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L'eleganza secondo Claudio Marchisio

Ne abbiamo parlato direttamente con lui in occasione della campagna di RED

L'eleganza secondo Claudio Marchisio Ne abbiamo parlato direttamente con lui in occasione della campagna di RED

Racchiuso nella sua eleganza e gentilezza, capisco subito che Claudio Marchisio non è un giocatore come gli altri. È composto in ogni sua movenza e vista anche la prestanza fisica che conserva ancora viene da chiedersi perché si sia ritirato così presto. C'è un ricordo del centrocampista ex Juventus che mi è sempre rimasto in testa, pur non essendo particolarmente vicino ai colori bianconeri, è un frame impossibile da eliminare. È il 2011 la Juventus sotto la pioggia sta lottando contro l'Udinese chiuso più che mai. È già passata la prima ora di gioco quando il pallone in area si alza quasi di botto, complice uno strano rimbalzo e Marchisio, senza pensarci, si lancia in una mezza rovesciata. Nemmeno a dirlo la palla va nell'angolino prendendo una traiettoria incredibile, sotto una pioggia che cominciava a diventare fastidiosa.

Non è un gol rimasto negli annali del calcio, di sicuro è stato un grandissimo gesto tecnico, provato e provato diverse volte durante gli allenamenti, aggiunge lui. Certo poi, bisogna essere anche fortunati, la palla deve sempre arrivare in un certo modo e bisogna farsi trovare pronti, non un problema per Marchisio questo.

Icona di stile, di un’eleganza classica, sono tutte cose che si comprendevano ampiamente solo guardandolo in TV, ma dal vivo non si possono che confermare tutte queste sensazioni. Non è un caso o solamente una questione economica che abbiano scelto proprio l'ex calciatore che prima di cominciare l'intervista - in occasione del lancio della nuova campagna di REDstorico calzificio italiano fondato nel 1938, -  vuole prendersi del tempo per approfondire e conoscere la persona che ha davanti. Dopo vari ricordi e sentimentalismi, si parte, con la calma e la pacatezza che lo contraddistingue, inizia la nostra intervista divisa tra moda, calcio e futuro.

Leggendo la storia di RED si nota come il marchio sia fondato su valori unici, una vera e propria famiglia, nata con Mario e Carla e cresciuta con i loro nipoti e resa grande dal lavoro dei suoi dipendenti. Cosa lega particolarmente RED a Claudio Marchisio?

Parto dal fatto che qualsiasi rapporto che ho, sia con le persone che quelli di natura commerciale cerco sempre di instaurare qualcosa di più vero e duraturo possibile, non mi piacciono quei mordi e fuggi, preferisco in questi casi non iniziare nemmeno. Poi stiamo parlando di un’azienda storica,a breve centenaria, dove c’è stato tanto lavoro e tanto sacrificio dietro, quindi queste cose mi avevano già convinto, tutto ciò ha un gran valore per me. Poi ci sono i dettagli, l’attenzione alla sostenibilità, al sociale, tutte cose affrontate nella mia carriera, di cui non ho mai avuto paura di parlare.

Il tuo soprannome dice già tutto: “Principino”, hai avuto sempre un rapporto particolare con la moda, sei stato protagonista di campagne con Armani e tanto altri. Per cui ti chiedo ci sono brand o stilisti che preferisci più di tutti?

No a dire il vero non ci sono, non ne ho uno in particolare, non c’è niente di tutto questo di cui non potrei fare a meno, ci sono sicuramente capi di cui non posso fare a meno o altre piccole cose, come le calze, in cui ho scoperto anche per una persona classica come me, che alcuni colori possono rappresentare uno stato d’animo o una fase della tua vita o della giornata. Poi in realtà anche l’occhiale, legato al fatto che ho gli occhi chiari per cui non posso guidare senza, ma come i cappelli o le giacche destrutturate del grande Giorgio (Armani). Non è una questione brand o quant’altro è una questione basata sui dettagli che sono per me sempre molto importanti, nel quotidiano in qualsiasi cosa, dalla moda al calcio, all’allenamento, al perfezionamento di un gesto tecnico fino al quotidiano. I particolari, almeno nella mia esperienza, hanno sempre fatto la differenza, nella mia strada, nel mio percorso.

Hai colto nel segno e anticipato una delle prossime domande, quali sono quei capi di cui non puoi fare a meno?

Partiamo dal presupposto che l’uomo non può inventarsi molto se comparato alla sfera femminile, c’è una scelta più limitata, però se dobbiamo parlare di qualcosa che non è così scontato sono sicuramente la giacca, la camicia e l’orologio, sono cose dove mi soffermo molto di più, che possono passare a volte inosservate ma per me hanno una certa importanza. 

Rimanendo sempre nell’universo calcio - moda, c’è un giocatore intenso come icona o uomo immagine, del passato o presente a cui ti sei mai ispirato o che comunque hai ammirato per il suo stile?

