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Il 2022 segnerà il boom degli allenatori casual?

Sono tecnici giovani, idealisti e con voglia di esprimere il proprio stile, seguendo gli insegnamenti di Pep

Il 2022 segnerà il boom degli allenatori casual? Sono tecnici giovani, idealisti e con voglia di esprimere il proprio stile, seguendo gli insegnamenti di Pep

Se devo scegliere una delle immagini più impattanti dell’ultimo turno di campionato dico Thiago Motta che festeggia con i suoi collaboratori sul campo dello stadio Diego Armando Maradona. Lo Spezia ha vinto 1-0 a Napoli, ma non è tanto per la vittoria dei liguri che mi interessa, quanto per il loro allenatore, Thiago Motta, che con l’etichetta di esonero in fronte è andato a vincere in trasferta contro la seconda in classifica. E lo ha fatto in pieno stile Motta, cioè casual.

Maglioncino dolcevita, skinny jeans, sneakers total black. Un vistoso orologio al polso. Incazzato e urlante per tutta la partita, dopo essersi tolto il parka blu scuro è rimasto con la sua silhouette a camminare su e giù per la panchina, stilisticamente all’opposto del collega Spalletti, coperto dalla tuta sociale del Napoli. 

È dalla scorsa stagione che si stanno affermando nomi nuovi in panchina, allenatori giovani che con più o meno fatica si stanno imponendo nei rispettivi tornei europei. E tutti, nelle loro difficoltà, scelgono di offrirsi al pubblico sciolti dal dogma dell’eccessiva formalità - noiosa pure negli stadi oltre che in ufficio - e concentrati solo sul campo, dimostrando che si può essere seri anche con una sciarpa al collo o un paio di Puma ai piedi. Per urlare alla mezzala, insomma, non serve per forza la cravatta o la zip della tuta.

C’è anzi un vero e proprio fenotipo di questo allenatore new age. Ha fra i 35 e i 45 anni, più o meno ha lasciato il calcio da poco ed è alle prime esperienze professionistiche. Perfino nei look sembrano simili - con pochissima barba, capelli molto molto corti, un tocco di gel. Stilemi che vediamo nei grandi campionati europei con Mikel Arteta, Graham Potter, Pellegrino Matarazzo, Sebastian Hoeness, Robert Moreno, Andoni Iraola e anche l’ultimo arrivato Xavi, da due mesi nuovo tecnico del Barcellona. Uno stile che, in Serie A, si ritrova soprattutto in Thiago Motta e Alessio Dionisi, ex adepti del campo che adesso, a pochi anni dal ritiro, si ritrovano protagonisti in panchina. 

Di questa wave Thiago Motta è un esempio perfetto, forse l’allenatore più casual e con uno stile personale nei maggiori campionati europei. L’outfit visto contro il Napoli era praticamente all’esordio, ma il pastiche fra jeans e maglioni aderenti si era già visto in altre partite - per la precisione, con polo sotto e felpa con zip a metà sopra. Anzi, all’inizio della stagione, si era vista pure qualche felpa.    

L’ex centrocampista di Inter e PSG aveva esordito in Serie come allenatore del Genoa l'anno scorso, avventura durata (purtroppo per lui) solo dieci gare. Era un totale leisure man, praticamente sempre in tuta in ogni occasione dalle conferenze stampa al campo, mentre in questa stagione, l’allenatore sta mostrando una sua chiara definizione estetica, portando in campo gli outfit che probabilmente sceglie di mettere anche fuori dal lavoro. E Dionisi del Sassuolo, 41 anni, ex attaccante, segue questo stesso principio, spaziando fra un dolcevita e un girocollo, fra uno smanicato e una giacca K-way. Con le Puma sempre ai piedi. 

Xavi è arrivato al Barcellona con l’obiettivo di collezionare il più alto numero di risultati positivi e rialzare dentro al campo il nome dell’azienda. Un incarico tanto prestigioso che l’ex centrocampista non affronta con lo charme di un doppiopetto, ma con jeans e felpa total black, spesso con prodotti Nike, sponsor del club. In una parola: disinvolto. Lo fa non solo per una questione di stile personale - vestiva così anche all’Al Sadd, suo primo club - ma anche per avvicinarsi a un gruppo giovane, spaventato, tramortito dall’incertezza di tanti risultati negativi. Xavi entra in campo che sembra ancora uno di loro, un giocatore fuori per infortunio che segue la partita dalla panchina, come ad accompagnare gli altri giocatori. 

In Spagna il casual in panchina è uno stile ormai canonizzato grazie a un’età media degli allenatori molto bassa, con esempi come Robert Moreno del Granada e Eduardo Coudet del Celta Vigo che massimizzano il concetto di informale - e infatti, nelle panchine spagnole, si vedono tantissimi jeans e anorak. Una scelta che li accomuna, lato Premier, con Mikel Arteta, allenatore di uno dei club più prestigiosi del mondo, l’Arsenal, a bordo campo sempre con chinos e felpa o cardigan. 

Un discorso diverso lo merita in Germania Julian Nagelsmann, uno dei tecnici più hipster del mondo che, da quando è al Bayern, ha cambiato stile. O meglio, non si sa più quali siano le sue coordinate estetiche. L'enfant prodige della scuola tattica tedesca passa dal dolce vita di lana alla felpa del club da una domenica all’altra, e magari, il mercoledì in coppa, ti sorprende con un elegante cappotto e le sneakers. Sicuramente Pellegrino Matarazzo, giovane allenatore di origini italiane del Friburgo, ha un codice più rigoroso: look sempre scuro (anche i jeans) e sopra il maglione un’appariscente sciarpa grigia, tendenzialmente super annodata.

Si potrebbe dire che le nuove generazioni di tecnici sono - stilisticamente - tutte figlie di Pep Guardiola, antesignano dello stile casual in panchina con le sue sciarpe e i maglioni a girocollo Stone Island. L’allenatore del City è stato un game changer dello stile a bordo campo, con scelte e gusti molto personali come il lungo Jardigan, nickname del suo cardigan grigio in lana (e che a Manchester è diventato ufficialmente un oggetto di culto). La sua è una strategia: Guardiola ha canonizzato gli outfit come forma di comunicazione verso la squadra e il pubblico. Se ti giochi la finale di Champions League scegli l’alta sartoria per il prestigio dell’appuntamento; se vai in panchina la domenica contro un qualunque avversario, il casual serve ad avvicinarsi alla squadra e a lasciare più libertà nelle scelte dei giocatori. A questi livelli nulla è casuale, nemmeno la scelta della cravatta.

Scegliere di andare in panchina con una tuta o un doppiopetto fa la differenza, e se gli allenatori next gen si sentono in questa fase di innovazione e di espressione della personalità lo esprimono così, ciascuno con il proprio maglione, le proprie sneakers e il proprio stile.