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Si può usare la stessa maglia per due anni di seguito?

Per il Brentford FC la risposta è affermativa. Per altre come Napoli

Si può usare la stessa maglia per due anni di seguito? Per il Brentford FC la risposta è affermativa. Per altre come Napoli

Mentre il mondo sta correndo dietro ai saldi del Black Friday, il Brentford FC ha comunicato che, in accordo con il proprio sponsor tecnico Umbro, non rilascerà una nuova prima maglia per la prossima stagione 2022/23 ma riutilizzerà quella della stagione in corso. Una scelta piuttosto inconsueta ed in controtendenza con il flusso ormai continuo di nuovi kit fabbricati ad ogni momento possibile sfruttando qualsiasi tipo di scusa.

E’ dalla stagione 2010/2011 che una squadra di Premier League non produce un primo kit nuovo per la stagione, una ipertrofia che la nuova arrivata ha voluto rompere. Il club che ha casa nella parte occidentale di Londra è infatti salito per la prima volta in oltre 75 anni nella massima divisione del calcio inglese e ha utilizzato questa scusa per creare una maglia in grado di andare oltre alla stagionalità rituale del calcio. Grazie agli alti introiti incassati sia da sponsor che da accordi televisivi ha potuto concedersi la libertà di non essere soggetta alle ripercussioni sul bilancio.


Il claim con il quale è stato lanciato questo comunicato è “Making memories last longer”, un messaggio chiaro contro la velocità con la quale vengono consumate le mode e le passioni. Il Brentford vuole godersi in pieno questa prima stagione in Premier League, iniziata con una vittoria importante contro l’Arsenal, e sperare che possa condurre ad una miracolosa salvezza. “Nonostante non sia una consuetudine per i club della Premier League di utilizzare per due anni lo stesso kit, i nostri tifosi ci hanno fatto capire che sarebbero stati a favore del risparmio che questa scelta avrebbe comportato” ha dichiarato Jon Varney, il Chief Executive del Brentford FC. 

Tutto questo dovrebbe far ragionare su quale sia il reale valore economico e di prestigio di rilasciare tre o più kit ogni stagione, una pratica inaugurata dai club più ricchi e con grande presenza comunicativa e che presto è stata acriticamente copiata da anche quelli più piccoli. Per quanto ormai i club di calcio siano diventati sempre più simili a grandi industrie o brand d’alta moda ed essere rilevanti attraverso il proprio stile visuale è diventato importante quanto le vittorie sul campo, non si può accettare che uno standard condiviso funzioni per tutti. Per club piccoli ma estremamente radicati sul territorio come appunto il Brentford a volte “less is more”; l’integrità e la tradizione aiutano a mantenere un profilo più alto rispetto a tante inutili operazioni commerciali. Altrimenti avverrebbe una diluizione del marchio che rischia di far perdere ai più affezionati quel senso di esclusività e condivisione fondamentale tra chi segue una squadra di calcio. Pensiamo ad esempio alle tante squadre che sono tornate ad utilizzare i vecchi loghi sulle proprie maglie, rispondendo alle richieste dei loro tifosi. Il Borussia Dortmund invece proprio pochi giorni fa ha redatto un nuovo codice di valori, cristallizzando il proprio simbolo e nome sociale, per combattere questa deriva.

Inoltre la mossa del Brenford rivela l’ipocrisia di una economia che se da una parte ci tiene a precisare ad ogni nuova uscita che la maglia è stata realizzata nel modo più sostenibile possibile, dall’altra non mette mai in discussione sulla quantità di kit realizzati, la maggior parte dei quali dimenticabili e dimenticati. Cosa c’è di più sostenibile rispetto a riutilizzare un capo di vestiario ancora perfettamente funzionale e che solo la stagionalità ha definito da buttare. Vedremo presto anche nel calcio quanto è successo nella moda tra presunta sostenibilità e vintage, con un ritorno verso quest’ultima opzione?

Non tutte le società però stanno andando nella direzione del Brentford, anzi. Il Napoli ad esempio solo in questa stagione ha realizzato nove kit diversi, arrivando allo stesso tempo a riempire ed a confondere il mercato. E tutti i maggiori club europei non scendono sotto i quattro release annuali, non contando anche tutti gli accessori e capi lifestyle associati. Un numero spropositato e che sembra destinato a salire sempre di più. In questa giungla di prime, seconde, terze, collaborazioni e maglie celebrative vedremo se il Brenford rimarrà un caso isolato o se il suo gesto farà scuola.