Nel mondo del calcio così come tutte le altre persone che hanno disponibilità per comprare determinati capi magari pensano di star bene o essere alla moda ma spesso non è proprio così. La moda è il saper portare le cose secondo me, non è una questione economica, è una questione più di vedere e immaginare un capo appeso in un negozio e pensare come possa stare a te. Non tutti tra l’altro sanno portare determinati capi, per cui diventa anche una cosa personale, ci vuole una certa naturalezza, una certa empatia. Se devo trovare un giocatore nel mondo del calcio, non posso che citare David Beckham che credo sia stato nel suo percorso perfetto, perché nella vita non si nasce icone di stile. Ognuno di noi fa un percorso, magari si passa da outfit un po’ “truzzo” poi piano piano cominci a capire determinate cose. Come lo è stato per me, a vent’anni avevo un gusto totalmente diverso. Bisogna fare un percorso e arrivare poi ad esprimere al meglio la propria identità che ognuno di noi ha dentro e in base all’età che ha, perché possono cambiare i gusti, ma alla fine il modo di indossare o vedere qualcosa è sempre lo stesso. C’è chi sa portare una canotta e jeans strappato nello stesso modo con una portanza unica come un sessantenne in doppio petto. La differenza sta in questo e pochi a volte la riconoscono.

Abbiamo visto negli anni molte collaborazioni, basta pensare alla tua Juventus che ha collaborato con Palace o il PSG che da anni è sponsorizzato anche da Jordan, cosa pensi di questo rapporto calcio moda? Può evolversi ancora?

Si la moda strizza l’occhio al mondo del calcio, anche perché gli sportivi in generale sono diventati icone di stile e quindi alcuni club cominciano ad avere maggiore visibilità e hanno ormai una clientela che spazia dal ragazzo giovane fino al 35enne. La clientela sicuramente permette tutto questo, soprattutto per i grandi brand. Quest’ultimi riescono a portare anche forse un po’ freschezza in un mondo dove non è per niente semplice, dove si interpreta lo sportivo vestito in maniera volgare o in tuta, invece in questo caso l’incontro di due mondi diversi riesce a tirare fuori qualcosa di interessante che appassiona anche il tifoso sportivo.

Ritorniamo in uno dei tuoi habitat preferito, nel calcio ovviamente. Di presenze in campionato ne hai da vendere, gol magari un po’ di meno visto che sei pur sempre centrocampista e confinato leggermente più dietro rispetto alla porta avversaria. Per cui ti chiedo qual è il tuo gol preferito o quello che ricordi con più piacere?

Sono tantissimi in realtà, poi hai detto una cosa giusta non sono molti i gol che ho fatto per cui riesci bene o male a ricordarli e legare ad ognuno di essi un ricordo. Ci sono molti gol, il primo in campionato, in Champions, in un Mondiale, quello quando è nato mio figlio Leonardo. Però alla fine di tutto credo che quello che mi ha regalato quel qualcosa in più è stato la doppietta nel derby. Non tanto per la rivalità, ma per il semplice motivo perché sono nato e cresciuto calcisticamente a Torino e Juve-Toro è sempre stata la partita, sin dalla tenera età è stata sempre la partita più importante dell’anno, non era come adesso che i settori giovanili viaggiano tanto, giocano la Champions e all’estero, noi quelle partite non le facevamo. Per cui il Toro diventava la partita dell’anno, era una finale. Nei primi anni da professionista la Juventus era in B e il Toro in A, l’anno dopo ci siamo scambiati le categorie per cui per un po’ di anni non ci avevo ancora giocato contro a livello professionistico. Poi il primo derby che ho fatto da professionista lo vinciamo con una mia doppietta, è stato un po’ come chiudere un cerchio visto che quel ragazzo che si trovava a Torino tanto tempo fa aveva deciso di scegliere la sponda Juve. Poi uno è stato anche di testa, inaspettato per me, credo sia il gol che ricorderò sempre di più.

Vedendo il campionato di quest’anno e le maglie dei club, come quella dell’Inter che ha abbandonato le strisce o la Juve che ritorna con una maglia gialla e blu ispirata a Torino e agli anni ’90 e alla sua città, fino ad uscire fuori dai nostri confini come il Barcelona che realizzato una maglia con i crest iridescenti o il Chelsea con la sua op art. Cosa ne pensi di questa nuova estetica e in generale delle maglie di oggi?

Allora io credo sia giusto cambiare, sia giusto creare un interesse, perché il merchandising bisogna cambiarlo ogni anno per non avere sempre la stessa maglia e vendere anche di più, questo concetto qui lo capiamo tutti benissimo e possiamo sotto certi versi apprezzarlo. Però dall’altra parte per i nostalgici, un po’ come sono io, i colori non devono mai separarsi dalla vera storia del club, quindi se la Juventus è sempre stata bianconera e i colori della città sono giallo e blu e sono sempre stati i suoi colori, ok cambiare il modo, cambia la tela come la prepari però credo che l’importanza di mantenere la propria storia ci debba essere sempre. Quando si opta per maglie militari o fluo, posso capirlo, però ripeto sono un nostalgico, quando nella vostra pagina tirate fuori le maglie di una volta, sono più belle (ride ndr).

Chiudendo, quali sono i progetti di Marchisio nel prossimo futuro? 

Mi duole dirlo ma si pensa sempre che un ex calciatore rientri nel mondo del calcio, ma non è sempre così, al momento sto seguendo altri percorsi, non so se ritornerò, ho le mie attività e per adesso mi concentro a fare bene quelle, chissà, non ne ho idea magari un giorno potrebbe esserci la moda nel mio futuro.