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La Coppa Italia non è più divertente

Bisognerebbe copiare il sistema della FA Cup e togliere le teste di serie?

La Coppa Italia non è più divertente Bisognerebbe copiare il sistema della FA Cup e togliere le teste di serie?

Se ci pensate bene, oltre le grandi vittorie il 2021 è stato un anno particolare per il calcio, uno sport per circa 48 ore si è trovato al centro di un vero e proprio uragano dovuto alla Superlega. La sua breve nascita e il successivo fallimento ha suscitato la stessa reazione: c’è chi ha annunciato la morte del calcio per come lo si conosceva e c’è chi ha brindato ad una nuova era. La notizia dell’unione di intenti dei 12 club fondatori ha scosso la coscienza di chiunque, perfino dei più grandi rappresentanti dei governi nazionali che hanno chiesto ad alta voce di preservare merito e campionati. 

E proprio in un momento in cui governi, tifosi e leghe tifavano e remavano insieme verso il rapido disfacimento della Superlega colpevole (giustamente) di favorire i ricchi e grandi club a discapito di quelli più piccoli, rovinando così parte della bellezza di questo gioco, pochi mesi dopo la Lega di Serie A annunciava un nuovo format per la tanto bistrattata Coppa Italia. Una rivoluzione più che un nuovo format, capace di rendere fin da subito la competizione più appetibile sia per gli sponsor che per le emittenti televisive. Tutto normale nel calcio di oggi, sottomesso alle complesse logiche televisive (dall'anno prossimo saranno vietate seconde e terze maglie verdi per non confondere gli spettatori). Il nuovo format prevede una drastica riduzione del numero dei partecipanti, da 78 a 44, ma a scapito di chi?

Per via del merito e del blasone, è praticamente impossibile pensare di poter tagliare fuori qualsiasi squadra della massima serie. Così mentre in Lega si dibatteva ancora animatamente della Superlega - citando la solita storia di Davide contro Golia, con quest’ultimo a ricoprire i panni della super competizione pensata Juventus, Barca, Real e co. - la federazione italiana ha pensato bene di eliminare tutte le squadre minori appartenenti alla Lega Pro in poi dalla Coppa Italia.

La Coppa Italia per me ha sempre rappresentato un momento unico, era ed è ancora l’occasione perfetta per vedere quei giocatori lontani dai radar e dai riflettori che spesso in campionato faticano ad accumulare minutaggio. Ma non solo, era un'occasione per vedere la propria squadra affrontarne altre che non avrebbe mai potuto incontrare per via della categoria. Una competizione nata romanticamente per sognare, visto che per alcuni anni squadre come Palermo, Lazio e poi anche Napoli, club non abituati ad alzare spesso trofei, hanno sfiorato la vittoria o trionfato. Insomma al di là del gioco non sempre esaltante la Coppa Italia ci ha sempre qualche emozione.     

Una delle imprese di pochi anni fa che ricordo ancora con piacere, è quando nel 2015 l’Alessandria, che dopo aver Alto Vicentino, Pro Vercelli, Juve Stabia, Palermo, Genoa e Spezia si ritrovò a San Siro contro il Milan, a soli 90 minuti dalla finale. A memoria quello fu uno degli ultimi anni felici della Coppa Italia, con la cavalcata della squadra piemontese sostenuta e raccontata come una Cenerentola e che vedeva il Milan come un innocente antagonista, colpevole o quasi di spezzare i sogni di una nazione intera. Dopo l’Alessandria, due anni dopo la Coppa Italia è riuscita a regalarci un’altra piacevole sorpresa, quella del Pordenone, fermatosi anch’egli a San Siro, ma stavolta contro l’Inter agli ottavi. Fu un momento particolare, visto che la squadra friulana oltre che farsi conoscere per il suo spumeggiante gioco si fece notare anche per una spietata comunicazione social che in pochi mesi divenne un case history e raggiunse numeri importanti considerando il bacino di utenti della squadra di Lega Pro.

In una recente intervista per un quotidiano nazionale Di Matteo, ex allenatore del Chelsea, ha parlato così della versione inglese: “giocare in FA Cup ti porta nel cuore dell’Inghilterra: tradizione e passione, epica e sogno. C’è poi l’aspetto business, da non trascurare. Un club che ha la fortuna di poter incontrare una big con la percentuale degli incassi può ristrutturare i propri impianti, mettere in regola i bilanci o migliorare le accademie”. Un modello, quello inglese, che negli anni è risultato vincente oltre che redditizio. Il sorteggio integrale è diventato un vero e proprio evento televisivo, visto spesso anche in molti celebri film come Hooligans e Quel maledetto United, dove si viene enfatizzata ed esaltata la spasmodica attesa e tutta l’importanza del momento dove chiunque può qualsiasi club, dalla massima serie all’ultima. Nella FA Cup non ci sono teste di serie, è un perfetto sistema democratico dove il migliore in gara secca va avanti. 

Nella versione italiana il tabellone è invece già pressoché prestabilito, dove i grandi club che accedono direttamente nelle fasi finali hanno un possibilità minima di incontrare club che militano in categorie minori, in quanto sono considerate teste di serie. La Coppa Italia è sempre stata vista come una semplice scorciatoia per raggiungere le competizioni europee visto che fino a pochi anni fa la conquista del trofeo riservava l’accesso agli spareggi estivi di Europa League. In Italia non si è mai atteso in maniera particolare il momento del sorteggio, è sempre mancata quella spettacolarizzazione dell’evento che tanto funziona in Inghilterra, mancano quei momenti unici che solo i rettangoli delle ultimi divisioni sanno regalare, come quando Mourinho e il suo Tottenham si trovarono in uno stadio da tremila posti, circondato da case e da tifosi, "assiepati" e nascosti che offrivano vino ai giocatori.

Alla luce di quanto successo nel 2021 e dei risultati raggiunti in Inghilterra, ma seguendo anche i modelli spagnoli o tedeschi, la Coppa Italia, viste le ultime aste per i diritti televisivi non andate esattamente a buon fine, con la Rai che dopo anni ha deciso di non investire ulteriormente nella competizione, ha bisogno di aggiornarsi ancora una volta. Inserire anche le squadre minori potrebbe essere la soluzione giusta per dare sia respiro alle casse dei club più piccoli e migliorare i vivai e l’industria calcistica italiana, dandole ampio risalto e facendo emergere storie improbabili come quelle capitate agli Spurs a Crosby, nel Merseyside, nonostante la roboante vittoria.