifosi, in maniera decisamente imperialista e colonizzatrice. La decisione dei tifosi di fondare il “Nuovo Austria Salisburgo” subito dopo la spietata operazione della nuova proprietà è una delle più concrete dimostrazioni d’amore di un gruppo di tifosi nei confronti del proprio territorio ed ha portato gli stessi a ripartire dalla settima divisione austriaca, impiegando ben 10 anni per tornare a far parte del calcio professionistico.

La nuova Austria Salisburgo, ha le idee ben chiare per il futuro, che potranno essere considerate come modello per molti altri club che vogliono creare una squadra dal basso e dalla collettività. Di fatti, la società Austriaca ha come obiettivo principale quello di essere una realtà sostenibile, che, nel pieno delle proprie possibilità, ha in mente di progettare un nuovo stadio e adibirlo per metà a residence popolare. Il paziente approccio adottato dal nuovo Austria Salisburgo potrebbe influenzare club di altri paesi europei - come l’Italia che ha di recente assistito a vicende di club analoghe - per una rinascita sana e ragionata, che ha il dovere di porre il focus sulla passione del tifoso e, ovviamente, sull'intoccabile colorazione delle divise dei team.

Il fenomeno dell’ecosistema Red Bull attesta molti interrogativi su alcune situazioni e dinamiche che potranno svilupparsi nel mondo del calcio contemporaneo: se al giorno d’oggi sembra che molti imprenditori e proprietari di club abbiano capito come generare riconoscibilità per le proprie squadre, al contempo sembra essere molto difficoltoso riuscire a mantenere i tifosi in sintonia con scelte di stampo aziendale e manageriale. L’imprenditoria nel mondo del calcio non è di per certo una vicenda nata di recente, ma la sfida 2.0 degli uomini del business del pallone sarà quella di non portare ad una scelta divisiva tra passione dei tifosi e introiti finanziari, ma quella di creare un file rouge in grado di far crescere di pari passo identità, infrastrutture, DNA del club, senza agire in maniera sleale nei confronti del tifoso, il quale dovrà rimanere il principale stakeholder del team.