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Il governo cinese ha vietato ai giocatori della propria nazionale di esporre tatuaggi

La controversa questione dei tatuaggi dei calciatori cinesi

Il governo cinese ha vietato ai giocatori della propria nazionale di esporre tatuaggi La controversa questione dei tatuaggi dei calciatori cinesi

Negli ultimi anni e in particolare negli ultimi mesi il governo cinese ha regolato e imposto dei veri e propri standard estetici e comportamentali ai propri cittadini, andando a limitare la propria libertà espressiva, ed è per questo motivo che, calciatori come Zhang Linpeng e Zhang Xizhe -  principali “bersagli” a causa della loro esposizione mediatica - per continuare a giocare per la nazionale del proprio paese dovranno “eliminare” i propri tatuaggi.

La nota del GAS (General Administration of Sports) è stata crudamente chiara, i giocatori della prima squadra e dell’under 20 della nazionale cinese dovranno rimuovere i propri tatuaggi per continuare a militare nelle stesse. La motivazione? Secondo il governo, e secondo il principale organo sportivo cinese, i giocatori di calcio devono avere il compito di essere di “buon esempio” per la società cinese, rispettando dei canoni estetici prestabiliti.

Questa notizia è la dimostrazione di come la Cina stia provvedendo - anche nel mondo sportivo - ad una vera e propria repressione “militarizzante” di usanze che in altri paesi sono strettamente radicate nella pop culture. È il triste culmine di un processo iniziato già anni fa, quando nel 2018 il governo pose il divieto di esporre tatuaggi all’interno di pellicole cinematografiche, in quanto gli stessi avrebbero potuto comunicare un rimando a sottoculture strettamente collegate al mondo dell’hip-hop (considerato come immorale) e alle crew del mondo della criminalità. 

È interessante cercare di capire come un netto provvedimento del genere possa essere recepito in Europa. Il fenomeno della migrazione di giocatori che da campionati europei si sono trasferiti in Cina per militare nella Super League è recentissimo: nomi come Marek Hamsik, Anderson Talisca, Graziano Pellè, Ezequiel Lavezzi e Fabio Cannavaro sono solo alcuni dei più significativi di questo fenomeno, iniziato nel 2016 e già inesorabilmente in fase morente al giorno d'oggi. 

Perché se in occidente e in Sud America i giocatori spesso e volentieri riescono a farsi notare per la loro sana stravaganza, solidamente radicata nella loro personalità espressiva, ciò significa che non vorranno mai desiderare di militare in un paese in cui, nel 2020, la squadra di calcio femminile della Fuzhou University ha perso una partita a tavolino perché una giocatrice è scesa in campo con una tinta di capelli non consona al regolamento, e chissà a cosa andrebbe incontro al giorno d’oggi Jackson Martinez, ex stella di Porto e Guanghzou, che due anni fa ha deciso di pubblicare su Spotify un singolo religioso hip-hop. 

Mentre campionati d’oltreoceano come la Major League Soccer sono in grandissima espansione a livello di visibilità, fama, infrastrutture, e di livello dei giocatori, la Super League cinese sembra invece aver iniziato un lento regresso e una triste “chiusura” nei confronti dell’Europa, dettato dal rigore del partito comunista in carica. È difficile immaginare che un giocatore di Premier League o Serie A possa desiderare di giocare in una lega del genere, ed è - purtroppo - molto più facile considerare questa situazione come una grande occasione di crescita sportiva persa da parte della Cina.