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Radio Jorginho: eleganza e freddezza a servizio delle geometrie italiane

Dall'esordio in nazionale nel 2016 contro la Spagna sino alla finale di Wembley

Radio Jorginho: eleganza e freddezza a servizio delle geometrie italiane Dall'esordio in nazionale nel 2016 contro la Spagna sino alla finale di Wembley

Dopo 120 minuti complicatissimi è bastato un semplice tocco estremamente delicato e morbido, una carezza posizionata nell’angolino basso per porre fine a tutte le sofferenze e scrivere un nuovo capitolo della nostra storia sportiva. Non serviva questo calcio di rigore per consegnare a Jorginho le chiavi del nostro centrocampo, del nostro cuore e forse anche quelle di casa. Ma è stata quella sua precisione chirurgica, quell’essere più freddo del ghiaccio in un momento così delicato a ricordarci il perché Mancini abbia deciso di puntare su di lui così ostinatamente sin dal suo arrivo tre anni fa.

Il piccolo Jorginho è partito dal Brasile sognando l’Italia, aveva appena 15 anni quando arrivò al Verona di soppiatto, senza nessun contratto e nessuna garanzia. I compiti che svolge in ogni partita sono silenziosi, ma fondamentali; non attirano l'attenzione come i bei gol o le grandi parate. Ma ieri quando i riflettori erano puntati su di lui, nel momento cruciale ha sfoderato tutto il suo estro con una magia lo ha fatto sembrare semplice, come tutto ciò che fa. Del resto non c’è da sorprendersi Jorginho è uno che parla con i piedi oltre che con la bocca, abituato a prendersi questo tipo di responsabilità. 

Dinanzi a chi lo aveva definito "non pronto" perché il suo fisico non è abbastanza forte da resistere ai ritmi e al gioco che si pratica in Inghilterra lui ha sempre risposto con la sua qualità. Per la selezione italiana è un faro, in questo europeo sino ad oggi ha realizzato 431 passaggi, il 93% di questi è andato a buon fine. Numeri che ci fanno capire quanto sia fondamentale per le nostre geometrie, numeri che fanno di lui un giocatore imprescindibile nonostante le alternative a casa azzurri non manchino di certo.

Un faro diventato pilastro nel tempo. È il 19 marzo 2016 quando quel ragazzino arrivato dal Brasile esordisce in nazionale proprio contro la Spagna in una partita terminata in pareggio 1-1, le strane coincidenze del calcio. Da quel momento i suoi tocchi, la sua eleganza e la sua visione non hanno più abbandonato l’Italia, fino a ieri quando con quel saltino e la sua calma glaciale ha strappato il pass per la finale di Wembley. Adesso non rimane che l’atto finale per concludere un’avventura vissuta e giocata al massimo, per provare di nuovo a salire sul tetto più alto d’Europa, stavolta però con la nazionale ma sempre con lo stesso colore di pochi mesi fa, o quasi.