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La maglia dell’Inter può aprire una nuova stagione del design calcistico?

Lì dove molti hanno fallito l’Inter sembra aver aperto una nuova via

La maglia dell’Inter può aprire una nuova stagione del design calcistico? Lì dove molti hanno fallito l’Inter sembra aver aperto una nuova via

Martedì l’Inter ha presentato la maglia home firmata da Nike per la prossima stagione: si tratta di una maglia importante in quanto è la prima con il nuovo logo, senza lo storico sponsor Pirelli e con il ritorno dello stemma tricolore sul petto. A confermare quanto questa maglietta rappresenti un punto di svolta nella storia del club nerazzurro c’è il design: tutta la maglia è dominata da una trama a pelle di serpente che richiama la pelle del Biscione, storico simbolo del Club nerazzurro e della città di Milano. “Il pattern squamato, che rimanda al drago, al Biscione, è un elemento grafico che immagino avrà tentato almeno tre generazioni di designer attraverso i decenni. Attendeva solo che i tempi fossero maturi per essere sbloccato”, questo è il pensiero di DeeMo, designer e art director che ha collaborato alla campagna di lancio della quarta maglia dell’Inter nella passata stagione. Le strisce sono appena percettibili nelle sfumature di colori composte dalle scaglie che come dei pixel compongono una maglia che per una volta è giusto definire unica e interessante, a prescindere dal gusto estetico. 

Il design proposto da Nike e dall’Inter rientra nella macrocategoria di maglie “rivoluzionarie” o contro la tradizione del design classico. In effetti nonostante lo sproloquio di aggettivi spesi nei comunicati stampa in questo momento dell’anno, la maglia da calcio è un prodotto difficile da innovare a livello di design e spesso la soluzione scelta è quella più sicuro. Ci sono stati tentativi di innovazione, molti però si sono scontrati con le spinte conservatrici dei tifosi. Nel 2019 ci ha provato la Juventus che per la prima volta dal 1903 ha indossato una maglia senza le tradizionali righe verticali bianconere. Non fu un successo né di pubblico né di critica nonostante delle ottime vendite probabilmente grazie a Cristiano Ronaldo. Quest’anno invece il Paris Saint Germain insieme a Jordan ha provato a tracciare una nuova via, prendendo ispirazione dalla storica jersey dei Chicago Bulls della stagione ‘96, ma ​​la maglia ha già scatenato le polemiche della frangia più conservatrice dei tifosi del club parigino. Questa protesta deriva dal fatto che nel kit home della prossima stagione non c'è alcun riferimento al design Hechter, considerata un'istituzione stilistica e un simbolo imprescindibile del PSG.Tra le maglie considerate di rottura ma allo stesso tempo vincenti, vi è quella della Nigeria del 2018, costruita con uno schema a zig-zag su tre colori e andata sold out in pochissime ore. “La nuova maglia dell'Inter è la perfetta rappresentazione di ciò che mi piace chiamare la maglia "post-Nigeria". Da quando la maglia di Nigeria 2018 ha definito l'era, i brand hanno cercato di replicare il successo del design che è diventato una specie di fenomeno, raggiungendo aree che vanno ben oltre la tipica maglia da calcio, ci racconta il designer Phil Delves

L'Inter dal canto suo fin dalla precedente stagione aveva provato ad aprire una frattura con la maglia con le striscie a zig zag ispirata al collettivo Memphis che con le loro opere hanno segnato l’estetica di Milano -, una reference culturale forse troppo di nicchia per essere compresa ed apprezzata da tutti il pubblico. Quest’anno ci riprova nuovamente ma la storia è più forte e convincente come sottolinea Delves: “La pelle di serpente è un azzardo, ma nonostante la follia, c'è una storia forte dietro la scelta. Questo è ciò che mi piace di più della maglia; è un design che ha senso solo per l'Inter visto che il biscione è un simbolo di Milano. Anche se c'è una quasi totale mancanza di nero sulla maglia (la squadra sarà più 'Azzurri' che 'Nerazzurri', che forse non è la cosa peggiore al momento...) questa è la maglia del calcio moderno nella sua forma più pura”. Delves non è l’unico ad apprezzare l’unicità della maglietta, anche da Alberto Mariani in arte Rupertgraphic ha sottolineato l’aspetto unico della maglietta in relazione all’estetica del club: “non è una banalità: la maglia nerazzurra essendo una partitura classica, può essere del Brugge, del Rochdale, di Atalanta, Pisa, Chambly, una maglia con la pelle di Biscione è solo per l’Inter. Questa non è una maglia dell’Inter ma un maglia PER l’Inter, che sembra suggellare un periodo di cambiamento: come il serpente cambia pelle, anche l’Inter ha cambiato pelle.”

La maglia ha ovviamente diviso l’opinione dei tifosi sui social, dove si passa da grandi apprezzamenti a bocciature totali, mentre i risultati del nostro sondaggio Instagram esaltano e sostengono il coraggio della scelta del club milanese. Una delle critiche più ricorrenti è quella della mancanza o meglio della poca rilevanza del colore nero che tra le scaglie di pixel sembra perdersi, almeno in foto. C’è chi poi rivendica la mancanza di Pirelli, ma quella è una scelta di tipo commerciale, aldilà di questa questione, abbiamo chiesto un parere ad un tifoso autorevole ma esteticamente tradizionale come Mattia Buffoli di Interabilia, che dichiara: “A me personalmente piace molto, è vero che è la prima maglia che si distacca totalmente dal classico, però è un concept che deriva dalla storia della società. Non capisco la gente che si scandalizza per questi cambiamenti, io vedo sia il nero che l’azzurro e secondo me ci sono anche le strisce tutto sommato.” In generale che possa farvi impazzire o meno, questo tipo di design genera una risposta da chiunque la guardi, indipendentemente dal suo livello di interesse per il calcio e proprio per questo motivo può realmente aprire una nuovo stagione del design.